Il film alla fine è stato mandato in onda su Rai3 il venerdì 8 febbraio 2018.
Film che canna tutti gli obiettivi, cioè non solo ricordare chi è morto senza una colpa ma anche come si è arrivati alle foibe: regia pruriginosa che si sofferma su dettagli inutili, spiegoni più o meno brevi, più o meno espliciti, sottotracce nate e morte nello spazio di pochi fotogrammi, attori non proprio eccelsi, qui i titini sono tutti briganti alcolizzati, una compagine raccogliticcia spuntata dal nulla, i comunisti istrioti/italioti agiscono in perfetto stile Premio Darwin, sparatorie che competono con "Alex l'Ariete", cliché a man basse.
Alcune sequenze, soprattutto quelle d'azione, veramente imbarazzanti:
l'assalto alla caserma espugnata con le granate fumogene e l'entrata alla Darth Vader del comandante titino (la maschera ce l'aveva, mancava solo la spada laser e il respiro tenebroso) e l'arrivo di un plotone di fucilieri della Wehrmacht che nel buio ammazzano con un tiro da cecchino la traditrice comunista mettendo in pari la partita
La fotografia, i costumi (a parte le note uniformologiche riportate qui sopra da Drugo) e la scenografia almeno non deludono.
Due ore e mezza di aria fritta, finale troncato con un infoibamento all'acqua di rose, ma tutto finisce pochi giorni dopo l'armistizio: e di tutto quello che è successo dal '43 al '45?
Boh.
Mi dispiace ma non ci siamo.
Film tra l'altro a ben vedere forse nemmeno girato in Istria, dove hanno ripreso solo le interviste agli attori nel "backstage", tanto per avere un po' di materiale promozionale da mettere sul tubo.
Se volete vedere la vera Visinada guardatevi il finale de "I Guerrieri" (1970), quando ci sono stato nel 2014 la chiesa era già stata restaurata ma c'erano ancora pezzi della scenografia nei portici (e il campanile è diverso da quello che si vede in "Red Land").
Un film che racconta tutto e non racconta nulla (soprattutto), che scade spesso nel patetico, secondo me addirittura controproducente per una discussione matura dei fatti: se l'intento era quello di mettere in cattiva luce il titismo si poteva come epilogo tracciare un parallelo tra il sangue versato allora e quello di 50 anni dopo, quando l'accrocchio jugoslavo si sfaldò in quattro stati (almeno all'inizio) come dire "chi di guerra civile ferisce, di guerra civile perisce" o sottolineare il fatto che ancora oggi, su 100.000 istriani, ben 20.000 sono venetofoni, concentrati nel nord-ovest della penisola, più o meno corrispondente alla parte croata della Zona B del Territorio Libero di Trieste (ecco, anche quello sarebbe stato un bello spunto per l'epilogo).