Giuseppe Bottai fascista, di Giordano Bruno Guerri

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view post Posted on 5/10/2008, 10:59
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Autore: Giordano Bruno Guerri
Titolo: Giuseppe Bottai fascista
Editore: Mondadori, coll. Oscar Storia
Pagine: 295
ISBN: 88-04-44240-9


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G.B. Guerri ha dedicato molto lavoro allo studio del ventennio fascista pubblicando le biografie ed i diari di alcuni protagonisti del periodo. Queso libro può essere considerata la sua opera prima, infatti nella prefazione l'autore ci spiega come la biografia di Giuseppe Bottai (1893-1959) nasca dalla sua tesi di laurea, già pubblicata nel 1976 da Feltrinelli con il titolo "Giuseppe Bottai, un fascista critico". In questa edizione riveduta ed ampliata l'aggettivo critico scompare dal titolo.

Il motivo del cambiamento sta nel fatto che secondo Guerri, Bottai fu un fascista convinto ed il suo ruolo di "critico" del regime fu sopravvalutato, anche se non fu un fascista cieco alle storture del regime. Di certo fu, se non "l'uomo migliore del fascismo", uno dei migliori e si distinse per molti aspetti dai discutibili comportamenti degli altri gerarchi fascisti.

Carattere intelligente e sensibile Bottai si adeguò, certo, alle scelte di Mussolini che almeno fino al 1937 ha servito con devozione e rispetto, come tutti i gerarchi. Non gli sfuggivano però le contraddizioni, gli appiattimenti su vuoti formalismi, l'inutile pomposità e la sostanziale staticità assunta dal partito-stato dopo la prima fase rivoluzionaria. Dal 1937 in avanti il suo disgusto per il regime andò crescendo. Non ne uscì pensando di potere esercitare meglio la sua influenza dall'interno più che dall'esterno. Ciò gli valse la duplice accusa di antifascismo da parte dei fascisti e di opportunismo da parte degli oppositori del regime.

Lucidamente Bottai cercherà di dare al fascismo una struttura teorico-politica ed economica (fu assertore e teorizzatore convinto del corporativismo) che lo svincolasse del capo e gli consentisse di divenire forma istituzionale dello stato, non semplice momento rivoluzionario legato agli uomini che lo hanno animato. Da qui il suo avvicinarsi ai giovani, da lui visti come l'unica possibile fonte di idee nuove e vitali per un regime in cui lui credeva fermamente e che andava "sclerotizzandosi" nei formalismi staraciani e nel progressivo invecchiamento del suo gruppo dirigente.

Bottai non era cieco e nemmeno sordo. Attento al mondo della cultura e delle arti ne ascoltava le varie voci e più volte patrocinò giovani artisti emergenti, anche quando non esattamente allineati all'ortodossia fascista. In campo giornalistico fu fondatore di "Critica Fascista" nel 1923 e di "Primato" nel 1939 (anche se quest'ultima inizierà le pubblicazioni nel 1940), due periodici molte volte accusati di frondismo. Scorrere oggi l'elenco dei collaboratori di Primato stupisce: contiene i nomi di molti giornalisti e scrittori, non iscritti al PNF, che firmeranno nel dopoguerra libri ed articoli di successo.

In realtà, ci fa notare Guerri, la critica Bottaiana era per forza di cose limitata, non poteva prescindere dal suo essere fascista e dalla sua fedeltà al duce. Tutte le volte che le cose rischiavano di sfociare in contrasti troppo aperti Bottai faceva, e faceva fare ai collaboratori, marcia indietro. Ancor più grave non manifestò mai dissenso verso alcuni provvedimenti di cui doveva certamente vedere l'inquità, in primis le leggi razziali. Meraviglia in modo doloroso leggere come un uomo di cultura, equilibrato e politicamente moderato poco o nulla fece sulla discriminazione razziale quando questa nel 1938 penetrò in maniera piuttosto inattesa nella vita italiana. Bottai, sembra adeguarsi a questa nuova direttiva e la applica nella scuola, essendo ministro dell'educazione nazionale dal 1936. La sua idea, più che di perseguire gli ebrei sembra essere quella di separarli, una specie di "apartheid" ante litteram che avrebbe diviso gli ebrei dagli italiani, in scuole a loro riservate. In questa sua obbedienza acritica si dimostra pienamente fascista.

Come in tutte le migliori biografie, Guerri ci presenta Bottai anche nell'intimità familiare. Visto l'andazzo dei tempi, fu un personaggio diverso anche in questo. Rimase legatissimo alla moglie, conosciuta e sposata in giovane età, ed in seguito ai figli ed ai nipoti. Non gli si attribuiscono le intemperanze erotiche in cui indulgevano altri gerarchi, nè l'ostentazione di un certo tipo di virilità, tanto comune all'epoca. La famiglia lo ricambiò di uguale amore restando sempre al suo fianco, anche nei momenti più difficili. Allo stesso modo diede prova di grande onestà e correttezza, senza mai trarre profitti personali illeciti dalle cariche che ricoprì. Queste doti gli vennero riconosciute anche dagli avversari politici e le varie inchieste di cui fu oggetto nel dopoguerra si conclusero sempre positivamente per Bottai.

Dopo il 25 luglio, di cui fu un protagonista, Bottai passò lunghi mesi nascosto a Roma, ospite di vari amici ed istituzioni vaticane: i buoni rapporti intrattenuti come Governatore di Roma ed i suoi contatti internazionali fecero sì che Bottai non fosse abbandonato al suo destino. Riuscirà a lasciare l'Italia ed arruolarsi nella Legione Straniera dove servirà come legionario e poi come caporale partecipando alle fasi finali della campagna di Francia nella regione di Colmar. Il servizio nella Legione fu vissuto da Bottai come una forma di espiazione per quelli che riconosceva egli stesso come gravissimi errori di valutazione e di comportamento.

L'interessante biografia di Guerri si conclude con il rientro di Bottai in Italia. Sempre attratto dalla politica fonderà l'ennesima rivista "ABC", che sia pur pubblicata in tirature limitate, era considerata di buon livello e letta da molti uomini politici dell'Italia repubblicana. Giuseppe Bottai si spegnerà nel 1959 per l'aggarvarsi del Parkinson che lo aveva colpito pochi anni prima.

 
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