Questo è un aspetto molto soggettivo, personalmente l'etica non scompare mai, soprattutto considerando che questi cimeli prima che oggetti che concorrono nella costruzione di una collezione, sono testimonianze di uomini e storie.
Ti porto un esempio: qualora entrassi, mettiamo, in possesso di una medaglia proveniente dal Sudafrica e quindi presumibilmente appartenuta ad un prigioniero la troverei verosimilmente spoglia di nastrino o di eventuali optional tipo barretta, gladi, pugnali ecc.
Ora, quali sarebbero in questo caso i parametri di "completezza" del cimelio? Ma soprattutto qual'è il ruolo del nuovo "proprietario" della medaglia?
Personalmente credo che il dovere (e privilegio) in quanto possessori di un pezzo simile sia la salvaguardia del cimelio nella sua integrità (e dunque anche nelle eventuali mancanze), poiché oltre alla difesa del mero pezzo di metallo dalle insidie del tempo proteggiamo un percorso che l'ha portata fino a noi, una storia di uomini che la ottennero "per conquisto e non per acquisto" per dirla alla D'Annunzio. Se vi mettessi il suo nastrino, costoso coevo e magari anche bellissimo, interferirei con il burrascoso flusso di eventi che ha fatto sì che finisse nelle mie mani, non sarebbe più "integra" perché anziché una testimonianza del passato la renderei uguale a tutte le altre, uscite dalla ditta che la coniò 70 anni fa.
Personalmente interverrei su di una medaglia esclusivamente se avessi la certezza che eventuali mancanze si siano verificate in tempi recenti e che in passato fosse corredata dai vari annessi e connessi, concentrandomi invece molto di più sulla sua storia, sul bagaglio di testimonianze che può comunicarmi anche attraverso le sue imperfezioni. In conclusione l'etica, per dirla alla Dávila, spesso si riduce ad un gesto di lealtà