L’anno che vedeva Roma unita all’Italia, Garibaldi era del tutto inerte perché tenuto ancora sotto controllo nella sua isola affinché non commettesse qualche altro colpo di testa. Dopo che la Francia entrò in guerra con la Prussia, il Nizzardo augurava di tutto cuore una sonora sconfitta alla Francia di Napoleone III per ciò che gli aveva fatto nel ’49 e nel ’67. L’augurio di Garibaldi fu esaudito con la disfatta che l’imperatore subì a Sedan il 2 settembre 1870 con la capitolazione di 88.000 uomini, restando egli stesso prigioniero.
Due giorni dopo, a seguito delle pretese della Prussia che esigeva di annettersi tutto il territorio dell’Alsazia-Lorena, in Francia vi fu uno scatto d’orgoglio e venne proclamata la Repubblica con un nuovo governo per impedire che ciò avvenisse. A questo punto, il vecchio leone di Caprera si metteva a disposizione del nuovo assetto politico francese offrendo quanto resta di lui mettendo da parte ogni rancore personale. Dopo vari tentennamenti, le autorità francesi accolsero la sua richiesta e un suo esponente di rilievo fu mandato nell’isola per ingaggiarlo. Garibaldi accettò ciò che gli veniva proposto e, eludendo ancora una volta la vigilanza, si imbarcava per Marsiglia dove arriva il 7 ottobre. Dovunque passasse per raggiungere la sua destinazione, erano ovazioni in suo onore. È superfluo ricordare che la sua decisione di combattere per la Francia repubblicana non fece altro che coinvolgere nel suo destino anche parecchie centinaia di «camicie rosse», a lui sempre fedeli. A Dôle gli viene assegnato il comando dell’Armata dei Vosgi che sarà composta da un coacervo di formazioni (Francs Tireurs du Rhône, de Gàud, de l’Isère, Alsaciens de Paris, Explorateurs de Graj, Compagnie de Colmar et d’Oran, Enfants perdus de Paris, de la Montagne, Ours de Nantes, Cacciatori delle Alpi, di Marsala, Carabinieri Genovesi, eccetera) e formata da uomini e donne dalle provenienze e fogge più disparate e politicamente diverse (francesi, spagnoli, italiani, polacchi, greci, algerini, egiziani e altri ancora), e, ironia della sorte, anche ex zuavi pontifici che ostentavano sul petto la Croce di Mentana decretata da Pio IX e concessa loro per le vittorie del sessantasette, proprio contro Garibaldi.
Per la cronaca, quel conflitto fu una vera catastrofe: dei 903.951 uomini che combatterono per la Francia repubblicana, 138.871 furono i morti, 143.000 circa i feriti e 474.414 i prigionieri; del 1.200.000 uomini messi in campo dalla Prussia e dai suoi alleati, 44.781 persero la vita e 89.732 furono i feriti. In quel disastro, dove la Prussia la fece da padrona, una serie di vittorie furono ottenute dalle formazioni «garibaldine» e la più conosciuta fu quella ottenuta da Ricciotti Garibaldi, messo dal padre a comandare la 4ème Brigade, il 23 gennaio 1871 a Digione nella quale fu conquistata la bandiera del 61° reggimento prussiano Pomerania che il garibaldino Tito Strocchi, consegnò al comandante che a sua volta la presentò al padre.
Ad armistizio concluso, il ritorno in patria degli italiani fu drammatico. Il Governo avanzava infatti una proposta affinché quei volontari fossero trattati come criminali per aver combattuto senza autorizzazione e procedeva quindi all’arresto e all’eventuale disarmo di quanti ripassavano il confine. Lo stesso Ricciotti Garibaldi subì il sequestro della sciabola. Ma non solo. Sembra anche che fosse stato proposto il ritiro della pensione ai volontari già dei Mille, stata loro accordata nel 1865. Come andarono poi a finire le cose, non lo so.
Questo preambolo,forse un po’ troppo lungo, per giungere all’oggetto di questa discussione.
Mentre il Governo italiano metteva in atto una serie di misure contro chi aveva combattuto a favore della vecchia alleata, forse perché non più monarchica, una commissione nominata dalle signore di Lione, fece coniare per i Franchi Tiratori della 4a Brigata comandati da Ricciotti Garibaldi da P. Metral di Lione, una Stella d’argento commemorativa a ricordo della presa della bandiera prussiana e delle località dei combattimenti da essi sostenuti che, è bene sottolinearlo, furono le uniche vittorie «francesi» di tutto il conflitto (Baigneux - Messigny – Dijon - Crepant - Autun - Chatillon - Pouilly), insegna sormontata dal monogramma RG del comandante a lettere intrecciate che fa da sostegno all’anello per il nastro.
Per suo padre, questo lusinghiero giudizio del generale tedesco Kettler: «Se Garibaldi fosse stato alla testa di una delle armate francesi, la bandiera del 61° non sarebbe stata l’unica perduta per noi nella guerra del 1870-71».
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Continua…
Giusepin