Disciplina e legge marziale nelle formazioni

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 28/5/2018, 14:51
Avatar


Group:
UTENTE
Posts:
13,981

Status:


Dammi tempo, oggi ho ritrovato solo questi documenti relativi al secondo caso, quello introdotto da te e da me solo commentato.
Questa settimana non potrò fare molto, ma la prossima ci ritorno.
 
Top
view post Posted on 28/5/2018, 15:12

ADMIN

Group:
ADMIN
Posts:
7,250

Status:


La domanda di AmaliaF verteva sulla questione se vi fossero organi o istituzioni specifiche all'interno delle formazioni partigiani riguardo all'amministrazione della giustizia "ordinaria": mi sembra che la risposta di Ghirghi sia stata come sempre chiara ed esaustiva. Si operava in tempi che di "ordinario" non avevano proprio nulla e dove la vita e la morte erano molto spesso appesi a un filo. Parlare di "giustizia amministrata a caso" evidentemente non è corretto, perchè appunto dobbiamo tenere conto delle condizioni e delle circostanze in cui ogni reparto partigiano operava. Si erra in guerra, e in un tipo di guerra del tutto particolare: chiamatela guerra civile, guerra clandestina, guerra per bande, guerra partigiana: era comunque un tipo di guerra che non lasciava spazio alla pietà, senza la tutela di alcuna legge o diritto internazionale e dove ogni giorno si veniva messi di fronte a scelte difficili, molto spesso drammatiche. Voglio augurarmi che le osservazioni di kanister non siano state esposte con intento diffamatorio e invito a non ridurre questo topic di grande interesse a una polemica a due voci riguardo a un singolo episodio sulla base del quale sarebbe comunque improprio generalizzare: se volete a tutti i costi riaprire un caso di giustiza avvenuto 75 anni fa, fatelo in privato affidando la questione a un legale di vostra fiducia... anche perchè credo che comunque siano abbondantemente scaduti i tempi di prescrizione. Se è possibile mettere a disposizione di AmaliaF della documentazione orginale d'epoca ben venga, ma facciamo sempre attenzione al fatto che essa va letta e interpretata criticamente, sia perchè molto spesso scritta in data parecchio posteriore ai fatti, sia perchè essa può presentarsi incompleta, omessa di alcune parti a causa delle vicende legate alla sua conservazione oppure per esplicita volontà di chi all'epoca era incaricato di redigerla.

RIP-STOP
 
Top
view post Posted on 28/5/2018, 15:21
Avatar


Group:
UTENTE
Posts:
1,043

Status:


Tutto il tempo che vuoi! Non ho mai rifiutato di parlare di episodi realmente accaduti. Per me non esiste tabu. Non mi piace, però, veder speculare in modo pretestuoso, con affermazioni tipo “è stato condannato alla fucilazione per il furto di un paio di calze e non per violenza carnale”, confondendo casi ben distinti e avvenuti in tempi diversi.




(ore i8,04- Quando avevo inviato questa risposta al commento ultimo di Kanister, non mi ero ancora accorto del commento di RIP-STOP, che leggo soltanto ora. Scusami RIP!

Edited by ghirghi - 28/5/2018, 18:07
 
Top
view post Posted on 28/5/2018, 17:33
Avatar


Group:
UTENTE
Posts:
13,981

Status:


CITAZIONE (rip-stop @ 28/5/2018, 16:12) 
Voglio augurarmi che le osservazioni di kanister non siano state esposte con intento diffamatorio ....

Se per te pubblicare documenti conservati in un pubblico archivio (tra l'altro gestito dall'Istituto per la storia della resistenza) è diffamare non so cosa altro dire.
Potrà esserci da parte mia una diversa valutazione di qualche termine (trovare una giacca abbandonata forse lessicalmente equivale ad impossessarsi di un portafoglio...) però credo che la mia stessa valutazione sia stata effettuata dai giudici che hanno condannato i due alla fucilazione.
 
Top
AmaliaF
view post Posted on 9/6/2018, 23:52




Sono stata un po' latitante, ma ringrazio molto Kanister per avermi mostrato i documenti.

In realtà, avete benissimo risposto alla mia domanda, anche con la querelle a due, che dimostra, effettivamente, che documenti ce n'erano, ma prodotti in modo non ordinato né ordinario, sicché interpretarli correttamente è parte fondamentale della ricerca.

Il motivo per cui ero curiosa di leggerne era più che altro rendermi conto del grado di "formalità giuridica" e del tipo di azione giudiziaria che si svolgeva.
Il mio interesse comunque, più che vertere su eventuali episodi criminali, più o meno ingiustamente giudicati e puniti, verteva sul tema della delazione e sul clima nelle brigate a tal proposito.
Confesso che Piergiovanni Scalabrino, nel diario che ho letto ormai più volte, mi sembra in proposito un po' reticente. Parla genericamente di tensioni, talvolta calca un po' i toni, ma non descrive mai puntualmente la situazione e l'atmosfera, come fa invece in altri casi.
 
Top
view post Posted on 21/6/2018, 15:38


Group:
UTENTE CADETTO
Posts:
48

Status:


un piccolo contributo alla discussionesentenza-1sentenza-2
 
Top
view post Posted on 25/6/2018, 09:30
Avatar


Group:
UTENTE
Posts:
3,215
Location:
Roma

Status:


-Da inesperto della materia mi ha colpito l'affermazione (presente nei primi documenti postati da Kanister) che il colpevole fosse un "infiltrato fascista e provocatore", che agiva allo scopo di "gettare discredito sul nome dei partigiani"...vista dell'esterno mi pare una cosa poco credibile che un "fascista" si infiltri (durante la guerra) tra i partigiani commettendo dei crimini per gettare discredito sui primi...mi sembra una affermazione propagandistica del tipo ...se non è degno dei partigiani, allora sarà sicuramente un fascista. Casomai un infiltrato opera per far catturare i partigiani o carpirne le informazioni
-Sempre da inesperto della materia , ma con qualche nozione di diritto, credo che le formazioni partigiane (poi legalizzate "ex post" , compresa la loro guerra di liberazione (all'epoca formalmente vietata da tutti codici militari di guerra), da sentenze successive al 1945 (che stabilivano la Resistenza armata e senza uniformi essere "legittima" giuridicamente parlando) basassero la "giustizia interna" su norme "non canonizzate", ma copiate in parte da quelle militari all'epoca vigenti.
Sicuramente nelle formazioni più gerarchizzate, una condanna e un processo dovevano ragionevolmente (ed ove possibile) seguire l'imput imposto dall'alto (anche come "procedura" da seguire), Invece nelle formazioni "meno gerarchizzate" e prive o poco collegate alla "piramide gerarchica" si sarà ragionevolmente usata una giustizia più sbrigativa, dalla procedura non standardizzata e quindi (a occhio) molto più discrezionale sia nelle forme che nel merito.
 
Top
view post Posted on 25/6/2018, 14:39
Avatar


Group:
UTENTE
Posts:
1,043

Status:


Riaffermo che per me non esiste tabu. Se un fatto è realmente accaduto, giova sempre discuterne con tutta franchezza, intanto la realtà dei fatti non si potrà mai modificare. Errori ne hanno commesso tutti. Nessuno è infallibile e non ho mai visto qualcuno circolare con il classico cerchietto dorato, prerogativa dei santi.
Intanto a me pare che, richiamare le norme internazionali previste dai codici di guerra del tempo, sia anacronistico, perché, in tutto il periodo interessato dalla guerriglia partigiana, nessuna delle parti in campo ne ha mai tenuto conto.
Quelle in vigore, erano norme che i monarchi del tempo, di solito imparentati tra di loro, avevano a suo tempo concordato per combattere le loro guerre, terminate le quali tornavano a vivere come se per loro nulla fosse accaduto. Interessavano ai “monarchi” non ai soldati.

Le formazioni partigiane erano costrette a operare alla macchia. Erano forze ribelli alla dittatura nazi-fascista. Non potevano accedere al normale mercato. Non avevano fabbriche, dove produrre armi e munizioni. Erano un esercito che operava nella clandestinità.
.La nostra non è stata una giostra di guerra, combattuta in un’arena con la presenza di belle principesse che posavano il loro fazzolettino profumato sulle armature del cavaliere preferito.
Non è corretto estrapolare singoli fatti da quella che è stata la situazione generale della lotta partigiana, presentandoli poi come esempi generalizzanti.
Il periodo resistenziale occorre esaminarlo nel suo insieme, dall’inizio, con lo sfacelo dell’esercito italiano abbandonato al suo destino senza ordini da una monarchia che aveva firmato la resa incondizionata.
Nessuno, anche dopo il 25 luglio 1943, avrebbe potuto immaginare gli sviluppi della situazione, così come si è poi prospettata.
Dopo la resa dell’otto settembre, la parola d’ordine generale era “TUTTI A CASA”. Soltanto che, anche questo non era stato previsto, l’esercito nazista iniziò a catturare i militari italiani che tentavano di raggiungere le proprie residenze.
I primi sbandati, nelle nostre campagne, erano reduci che si nascondevano per non finire catturati e internati in Germania. Diciamo le cose come stavano, erano ex militari stanchi di una guerra inutile, che non volevano più combattere e morire per una causa sbagliata. Volevano semplicemente rientrare alle loro case, alle loro famiglie.
Quelli che non poterono rientrare, si raggrupparono e cercarono di risolvere, per prima cosa, il grave problema del loro sostentamento. Siamo sinceri, non fu una cosa facile. Molti furono ospitati nelle campagne, dove ricevevano cibo in cambio di lavoro. Qualche gruppo, invece, commise anche azioni di forza, pur di ottenere cibo. Alcuni, che nemmeno erano reduci sbandati, organizzarono gruppi dediti al sequestro di cibo e animali, che poi rivendevano sul mercato clandestino, conosciuto come “borsa nera”.
Superato il primo momento di sorpresa, furono i partiti antifascisti clandestini a prendere contatto con i gruppi, organizzando i primi reparti armati, che furono l’embrione di quella che diventerà “la Resistenza”.
Nel frattempo, i reparti fascisti che stavano risorgendo sotto l’ala del tedesco, facevano circolare la voce che quelle ruberie erano opera dei banditi, dei ribelli, tutti volgari ladri che rubavano per il proprio tornaconto.
Le prime formazioni partigiane, per salvaguardare il loro onore, dovettero operare per eliminare i disonesti. Non occorse molto tempo per “eliminarli” e sicuramente nessun processo.
All’epoca non “usavano” ancora le complesse procedure processuali.
La colpevolezza conclamata non poteva che avere una soluzione.
Con il procedere dell’organizzazione militare clandestina, sorse un altro serio problema, costituito dai delatori e dalle spie. In questi casi, inizialmente, si andava piuttosto per le spicce. Accertata la colpevolezza, la sentenza era automatica.
Furono commessi errori? Forse sì, chi può escluderlo. Non erano rispettate tutte le garanzie a difesa dell’imputato? Forse anche questo sarà stato vero.
Quel che posso dire è che in quel periodo eravamo alla presenza di un’atmosfera dolorosa, violenta, crudele, infausta e mortale. Sembrava che nessun valore contasse. La vita sembrava che valesse meno di niente.
Mi è capitato, qualche volta, di immedesimarmi nei panni di un Comandante responsabile della sicurezza degli uomini del suo reparto. Correre il rischio di commettere “un errore”, oppure mettere a rischio la vita di “tutti gli uomini” del suo reparto?
Non sono in grado di produrla, perché l’ho smarrita. Avevo la copia di un documento del Comando Militare Resistenza Piemontese, in cui si disponeva che nei casi dubbi, quando poteva ravvedersi pericolo per la sicurezza del reparto, si doveva procedere all’eliminazione.
Soltanto più tardi, giunsero gli ordini che impartivano precise norme di comportamento, che si dovevano sempre osservare nello svolgimento di un processo, dove diventava anche obbligatoria la compilazione di un regolare rapporto scritto.
Immaginatevi le difficoltà per un reparto dove, sfortunatamente, il più alto grado d’istruzione era la quinta elementare.
(di questo parleremo la prossima volta)

N:B: - scritto di getto e inviato senza rileggere. Scusate i possibili errori.
 
Top
view post Posted on 25/6/2018, 15:05
Avatar


Group:
UTENTE
Posts:
3,215
Location:
Roma

Status:


CITAZIONE (ghirghi @ 25/6/2018, 15:39) 
Riaffermo che per me non esiste tabu. Se un fatto è realmente accaduto, giova sempre discuterne con tutta franchezza, intanto la realtà dei fatti non si potrà mai modificare. Errori ne hanno commesso tutti. Nessuno è infallibile e non ho mai visto qualcuno circolare con il classico cerchietto dorato, prerogativa dei santi.
Intanto a me pare che, richiamare le norme internazionali previste dai codici di guerra del tempo, sia anacronistico, perché, in tutto il periodo interessato dalla guerriglia partigiana, nessuna delle parti in campo ne ha mai tenuto conto.
Quelle in vigore, erano norme che i monarchi del tempo, di solito imparentati tra di loro, avevano a suo tempo concordato per combattere le loro guerre, terminate le quali tornavano a vivere come se per loro nulla fosse accaduto. Interessavano ai “monarchi” non ai soldati.

Le formazioni partigiane erano costrette a operare alla macchia. Erano forze ribelli alla dittatura nazi-fascista. Non potevano accedere al normale mercato. Non avevano fabbriche, dove produrre armi e munizioni. Erano un esercito che operava nella clandestinità.
.La nostra non è stata una giostra di guerra, combattuta in un’arena con la presenza di belle principesse che posavano il loro fazzolettino profumato sulle armature del cavaliere preferito.
Non è corretto estrapolare singoli fatti da quella che è stata la situazione generale della lotta partigiana, presentandoli poi come esempi generalizzanti.
Il periodo resistenziale occorre esaminarlo nel suo insieme, dall’inizio, con lo sfacelo dell’esercito italiano abbandonato al suo destino senza ordini da una monarchia che aveva firmato la resa incondizionata.
Nessuno, anche dopo il 25 luglio 1943, avrebbe potuto immaginare gli sviluppi della situazione, così come si è poi prospettata.
Dopo la resa dell’otto settembre, la parola d’ordine generale era “TUTTI A CASA”. Soltanto che, anche questo non era stato previsto, l’esercito nazista iniziò a catturare i militari italiani che tentavano di raggiungere le proprie residenze.
I primi sbandati, nelle nostre campagne, erano reduci che si nascondevano per non finire catturati e internati in Germania. Diciamo le cose come stavano, erano ex militari stanchi di una guerra inutile, che non volevano più combattere e morire per una causa sbagliata. Volevano semplicemente rientrare alle loro case, alle loro famiglie.
Quelli che non poterono rientrare, si raggrupparono e cercarono di risolvere, per prima cosa, il grave problema del loro sostentamento. Siamo sinceri, non fu una cosa facile. Molti furono ospitati nelle campagne, dove ricevevano cibo in cambio di lavoro. Qualche gruppo, invece, commise anche azioni di forza, pur di ottenere cibo. Alcuni, che nemmeno erano reduci sbandati, organizzarono gruppi dediti al sequestro di cibo e animali, che poi rivendevano sul mercato clandestino, conosciuto come “borsa nera”.
Superato il primo momento di sorpresa, furono i partiti antifascisti clandestini a prendere contatto con i gruppi, organizzando i primi reparti armati, che furono l’embrione di quella che diventerà “la Resistenza”.
Nel frattempo, i reparti fascisti che stavano risorgendo sotto l’ala del tedesco, facevano circolare la voce che quelle ruberie erano opera dei banditi, dei ribelli, tutti volgari ladri che rubavano per il proprio tornaconto.
Le prime formazioni partigiane, per salvaguardare il loro onore, dovettero operare per eliminare i disonesti. Non occorse molto tempo per “eliminarli” e sicuramente nessun processo.
All’epoca non “usavano” ancora le complesse procedure processuali.
La colpevolezza conclamata non poteva che avere una soluzione.
Con il procedere dell’organizzazione militare clandestina, sorse un altro serio problema, costituito dai delatori e dalle spie. In questi casi, inizialmente, si andava piuttosto per le spicce. Accertata la colpevolezza, la sentenza era automatica.
Furono commessi errori? Forse sì, chi può escluderlo. Non erano rispettate tutte le garanzie a difesa dell’imputato? Forse anche questo sarà stato vero.
Quel che posso dire è che in quel periodo eravamo alla presenza di un’atmosfera dolorosa, violenta, crudele, infausta e mortale. Sembrava che nessun valore contasse. La vita sembrava che valesse meno di niente.
Mi è capitato, qualche volta, di immedesimarmi nei panni di un Comandante responsabile della sicurezza degli uomini del suo reparto. Correre il rischio di commettere “un errore”, oppure mettere a rischio la vita di “tutti gli uomini” del suo reparto?
Non sono in grado di produrla, perché l’ho smarrita. Avevo la copia di un documento del Comando Militare Resistenza Piemontese, in cui si disponeva che nei casi dubbi, quando poteva ravvedersi pericolo per la sicurezza del reparto, si doveva procedere all’eliminazione.
Soltanto più tardi, giunsero gli ordini che impartivano precise norme di comportamento, che si dovevano sempre osservare nello svolgimento di un processo, dove diventava anche obbligatoria la compilazione di un regolare rapporto scritto.
Immaginatevi le difficoltà per un reparto dove, sfortunatamente, il più alto grado d’istruzione era la quinta elementare.
(di questo parleremo la prossima volta)

N:B: - scritto di getto e inviato senza rileggere. Scusate i possibili errori.

Mi pare una ricostruzione onesta della vera situazione che si viveva all'epoca
 
Top
view post Posted on 25/6/2018, 18:39

Aldo dice 26x1

Group:
UTENTE CADETTO
Posts:
48
Location:
Fossano (Cuneo)

Status:


Condivido quanto scritto da Ghirghi, di queste storie poco chiare direi torbide ma in cui ci scappa sempre il morto o i morti, ho i cassetti pieni, molte hanno come sfondo le zone grigie, intendo tra Tanaro, Stura e Langhe dove le azioni di tutte le formazioni partigiane si sono sovrapposte, specialmente a partire dall'inverno del 44/45 dopo i rastrellamenti dell'inverno che sono andate in crescendo fino agli ultimi giorni del epilogo della guerra. La maggior parte di esse non sono supportate da alcun documento, rimarranno sempre un punto nero della storia. Speriamo che siano servite e serviranno in futuro a vaccinare il Paese da future derive autoritarie
 
Contacts  Top
view post Posted on 26/6/2018, 08:32

ADMIN

Group:
ADMIN
Posts:
7,250

Status:


CITAZIONE (26x1 @ 25/6/2018, 19:39) 
Condivido quanto scritto da Ghirghi, di queste storie poco chiare direi torbide ma in cui ci scappa sempre il morto o i morti, ho i cassetti pieni, molte hanno come sfondo le zone grigie, intendo tra Tanaro, Stura e Langhe dove le azioni di tutte le formazioni partigiane si sono sovrapposte, specialmente a partire dall'inverno del 44/45 dopo i rastrellamenti dell'inverno che sono andate in crescendo fino agli ultimi giorni del epilogo della guerra. La maggior parte di esse non sono supportate da alcun documento, rimarranno sempre un punto nero della storia. Speriamo che siano servite e serviranno in futuro a vaccinare il Paese da future derive autoritarie

Credo che l'ultimo intervento di Ghirghi sia stato ancora una volta chiarissimo nell'esporre le condizioni in cui operavano le formazioni partigiane. Non possiamo pretendere che la giustizia venisse amministrata secondo le modalità ordinarie in tempi e circostanze che nulla avevano dell'ordinario, nè possiamo pretendere, a 75 anni di distanza, di fare luce su ogni singolo episodio, ogni singola condanna, ogni singola sentenza. Documenti? Chi aveva tempo di redigere dei documenti e compilare verbali quando si trattava di scappare di rifugio in rifugio, di vallata in vallata, braccati da un nemico implacabile, quando l'unico pensiero era restare vivi e continuare a lottare? Come ha detto Ghirghi, la morte e la vita avevano poco o nessun valore: si combatteva, si moriva, si fucilava, si ammazzava da una parte e dall'altra, molte volte con la stessa crudeltà, lo stesso odio, la stessa disperazione. Nel corso delle seconda guerra mondiale, a fianco della operazioni belliche di tipo classico condotte dagli eserciti regolari, tutta l'Europa fu sconvolta da una serie di conflitti interni, guerre civili, lotte di liberazione nazionale ed insurrezioni armate che non risparmiarono quasi alcun paese. Movimenti di resistenza sorsero in tutti i paesi sottoposti al giogo nazista: Francia, Olanda, Belgio, Danimarca, Polonia, mentre la guerra partigiana infurò in Russia, Ucraina, in Yugoslavia, in Grecia... In molti casi i combattimenti non cessarono istantaneamente con il termine delle ostilità, ma proseguirono per settimane, per mesi, a volte addirittura per anni, intrecciati ad operazioni di pulizia etnica, migrazioni interne, conflitti ideologici e di potere, faide tribali e famigliari, vendette e regolamenti di conti. Il numero complessivo delle vittime di questi conflitti probabilmente non si conoscerà mai con precisione, ma sicuramente fruono centinaia di migliaia, forse addirittura qualche milione. Queste forse sono le vere "zone grigie della storia", in merito alle quali molto spesso si è tirata frettolosamente una riga sopra, perchè a noi troppo spesso piace immaginare una guerra fatta di ufficiali galantuonimi, scambi di cortesie ed onori delle armi, una guerra "pulita", dove i prigionieri a Natale a aprono i pacchi della Croce Rossa e i tribunali militari amministrano la giustizia in modo equo e marziale, scartabellando le pagine del codice militare... Se un tipo di guerra del genere è mai esistita al di fuori delle pagine dei romanzi e degli schermi cinematografici, si è trattato comunque di un'eccezione, e non della regola.

RIP-STOP
 
Top
view post Posted on 26/6/2018, 09:14
Avatar


Group:
UTENTE
Posts:
6,521
Location:
Roma

Status:


A parte il discorso della regolarità di questi processi, non previsti da alcuna norma, rimane difficile capire l'istituzione di una sorta di tribunale con tutte le figure previste (giudici, p.m., presidente, segretario, cancelliere) meno quella del difensore. Non mi sembra di averlo letto.
Ho conosciuto, personalmente, il comandante Morelli del "Valanga" della Decima. Presi alcuni partigiani con le armi, tra cui una donna, applicando il Codice Penale Militare di Guerra vigente (rimase uguale anche nella Repubblica Italiana), istituì un regolare processo compreso il difensore. I partigiani, rei di essere in boghese con le armi, furono condannati a morte e fucilati.
Per questo processo, il Morelli, dopo la guerra, non potè essere giudicato in quanto aveva agito secondo la legge vigente all'epoca.
Uno dei cardini del nostro Diritto (anche quello passato) è quello di potersi difendere.
Ripeto, potrei non aver visto il nome di un, eventuale, difensore.

Su uno ho visto che c'è il difensore d'ufficio.
 
Web  Top
view post Posted on 26/6/2018, 15:18
Avatar


Group:
UTENTE
Posts:
6,521
Location:
Roma

Status:


Vorrei rettificare il mio intervento. Si, erano presenti gli avvocati difensori, anche se in un caso non compare abbiano firmato l'atto di condanna.
 
Web  Top
view post Posted on 26/6/2018, 17:20
Avatar


Group:
UTENTE
Posts:
1,043

Status:


Ripeto: per cortesia, non prendiamoci in giro!
Affermare che le leggi internazionali imponessero a ogni combattente di indossare una divisa, è del tutto pretestuoso e altro non rappresentava se non un motivo giuridico atto a una disperata difesa legale.
Nel lato pratico, significherebbe che, se i partigiani avessero indossato una divisa, nessuno avrebbe potuto ucciderli in caso di cattura? Una divisa, ad esempio, come quella che c’era fornita dagli alleati, attraverso i lanci aerei?
Se era valida la divisa che indossava chi apparteneva ai reparti della RSI, istituzione senza alcun valore giuridico trattandosi di emanazione voluta dall’occupante tedesco, poteva essere valida, anche la divisa inglese indossata dai partigiani.
In verità, quale divisa avremmo dovuto indossare? Non quella dell’esercito italiano, perché non esisteva più e non avevamo alcuna ragione per continuarne la legale rappresentanza.
Che cosa avremmo dovuto fare senza divisa? Mantenerci fuori della mischia? Non avremmo potuto, perché, anche in questo senso, le leggi emanate ci imponevano di rispondere alla chiamata obbligatoria per combattere con la RSI al servizio di un nemico occupante.
Affermare che uccidevano soltanto perché non indossavano una divisa regolamentare, è incredibile. Uccidevano perché sfogavano il loro odio imperante!
Soltanto chi ha vissuto la vicenda di un rastrellamento compiuto dalle forze nazifasciste, può testimoniare qual era la situazione.
Devo dare atto che molti non sparavano per uccidere, ma costituivano la copertura che consentiva ai fanatici, di poter sparare per uccidere.
Non è vero che era ucciso soltanto chi era catturato con le armi in mano. Uccidevano anche chi era catturato disarmato.
Nel corso di un rastrellamento realizzato il 16 novembre 1944, militi della S. Marco uccisero a colpi di baionetta l’intendente della nostra brigata, sorpreso senza armi mentre cercava di avvicinarsi alle baracche di un distaccamento partigiano dove credeva d’aver dimenticato dei documenti compromettenti. Molti sono stati uccisi, anche se non avevano armi addosso.
Voglio citare un libro, redatto a cura di Gianni Toscani, “Le lapidi dei partigiani in provincia di Savona”, edito da L: EDITRICE. Sono occorse quattrocento pagine per presentare tutte le lapidi presenti sul territorio provinciale, che ricordano i partigiani uccisi sul posto e senza alcun processo, dopo essere stati catturati. Bastava il sospetto d'essere in presenza di un partigiano.
Metteteli a confronto con quelli che sono stati sottoposti a processo nelle loro sedi, avrete un confronto spaventoso.


Torniamo al processo partigiano. Le disposizioni che ne regolavano il funzionamento, rendevano obbligatoria la figura del difensore di parte, scelto dall’imputato, sostituito dal difensore d’ufficio qualora fosse stato necessario.
Tonerò sull’argomento. Vogliate scusarmi, ma in questo momento mi sento molto stanco.
.
 
Top
view post Posted on 26/6/2018, 21:50


Group:
UTENTE CADETTO
Posts:
48

Status:


Piccole considerazioni:

1) "Affermare che le leggi internazionali imponessero a ogni combattente di indossare una divisa, è del tutto pretestuoso e altro non rappresentava se non un motivo giuridico atto a una disperata difesa legale"

- Invece è proprio così le leggi internazionali imponevano a ogni combattente di indossare una divisa, punto.

2) Se era valida la divisa che indossava chi apparteneva ai reparti della RSI, istituzione senza alcun valore giuridico trattandosi di emanazione voluta dall’occupante tedesco, poteva essere valida, anche la divisa inglese indossata dai partigiani.

- sbagliato: i combattenti della RSI, al contrario dei partigiani, sono sempre stati riconosciuti quali "legittimi belligeranti" (tranne quando alcuni furono catturati dietro le linee senza la divisa e pertanto fucilati dagli angloamericani).

per il resto non entro in una discussione riguardante convinzioni personali di singole persone

Roberto
 
Top
71 replies since 25/5/2018, 00:07   2465 views
  Share