| E' ovvio che stiamo parlando di animali morti per cause non infettive, in luoghi impervi e comunque disabitati, in condizioni che rendono difficile il recupero e lo sgombero. Resta il fatto che per la legislazione italiana nessuno è autorizzato ad abbandonare una carcassa, e questo non da ieri ma almeno dagli anni venti del novecento.
Mi riferisco allo stesso periodo temporale, non credo che stiamo parlando di due eserciti diversi, e a quanto mi consta le regole valevano per tutti. A chiudere ogni "evento negativo" si attivava una catena di attività, misconosciute ma importanti, e condotte con grande serietà.
L'istituzione, nella figura del comandante di brigata, sarebbe ritenuta responsabile di eventuali conseguenze quali la propagazione di odori molesti o peggio di malattie o dell'inquinamento di una falda acquifera. Giustamente l'Operativo non deve preoccuparsene, ma il destino dei resti è sanzionato dalla solita commissione la quale, d'intesa con le autorità sanitarie provinciali, analizza, valuta, prescrive e redige apposito verbale, che verrà inserito in allegato nel fascicolo in diverse copie che viaggerà lungo i rami delle catene gerarchiche e amministrative.
Quindi, anche l'interramento sommario o l'abbandono della carcassa, se attuati, lo erano a ragion veduta, considerate le cause di forza maggiore, con gli inevitabili aggiustamenti imposti dalla necessità e dalla natura umana. In proposito (o magari a sproposito ma un nesso ce lo vedo) ricordo che sovente, con najonica astuzia, venivano redatti degli ulteriori verbali da cui risultava che il povero mulo caduto portava (ma guarda) apparati radio o altre apparecchiature costose che così potevano essere rottamate, scaricate e sostituite.
Sto pensando a quanto sarebbe interessante recuperare una di queste "pratiche". Sarebbe davvero un documento importante e nel suo piccolo una lezione di storia.
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