Posts written by lancieri novara 5

view post Posted: 21/9/2018, 17:51 Allegri Giapponesi bene armati - Armi da fuoco straniere
In effetti le tue osservazioni sono valide, mi sono andato a sfogliare un po' di volumetti della Osprey relativi ai conflitti in Cina e il panorama uniformologico è ampio e imbarazzante..poche le truppe con divise regolari e comunque spesso non uguali per tutti i componenti...diffusissimo l'uso di portare bandoliere con tasche per le munizioni di ogni calibro dal fucile tipo Mauser ai caricatori per le C96 spagnole a raffica o copie..usatissime poi le giacche trapuntate che sostituivano i pastrani...ma quanto detto non costituisce comunque prova dirimente.
Andando a cercare l'immagine ho trovato che essa costituisce il frontespizio del libro Military History of Japan Second Sino-Japanese War 4 e questo fatto, seppure non dirimente in assoluto, costituisce un indice che porta verso il Giappone...improbabile illustrare un volume che parla delle forze giapponesi in Cina con una immagine dei suoi avversari....ma tutto può essere. Anche il fatto di portare armi straniere pone dei dubbi..se devo mostrare dei giapponesi vittoriosi li documento mentre marciano con le proprie armi...nello specifico il modesto FM Type 11 con caricatore a tramoggia....anche vero che esibire armi catturate al nemico era un'immagine vittoriosa...che dire i dubbi sollevati restano..ci vorrebbe un'espertone in uniformi giapponesi che dirimesse i dubbi in modo autorevole.
Un caro saluto giacomo
view post Posted: 16/9/2018, 21:17 Libano 1982 - Cineforum
Ringrazio della segnalazione e dei ricordi evocati...nel 1981 ero un najone anch'io ...che nostalgia e che ricordi.....quando finii la leva e iniziai a lavorare credevo che non avrei mai avuto modo di partecipare ad una missione......e invece ne ho fatte due nei Balcani....
GRAZIE

giacomo
view post Posted: 16/9/2018, 17:46 Uno sten rarissimo - Armi da fuoco straniere
Il titolo è quello citato e l'annata irrintracciabile. Per rendere ragione del motivo del mio disordine faccio un passo indietro....sposandomi portai, in dote non gradita, alcuni quintali di cartaccia..leggi riviste e la mia dolce metà mise in chiaro che per loro non c'era posto a casa...il prosieguo della frase e del retropensiero è immaginabile. Presi da ogni rivista gli articoli che mi interessavano distruggendo quanto non di mio diretto interesse e le pagine di annunci..pubblicità ed altro....anche tale sacrificio non venne ritenuto sufficiente perchè il materiale residuo formava ancora un bel volume...a questo punto presi a ricopiare gli articoli di mio maggiore interesse, lasciando perdere quelli ripetitivi o privi di grande interesse. Va da se che in massacro cartaceo simile conservare referenze e riferimenti era quanto meno aleatorio...la triste storia finisce qui....certo avessi avuto uno scanner la musica sarebbe stata diversa...ma in allora non c'erano e quei pochi in commercio costavano come una Maserati..quel che ho potuto ho copiato...il resto pufff...solo ora riesco ad ordinare in pochi giga di memoria enormi quantità di dati....

un caro saluto giacomo
view post Posted: 15/9/2018, 23:25 Uno sten rarissimo - Armi da fuoco straniere
Non saprei davvero come rintracciarla...il copista..ovvero me...lavorava come un amanuense a digitalizzare gli articoli che più lo interessavano...come tutti i lavori artigianali il difettuccio c'è..in questo caso la mancata referenza...sorry

Un caro saluto giacomo
view post Posted: 15/9/2018, 15:30 Allegri Giapponesi bene armati - Armi da fuoco straniere
Il periodo che intercorre tra gli anni '20 e il '45 fu particolarmente travagliato in Cina, guerre tra i signori della guerra, lotte tra nazionalisti e comunisti, invasione giapponese dopo l'affare di Munkden...di fatto in Cina si riverso una marea di armi nonostante veti ed embarghi. I soldi a disposizione per gli acquisti non erano molti, ma il desiderio di superare l'armamento dell'avversario spingeva talvolta a vessazioni di ogni sorta per cavare denari con cui pagare i trafficanti d'armi...la Cecoslovacchia, il Belgio e la Spagna fecero affari d'oro vuotando i fondi di magazzino residuati bellici della prima guerra mondiale ma vendendo anche armi di tutto rispetto come appunto i ZB 26 e ZB 30 e il Belgio gli FN BAR. Fu il mercato cinese a spingere per la realizzazione dei modelli di C96 a raffica, da sempre affascinati da quest'arma che con l'aggiunta del calciolo si trasformava in carabinetta, eludendo tra l'altro alcuni dei filtri sanzionistici imposti dopo la guerra dei boxer. Le Bistegui Royal e le Unceta fecero affari d'oro precedendo la Mauser 712.
Anche i cinesi si davano da fare: in piccole officine artigiane e in complessi industriali di maggior respiro come la Hanyang Munitions Works, nella provincia di Hupeh iniziarono a produrre armi, fucili di derivazione Mauser e copie della C96...i risultati andavano dal rottame al discreto...comunque la fame d'armi era tale che tutto veniva fagocitato, anche i SIG mod 1920 ottimi Bergmann con caricatore ad astuccio venduti a peso d'oro e immortalati in alcune immagini portati a spalla insieme ad anacronistici spadoni.
Tanto a dire che in foto d'epoca si può veramente trovare di tutto...una pacchia per l'appassionato...
Un caro saluto giacomo
view post Posted: 15/9/2018, 11:56 Allegri Giapponesi bene armati - Armi da fuoco straniere
A mio parere il terzo militare trasporta a spall'arm un Browning Automatic Rifle..in arte BAR...parecchie armi automatiche americane tra cui Thompson e BAR vennero spedite in Cina ai nazionalisti di Ciang Kai Shek nel corso della guerra sino giapponese per motivi facilmente intuibili..contrasto al nemico giapponese e ai comunisti cinesi. Il type 5 cui fai cenno vedra' la luce nel 1945 come arma prodotta in pochi esemplari..con modesti materiali e finiture entrando a far parte della schiera delle last dich e sapone dell'asse tra cui ricordiamo i tedeschi VK 98, l' MP 3008. Il VG 1 della Gustloff ed altri ancora...
Ritengo che la foto inoltre rappresenti una sezione FM armata con armi catturate al nemico...il militare con il BAR trasporta tra l'altro nella mano libera il caricatore da 20 colpi dell'Arma e dietro alla sua spalla si intravede il voluminoso sottocanna-impugnatura tipico del modello.
Un caro saluto..Giacomo
view post Posted: 14/9/2018, 21:13 Allegri Giapponesi bene armati - Armi da fuoco straniere
Bella immagine riferita al periodo della guerra contro i cinesi. Gli FM portati a spalla dai fieri nipponici sono di fabbricazione cecoslovacca ZB 26 o ZB 30, eccellenti armi da cui deriverà l'ottimo BREN britannico con modifica del calibro e di un numero modesto di particolari come la canna corrugata per il raffreddamento, mantenendo comunque invariato l'impianto progettuale. Avevano ben ragione di sorridere i giaps le loro Type 11 con caricatore a tramoggia non erano davvero un gran che e solo più avanti verranno sostituite da armi decisamente migliori come la tipo 96 ispirata, neanche a dirlo, dalla ZB 26. Solo noi restammo affezionati alla Breda 30, arma costosa, ma piena di difettacci, a partire dall'indaginosa alimentazione, alla lubrificazione di ogni colpo, al mirino montato sulla camicia di protezione della canna e non sulla stessa....e via andare.
Guardarsi attorno per copiare il meglio è una buona norma per tutto dai ponti alle armi...
Un caro saluto giacomo
view post Posted: 21/8/2018, 16:03 Uno sten rarissimo - Armi da fuoco straniere
Spero di far cosa gradita allegando due vecchi articoli che trattavano in modo piuttosto circostanziato le copie tedesche dello STEN..come l'MP3008 rappresentato in foto...grazie per le belle immagini, spero che il contributo bibliografico sia gradito.
un caro saluto giacomo


STEN + carta carbone = Gerat Potsdam e derivati
Articolo di Marcianò pubblicato su Diana Armi

E’ fuori di dubbio che fino al 1943 i tedeschi abbiano prodotto le più belle armi militari moderne sulla base di una tradizione che datava da più di settant’anni; fu solo quando si trovarono costretti a rifornire le loro truppe delle impressionanti quantità di materiale richieste per tentare di opporsi allo strapotere alleato, che i vecchi maesrti si rassegnarono a dimenticare le glorie del passato.
Fu così che caddero nell’eccesso opposto fornendo armi di estrema funzionalità, ma di orripilante rozzezza di lavorazione.
Non stupisce, di conseguenza, che quando il famoso Skorzenj si presentò due volte al Quartiere Generale sollecitando l’adozione di un’arma simile allo Sten, da poco catturato, si sia trovato di fronte ad un malcelato disprezzo e ad un conseguente rifiuto.
La concezione di guerra moderna ed il tempo dettero ragione al bollente comandante delle truppe speciali perché quel tubo che sparava si dimostrò da un lato un prezioso compagno nelle azioni di commandos e dall’altro una sgradita sorpresa per i malcapitati avversari.
La scarsità di materiale, le continue richieste di apprivvigionamenti con conseguenti rapidi tempi di lavorazione e consegna, la distruzione di materiali e la scarsità di mano d’opera costrinsero le alte sfere ad adottare immediate soluzioni di ripiego ed allora niente di meglio che prendere il vituperato Sten e farne la copia carbone.
Era nato così il Gerat Potsdam le cui differenze dallo Sten MKII erano rappresentate dalle sole saldature e forse da qualche altro piccolissimo particolare riscontrabile con una forte lente di ingrandimento. Visto che si era perso tanto tempo si decise di procedere a tambur battente: i due Sten originali catturati furono vivisezionati dalla Mauser, interessata sul finire del 1944, ed in sole 6 settimane disegni ed impianti di produzione erano completati.
In altre 6 settimane, e cioè prima della fine del febbraio 1945, i 25.000 esemplari richiesti erano stati spediti.
In effetti la Mauser aveva fatto un buon lavoro, visto che le armi portavano anche i marchi inglesi, ma questo buon lavoro, era stato profumatamente pagato: la fretta costa sempre: pare che il prezzo pagato per ogni esemplare sia stato di circa 280.000 lire, prezzo decisamente non economico per un’arma la cui caratteristica avrebbe dovuto essere il bassissimo costo.
Per quanto concerne la meccanica, rimandiamo i nostri lettori allo Sten perché, pur esaminandola minuziosamente, non faremmo che dupplicare descrizioni già fatte altrove: possiamo solo dire che il secondo sistema di sicura era rappresentato dal bloccaggio dell’otturatore in posizione chiusa spingendo la manetta d’armamento in un foro ricavato nella parete opposta del castello e che il selettore, marca E sulla sinistra e D sulla destra, spinto a sinistra permetteva il fuoco automatico.
“L’appetito vien mangiando” dice il proverbio ed era logico che i tedeschi pressati da esigenze sempre più assillanti , tentassero di effettuare ulteriori migliorie e semplificazioni sulla già ottima e semplice arma inglese.
A questo punto, malgrado la storia diventi confusa e la fine della guerra, con la distruzione degli archivi, non abbia contribuito a chiarire le ideee, cercheremo di seguire una traccia, logica e storica.
Sembra certo che la Mauser abbia continuato per proprio conto gli studi approntando 150 prototipi di quella che sarà la Machine Pistole 3008 (nota anche come MP 3008 o Gerat Neumunster).
L’iniziativa suscitò interesse e dopo che gli studi, basati sullo Sten MKII, furono sviluppati tra agosto ed ottobre 1944, nel dicembre si ebbe una prima richiesta di mille e poi duemila pezzi, con prospettive di iniziare la produzione di massa nel gennaio 1945.
Nel frattempo, dato che le richieste presumevano lotti di diecimila esemplari mensili, la Mauser pensò bene di interessare altre fabbriche, impegnata com’era in forniture belliche di genere più disparato. Dal momento che le ditte interpellate sembra siano state almeno 6, i programmi si basavano su almeno 60.000 esemplari al mese, ma tutto ciò rimase allo stato potenziale per i massicci bombardamenti alleati.
Maggiormente misteriosa era la destinazione di tale arma: forse alle unità della Volksturm visto che venne anche chiamato “Volks MP”?
Unica cosa certa è che nell’incipiente e generale marasma le fabbriche ricevettero un loro nome di codice dal quale però non riusciamo a dedurre alcunchè: “tvw”, “rde”, TJK” restano completamente sconosciuti e solo la Walther Steiner, Eisenkonstruktionen di Suhl può essere identificata dalla sigla “nea”.
Poiché della MP 3008 vennero fabbricati due versioni principali, la produzione del primo modello sembra non abbia superato le 10.000 unità, senza dubbio le migliori per lavorazione perché si nota l’uso di parti forgiate invece che stampate ed un discreto grado di finitura, compatibile naturalmente con il periodo di fabbricazione.
A questo punto ci si perde in un labirinto dal quale cercheremo di uscire alla meglio dal momento che in protica ogni commissionario, pur attenendosi alle specificazioni, apportava modifiche nei particolari secondari.
Per esempio, un esemplare con codice “rde” e datato 1945 potrebbe venire considerato tra gli appartenenti alla prima serie: vediamo di esaminarlo.
Innanzi tutto sembra pacifico che, nella prima serie, forgiature e stampaggio coesistessero il che sembrerebbe garantire un minimo di accuratezza nella lavorazione, mentre nel secondo modello quest’ultima è estremamente primitiva come si potrà notare anche dalle foto scattate sull’esemplare di Armando Piscetta.
Una prima caratteristica che balza evidente è il ritorno al caricatore verticale dal momento che non può considerarsi una resipiscenza quello orrizzontale della copia dello Sten, soluzione che era stata abbandonata dai tecnici tedeschi già verso la metà degli anni trenta.
In secondo luogo, per seguendo per sommi capi la traccia del modello inglese (si prenda sempre come esempio il MKII) possiamo notare l’assenza del manicotto forato che serviva come impugnatura per la mano sinistra e la modifica (non generale come vedremo= del calciolo.
In effetti se si ha la malaugurata idea di servirsi del caricatore dello Sten come appiglio, è quasi certo l’inceppamento dell’arma mentre il comodo bocchettone fisso della MP 3008 permette di evitare simile inconveniente (nello Sten invece tale bocchettone è mobile).
Altra differenza è data dal calcioloche, nello Stem, è del tipo a stampella mentre qui è un profilato piatto.
Per quanto riguarda la parte meccanica, l’unica differenza rilevante è costituita dal grilletto che risulta permanentemente incassato nel suo alloggiamento per mezzo di una spina ribattuta.
Due ultime differenze dallo Sten: la canna nell’esemplare tedesco risulta spinata mentre nel modello inglese è svitata dopo averne sbloccato il fermo e la manetta di armamento della MP 3008 può attraversare tutto il castello fuoriuscendo sulla sinistra in modo da bloccare la massa battente in posizione di chiusura.
Ingegnoso è il sistema di saldatura: la sutura è sulla destra del castello, luogo nel quale è ricavata anche la scanalatura per la manetta di armamento e, di conseguenza, l’unica saldatura di giunzione necessaria alla fattura del castello si trova nella falda che corre davanti e dietro al portello di espulsione.
Nei confronti con il secondo modello, la finestra di eiezione risulta più piccola (cm 3,81) mentre l’espulsore è posto sul lato sinistro invece che in posizione centrale: il tappo di chiusura e spesso e fuso invece che leggero e stampato mentre la leva di sgancio del caricatore è posteriore invece che laterale.
Un altro particolare di “carrozzeria” diverso è dato dal passacinghia anteriore più largo e di forma rettangolare.
Diversi anche il blocca canna (più piccolo e livellato al castello) e l’otturatore che non presenta, nella parte inferiore la scanalatura specifica per l’eiettore, che si trova invece nella seconda serie; l’eiettore lavora in un allargamento ricavato sulla sinistra del canale.
Non essendo facile reperire simili esemplari possiamo presumere che in linea di massima tali specificazioni valgano anche per gli altri: in un altro, tuttavia, lo scatto appare forgiato e non stampato ed in un altro marcato “rde” era stata eliminata la cinghia in materiale sintetico ed il relativo passaggio ricavato all’interno dell’appoggiaspalla.
Un'altra variante è rappresentata da un esemplare che è identico per disegno, montaggio e metodo di fabbricazione alle prime MP 3008 (anche se presenta la finestra di espulsione più larga ed il passacinghia del secondo tipo). Dovrebbe trattarsi di una Machinepistole 3008 mit wahssweise Schulterstutze o per dirla più brevemente di una MP 3008 con calciolo tipo Sten MKII introdotto con le modifiche richieste in data 24 ottobre 1944: il codice di fabbrica è “Tjk” ma non si è riusciti ad identificarlo, come non si sa nulla delle quantità prodotte e dell’uso specifico.
L’unica differenza sostanziale è data dal calciolo che è simile allo Sten MKII eccetto che per la piastra di aggancio al castello ed il piatto di rinforzo della presa che nell’arma tedesca non è forato.
Ed eccoci ora alla Machinepistole 3008 “Gerat Neumunster” seconda ed ultima serie della MP 3008, un esemplare delle quali appartiene ad Armando Piscetta che ci ha gentilmente permesso di esaminarlo.
Diciamo subito che forse è l’arma più rozza da noi vista e pensiamo che possa fare concorrenza a quelle prodotte nella giungla Vietnamita o nei segreti laboratori partigiani: né d’altronde c’è da stupirsi perché mai come in questo caso è adatta la definizione di “tubo che spara”.
Ormai in Germania si tentava il tutto per tutto, la partita era persa, ma con ostinazione le fabbriche lavoravano ed i tecnici tentavano ulteriori semplificazioni: le specifiche di ordinazione sono del novembre 1944 dopo che tra agosto e novembre dello stesso anno la Haenel di Suhl (forse) ha sviluppato i piani, in caotico mescolarsi con gli ordinativi della prima serie. La produzione inizia nel gennaio del 1945: Haenel e Mauser hanno partecipato direttamente alla produzione? Si resta nel campo delle ipotesi mentre è certo il nome della W.J.Holzen di Lohne, della Frebel di Oldenburg, della Carl Eickhorn di Solingen, della Mittedentsche Schweiss-Industrie di Weisenfels e vi è un’ombra di dubbio per Goltried Linder A.G. di Brema e la Gustav Appel di Berlino.
A quali reparti vennero consegnate le armi? I disegni provenivano dallo Heereswassenamt, ma non risulta adottata come arma di ordinanza da parte dell’esercito: più probabile fosse in dotazione a sabottatori od alla Polizia SD.

Aspetto esterno

Forse più eloquente di ogni descrizione è la fotografia che paragona le due serie, ove sono indicate con le frecce le principali differenze. Nell’esemplare da noi visto il calcio è in legno, una semplice tavoletta sagomata, mentre nella maggior parte della produzione doveva essere tipo Sten, cioè con tubo e appoggiaspalla in acciaio. Non esisteva la brunitira, ma una fosfatizzazione completa (pochissimi) o parziale (su piccole parti) accoppiata a pittura rosso opaco o nero su canna, castello ed interno. L’arma di Piscetta è invece color verde militare ed è stata senza dubbio “ribattezzata” in seguito. Abbiamo già accennato alla completa mancanza di finiture che riguardano sia i singoli componenti che le saldature ed il montaggio.
Prima si è fatto un accenno alla polizia S.D. e l’uso di tale arma sembra confermato da un ordine della stessa verso la fine di marzo 1945, per lo sviluppo a Kummersdorf di un lanciagranate completato dalla relativa cartuccia.
Altri particolari esteriori sono dati dal mirino a V rovesciato ricavato sul disco che fa da giunzione fra canna e castello e la tacca di mira rappresentata da un blocchetto forato e saldato all’estremità dell’alloggiamento del tappo di chiusura.
Il selettore è del tipo a spina trasversale, marcato sulla sinistra E (Einzel: colpo singolo) e sulla destra D (Daner).

Meccanismo

Occorre richiamare ancora una volta il nome Sten con un’unica variante (che d’altronde abbiamo già riscontrato sulla prima serie): il grilletto non è smontabile se non limando lo spinotto rivettato che lo fissa all’alloggiamento insieme alla molla principale ed alla barra di scatto. Quest’ultima ha la forma ad L piuttosto lunga ed il suo braccio minore, volto all’insù, funge da disconnettitore.
Il gruppo di scatto è composto da quattro pezzi: grilletto, molla di recupero, molla di raccordo elicoidale a doppia S e barra. L’otturatore è un blocco in acciaio con il percussore parte integrante dello stesso ed una volta che si è liberato il gradino ricavato nella parte inferiore dalla barra ad L, spinto dalla molla di recupero, scatta in avanti andando a colpire il fondello del bossolo. Avvenuta la deflagrazione, trattandosi di un meccanismo a semplice blowback, i gas respingono l’otturatore che comprime la molla di recupero a sua volta bloccata dal tappo di schiusura: il dente aggancia lo scatto e non si libera che azionando sul grilletto. Tale azione si svolge sparando a fuoco semiautomatico, ma spingendo il selettore da sinistra a destra, la barra ad L risulta spostata lateralmente impedendo al gradino dell’otturatore di agganciarsi e facendolo funzionare sino ad esaurimento dei proiettili.
Come si potrà notare nessuna novità dal lato meccanico e la descrizione, semplice perché non potevamo certo complicarla, potrebbe adattarsi ad una Sten.
L’interesse dell’arma sta di conseguenza nella sua rarità ed anche Piscetta ci confidava di aver penato molto per poterne reperire una: se fosse stato accolto immediatamente il suggerimento di Skorzenj forse avrebbe potuto ritardare di qualche mese il tracollo, ma non certo evitarlo e sotto questo lato le sofferenze della popolazione civile sarebbero aumentate.

Smontaggio

1) Sganciare il caricatore.
2) Premere sul bottone di sgancio del calcio e sfilarlo.
3) Estrarre la molla di recupero.
4) Togliere l’otturatore dal castello.
5) Sfilare la copertura del congegno di scatto estraendola verso il basso.
6) Sfilare la spina che blocca la canna ed estrarla.

E’ inutile smontare il gruppo di scatto a meno che non ve ne sia assoluto bisogno: in ogni caso è bene osservare la posizione della molla di raccordo.


MP 3008: lo STEN “Made in Germany”

Articolo di Gaetano A.Cipriani pubblicato su TAC Armi gennaio 1999

Nel corso degli ultimi mesi di guerra l’industria bellica del Terzo Reich era in grande difficoltà. Insieme ad armi di grande interesse vennero sviluppati modelli estremamente rustici e facili da produrre. Tra questi anche la MP 3008, copia del mitra inglese STEN

Durante i primi mesi della seconda guerra mondiale la Gran Bretagna si rese conto di aver commesso un grave errore di valutazione rifiutando, negli anni precedenti al conflitto, di adottare una compatta arma in grado di utilizzare il munizionamento da pistola e con la possibilità di sparare a raffica.
Gli studi compiuti per ovviare a questa lacuna portarono prima alla pistola mitragliatrice Lanchester (in pratica una copia della MP 28 tedesca, che fu distribuita alla Royal Navy) e successivamente allo STEN, un mitra di semplice concezione e di basso costo che fu costruito a partire dalla seconda metà del 1941 in diversi milioni di esemplari e distribuito sia all’esercito britannico e a quelli del Commonwealth che paracadutato in enormi quantità sull’Europa occupata dai nazisti per armare le forze della Resistenza.
I tedeschi invece entrarono in guerra con diverse pistole mitragliatrici, tra cui la MP 38 (presto migliorata nella versione MP 40), tutte caratterizzate da una buona finitura, ottimi materiali e alte prestazioni e, almeno per quanto riguarda le MP 38 e MP 40, da geniali soluzioni come il calciolo ripiegabile, la molla di recupero racchiusa in un congegno telescopico che la proteggeva dagli agenti esterni e da un largo uso di leghe leggere o lamiera stampata.
Dunque, erano gli inglesi che almeno in teoria (e anche in pratica come abbiamo appena visto) avrebbero dovuto copiare i tedeschi e invece, inspiegabilmente, verso la metà del conflitto la Mauser incominciò a costruire delle copie estremamente fedeli dello STEN Mk II, che riproducevano anche i marchi di fabbrica e di accettazione inglesi.
Sull’uso per cui queste armi furono prodotte non si sa in pratica nulla, anche se molti avanzano l’ipotesi che le pistole mitragliatrici “Gerat Potsdam” (così sono chiamate le copie tedesche dello STEN Mk II) servissero per operazioni clandestine, del tipo di quelle messe in atto durante la campagna delle Ardenne da parte di truppe scelte tedesche per causare scompiglio nelle retrovie nemiche.
Le fonti iconografiche dell’epoca purtroppo non vengono in aiuto dell’appassionato e questo fatto può essere conferma di una certa segretezza dell’arma. A quanto riferito da fonti inglesi, sembra che la produzione delle pistole mitragliatrici Mauser “Gerat Potsdam” arrivò quasi a trentamila esemplari, secondo noi una quantità esagerata per un’arma destinata solo a piccoli gruppi specializzati. Molto più plausibile è l’ipotesi che vede queste armi prodotte con dei falsi marchi per semplice opportunità, in quanto non piace a nessuno copiare le cose fatte dagli altri, e men che meno l’orgogliosa industria della Grande Germania.
Più chiaro è invece il motivo per cui negli ultimi mesi della guerra fu prodotta una versione “semplificata” (per gli amanti delle armi costruite dal metallo pieno sarà probabilmente impossibile pensare a qualcosa di più semplice ed economico dello STEN) della “Gerat Potsdam” che fu denominata MP 3008.
La necessità di produrre in grande quantità un’arma poco costosa e di semplice concezione da distribuire alla Volkssturm (milizia popolare in cui vennero arruolati i vecchi sopra i 60 anni e i ragazzini) portò infatti diverse ditte tedesche, tra cui la Mauser, la Blohm und Voss, la Haenel, la Geipel e altre a costruire almeno diecimila MP 3008.

Le caratteristiche dell’arma

Concettualmente quest’arma è simile allo STEN Mk II, ma differisce da questo in due importanti particolari immediatamente riscontrabili: l’assenza del manicotto copricanna e il bocchettone di alimentazione posto nella parte inferiore dell’arma anziché sul lato sinistro. L’assenza del manicotto copricanna si traduce anche in un diverso sistema di aggancio della canna al fusto: sull’MP 3008 infatti la canna non è avvitata (e perciò facilmente smontabile) bensì innestata su un blocco della lunghezza di circa venti millimetri e trattenuta in loco da una spina.
Il blocco di culatta è in pratica un semplice anello inserito e saldato nel tubo che costituisce il fusto, e quindi la MP 3008 è costruita in modo ancor più semplice dello STEN Mk II, che all’epoca fece inorridire più di un compassato ufficiale di Sua Maestà per la sua rozzezza e semplicità di costruzione. Questo sentimento comunque non nasceva da semplici pregiudizi, ma dalla constatazione oggettiva del fatto che un’arma costruita con simili criteri non poteva assicurare un funzionamento regolare.
Per questo motivo la MP 3008 deve essere considerata un’arma di ripiego e non deve essere associata alle altre armi leggere tedesche della seconda guerra mondiale, poiché in genere le forze naziste ebbero armamenti all’avanguardia, sia come soluzioni tecniche adottate che come prestazioni generali.
La MP 3008, per quanto si sa, non fu comunque l’unica arma di ripiego prodotta dalla Germania negli ultimi mesi di guerra: nel campo delle pistole mitragliatrici, per esempio, la Erma produsse la EMP 44, caratterizzata da una interessante struttura tubolare che ne rendeva la produzione estremamente facile ed economica, mentre nel settore dei fucili d’assalto si ricorda il Gustloff Volkssturm Gewehr 1-5 in calibro 8 Kurz, prodotto in limitato quantitativo dalla Gustloffwerke di Sulh, e il prototipo Knorr Bremse calibro 7,92x57 mm, realizzati quasi interamente per stampaggio di lamiere. Nello stesso periodo in cui venivano prodotte queste armi di basso costo e di estrema semplicità l’industria tedesca non mancava però di studiare sofisticati prototipi, tra cui si ricorda il Mauser Gerat 06 che diede vita allo Sturmgewhr 45 (M), un fucile d’assalto con chiusura a rulli che fu completato troppo tardi per poter partecipare al conflitto e che, dopo la guerra, fu ulteriormente sviluppato dando il via alla fortunata famiglia di fucili d’assalto Cetme/Heckler & Koch.
Ma torniamo alla nostra MP 3008: abbiamo già visto come quest’arma sia molto simile allo STEN, ma è opportuno rilevare come i tedeschi abbiano cercato di rendere lo spartano progetto inglese ancora più economico: la lamiera usata per produrre la culatta, per esempio è meno spessa di quella usata nello STEN MkII e infatti il peso totale della MP 3008 è di circa 2,65 kg., circa tre etti in meno che il mitra britannico. Il calcio era di diversi tipi: nell’esemplare esaminato è in legno rozzamente sagomato, ma esistevano anche calci a stampella con o senza impugnatura a pistola e calci metallici simili a quelli inglesi. Il sistema di mira è molto semplice ed è costituito da una diottra e un grezzo mirino, ambedue non regolabili. Come sullo STEN l’arma ha un selettore di tiro posto davanti al grilletto, costituito da un bottone che quando sporge dal lato sinistro indica che l’arma spara a raffica (a destra l’arma tira in semiautomatico). La sicura è costituita da un intaglio presente sulla culatta nel quale va a incastrarsi la manetta d’armamento, lasciando però la finestra d’espulsione aperta e la molla di recupero compressa a fine corsa.
Le dimensioni della MP 3008 sono pressochè identiche a quelle dello STEN MKII: settantanove centimetri di lunghezza totale. La canna ha sei righe destrorse ed è lunga venti centimetri. Le MP 3008 costruite dalla Blohm und Voss di Amburgo avevano un sistema di aggancio della canna simile a quello dello STEN Mk II, mentre il caricatore (identico a quello della MP 38) era rivolto verso il basso. Come si può vedere non esistevano criteri precisi riguardo alla costruzione delle armi in questione, quindi è presumibile che la produzione di questi mitra fosse lasciata alla libera iniziativa delle diverse ditte.
Gli esemplari costruiti furono usati principalmente nella difesa di Berlino e questo fatto spiega la rarità in occidente di questo tipo di pistola mitragliatrice.
Riguardo alla finitura, era estremamente rozza, effettuata presumibilmente in officine scarsamente attrezzate. A parte la già citata semplicità strutturale derivata dallo STEN, negli esemplari tedeschi si nota una minor attenzione ai particolari, anche se, almeno per ciò che riguarda le MP 3008 prodotte da Blohm & Voss, si può notare una cura più attenta, almeno per quanto riguarda la finitura esterna. Il mitra in esame invece presenta una lavorazione rozza e approssimativa, con punti di saldatura chiaramente visibili. La verniciatura color verde dell’arma fotografata, appartenente alla collezione di Armando Piscetta, è stata apposta dopo il rinvenimento dell’arma, avvenuto durante lo sgombero delle macerie in un palazzo di Berlino negli anni Sessanta. In origine il metallo era brunito o fosfatato.
Per ciò che riguarda il sistema di montaggio della canna, che rinuncia alla possibilità di un suo smontaggio sul campo, si può azzardare l’ipotesi che, al contrario degli inglesi che necessitavano di un’arma facilmente occultabile per poterla utilizzare anche nelle operazioni clandestine, i tedeschi abbiano preferito semplificare le lavorazioni meccaniche per ridurre i costi di costruzione, rinunciando però al minore ingombro.
Lo smontaggio dell’arma risulta molto semplice e differisce in alcuni particolari da quello dello STEN, in quanto, come già visto, la canna è accoppiata alla carcassa in maniera sostanzialmente diversa.
Per prima cosa occorre procedere alla separazione del calcio dell’arma premendo in pulsante dell’alloggiamento del mollone di recupero sfilando verso il basso il calcio stesso. Premendo nuovamente il pulsante bisogna ora ruotare il tappo di chiusura verso sinistra fino a che si sganci consentendo di sfilare (oltre naturalmente il tappo stesso) l’alloggiamento della molla e la molla di recupero. A questo punto occorre portare la manetta di armamento in corrispondenza dell’intaglio di sicurezza presente sulla carcassa e sfilare la stessa dalla parte posteriore dell’arma (?). Per mettere a nudo i congegni interni occorre agire con decisione sul coperchio dei meccanismi di scatto posto davanti al ponticello. Per separare la canna occorre fare uscire la spina presente sul blocco di culatta, posta all’incirca in corrispondenza del mirino. Eseguita l’operazione con l’aiuto di un cacciaspine la canna si sfilerà senza sforzo dalla parte anteriore del fusto.

Conclusioni

Realizzata nel 1945, quando l’industria bellica tedesca era ormai ridotta al lumicino, la MP 3008 rappresenta uno dei tanti tentativi messi in atto nel Reich per produrre armi di basso costo e di estrema semplicità da utilizzare nel disperato tentativo di arginare l’avanzata alleata.
Prodotta in diverse migliaia di pezzi da diverse aziende sparse in tutta la Germania, la MP 3008 è una delle armi più interessanti della seconda guerra mondiale: derivata dallo STEN si rivelò ancora più rustica e semplice da realizzare, ma la sua introduzione non riuscì in alcun modo ad alleviare la disperata situazione delle forze armate tedesche.

Scheda tecnica

Fabbrica: Blohm und Voss, Mauser, Haenel, Geipel e altri
Modello: MP 3008
Tipo: pistola mitragliatrice
Funzionamento: a chiusura labile, tiro solo automatico
Calibro: 9 mm Parabellum
Peso: 2,95 Kg.
Lunghezza canna: 20 cm
Lunghezza totale: 75-80 cm a seconda del fabbricante. 79 nell’esemplare preso in esame
Calcio: in metallo a stampella o in legno
Organi di mira: mirino a lama e tacca a diottra, entrambe non regolabili
Capacità caricatore: 32 cartucce (utilizza quello per l’MP 38 MP 40)
Cadenza: 600 colpi/minuto
Periodo di produzione: fine 1944-1945
view post Posted: 16/8/2018, 16:37 Remington Mod.1914 8x50R Lebel - Armi da fuoco straniere
L'elenco e la tipologia delle armi sussidiarie impiegate nel corso dei conflitti per scarsità di ordinanze si allunga sempre e costituisce un argomento interessante di studio e di approfondimento. Grazie per il prezioso suggerimento e complimenti per la bella arma acquistata...a mio parere tutte le armi che hanno una storia un po' tortuosa, avventurosa acquistano un fascino e un interesse maggiore.
Un caro saluto giacomo
view post Posted: 16/8/2018, 16:25 Arma partigiana - Armi da fuoco italiane
Alcune considerazioni, probabilmente sbagliate come sempre quando si tira a indovinare. Per una pistola monocolpo stile Liberator l'impegno costruttivo è eccessivo e le dimensioni inappropriate. Il suggerimento che gli agenti dell'OSS davano insieme alla Liberator era di avvicinarsi il più possibile al bersaglio prima di fare fuoco...sfido con quel mozzicone di canna neppure rigata non era certo un'arma da cecchino...ma almeno era facile da occultare ....questa no!!
E..la butto li, se la molla di recupero fosse nella porzione inferiore del castello, quella posteriore al bocchettone alimentazione/impugnatura?.
Onestamente credo poco al divertissement...un'idea simpatica per passare il tempo in un tetro pomeriggio in tempo di occupazione? ..ma si dai facciamo una finta arma..mica che funziona!..ma abbastanza credibile che se gli unni ci beccano ci passano per le armi in un nanosecondo...
Il mistero, a mio avviso, resta fitto, come sempre in caso di armi partigiane di realizzazione artigianale...una seconda visita con una raccolta di informazioni il più esaustiva possibile..
...e se poi fosse davvero un divertissement...ma post bellico...una costruzione di fantasia...ma buttando un occhio qua e la e scoppiazzando da mitragliette (so che il termine farà impazzire kanister) più recenti per poi presentarlo come..."un raro ritrovamento di un'arma PARTIGIANALE"...vattela a pesca!!
Un caro saluto giacomo
view post Posted: 7/8/2018, 16:03 Arma partigiana - Armi da fuoco italiane
Carissimi amici..
ci voleva un vero boccone ghiottissimo per trarmi dal mio esilio...
Arma non solo interessante e innovativa, ma anche misteriosa....non si tratta di una evoluzione dell'Armaguerra OG 44 o ancor meno di una antesignana delle armi a otturatore coassiale e avvolgente la canna, giusto tipo Samopal 23-25 cechi, UZI o Beretta M12. Mi pare piuttosto uno spostamento in avanti del gruppo di scatto per utilizzare il bocchettone di alimentazione come impugnatura...ma lo spazio per consentire la presenza della molla manca, ribadendo il concetto che l'arma è di impianto tradizionale (otturatore posto dietro alla canna) e solo lo spostamento in avanti della catena di scatto la caratterizza. escluderei l'uso di una molla avvolgente a causa dell'organizzazione meccanica dell'arma...qualcosa non torna...
Come l'araba fenice Variara alcuni caratteri sono molto ben finiti, altri "very crude"...il tappo godronato della canna è di ottima fattura, la porzione inferiore del fusto che ospita il gruppo di scatto dell'arma ..una lamiera piegata alla meglio, anche se posteriormente pare avere un ritegno in cui inserire il complesso canna culatta...
Insomma un nuovo...piacevole rompicapo.
Alcune osservazioni il gruppo di scatto avanzato era gia stato applicato sul Patchet e il caricatore infilato nell'impugnatura non è esclusiva degli Vzor 23, basti pensare ai britannici MCEM-2, anche se certamente lo Vzor 23 ha cristallizato uno schema vincente ampiamente emulato e resta comunque il primo mitra con tali innovative caratteristiche fabbricato e distribuito in numeri cospicui.
Un caro saluto giacomo
view post Posted: 9/2/2018, 13:56 Alle origini della Radom Vis - Armi da fuoco straniere
Peccato ....ma davvero aborriva le Beretta!!!! mi pare impossibile che tu abbia simpatizzato con lui....obbiettivamente l'articolo del Giualfi era ben costruito e interessante...ma..un po' ho imparato da te a cercare il ragno nel buco..e sta storia delle Ruby mi convince poco..anche se sostenuta dal critico di Forgotten Weapons..nelle sue mani passa roba da farci venire febbre e deliquio per settimane....

Al prossimo risveglio...giacomo

Per GiovanniOreste...non c'è gran che da imparare da me...comunque fa piacere sentirlo dire


Un caro saluto....giacomo
view post Posted: 8/2/2018, 23:41 Alle origini della Radom Vis - Armi da fuoco straniere
In effetti hai ragione Gian i miei risvegli sono rari e tardivi, sento che l'autore era membro del forum, peccato davvero mi sarebbe piaciuto sapere in presa diretta se era davvero convinto della primogenitura della Ruby come arma dotata dello sprone inferiore alla camera di cartuccia...perchè non mi convince il ragionamento che dato che in Polonia le Ruby erano ben diffuse doveva per forza essere noto un sistema quasi sperimentale applicato ad un'arma prodotta in poche centinaia di pezzi. Al termine della guerra, della Grande Guerra, i francesi avevano cercato di rimediare un po' di soldi vendendo le eccedenze delle pistole tipo Eibar, comunemente soprannominate Ruby, e ovviamente avevano cercato di dare via quelle più mal messe e prodotte da ditte meno conosciute...gli acquirenti erano di bocca buona..e buono era il prezzo e...se ci si doveva armare un esercito appena costituito le Ruby erano l'ideale. Finlandesi, Polacchi, Yugoslavi, Rumeni ed altri ancora si dotarono di queste discutibili pistole, tutti decisi a scaricarle appena possibile. Quando dopo la vittoria contro l'URSS la Polonia sotto Piłsudski cercò di creare un forte esercito andò a cercare il meglio come i FN Browning BAR wz 28, gli ottimi fucili Mauser, nell'attesa di dotarsi di una pistola adeguata vennero prodotte a Radom revolver Nagant detti Ng 30 fabbricati con i macchinari dismessi acquistati dai belgi.
Non credo che avrebbero guardato alla Spagna come fonte d'ispirazione, ma piuttosto al Belgio con cui esistevano saldi vincoli commerciali con la FN.

Ma tutto sommato è interessante osservare anche questo lato oscuro delle armi, le copie, lo spionaggio industriale, il furto di brevetti...insomma nel mondo delle armi non si finisce mai di inciampare in qualcosa di nuovo anche parlando di queste arzille vecchiette come sottolinea GiovanniOreste

Ciao amici...e perdonatemi i miei risvegli...giacomo
view post Posted: 7/2/2018, 18:04 Alle origini della Radom Vis - Armi da fuoco straniere
Leggendo un articolo di Armi e Tiro del 2014 dedicato alla Radom VIS 35, una delle mie preferite, ho trovato con stupore che l'autore Giuliano Alfinito poneva in rapporto il sistema di disconnessione della canna dal carrello della pistola polacca non con l'ispirazione della FN 35 ma con una oscura e, a me sconosciuta, Ruby 45 prodotta in poche centinaia di esemplari dalla Gabilondo....Riportiamo il brano citato...

Giuliano Alfinito

"......Negli anni Venti del Novecento, la Gabilondo
y Cia, produttrice delle note pistole Ruby in
calibro 7,65, aveva iniziato a produrre una pistola in
calibro .45. Anche questa fu commercializzata con il
nome Ruby e posta nel catalogo della Ditta, pubblicato
probabilmente nel 1927, al numero 25. L’arma
fu anche commercializzata (ma non fabbricata) da
Ignacio Ugartechea col nome di “Inaki” (Ignazio, in
lingua basca). Questa pistola, ovviamente, era dotata
di un meccanismo di chiusura stabile della canna,
cioè a corto rinculo. Pur derivando da quello adoperato
per la Colt 1911, quello spagnolo era stato mol-
to semplificato. Infatti, pur conservando i due semianelli
al di sopra della canna, la bielletta era stata
sostituita con un piedino “a scivolo” che faceva sì che
la canna stessa si svincolasse dal carrello otturatore,
spinta e costretta verso il basso, allo sparo.
Il nuovo sistema era più solido e semplice da realizzare
rispetto a quello a bielleta e la parte posteriore
del piedino fungeva anche da rampa di invito per la
cartuccia, migliorando il cinematismo della ricarica
e del rinculo dell’arma in cui fu adottato. Quest’arma
doveva essere conosciuta in Polonia. Infatti, presso
le forze armate di Varsavia erano molto diffuse le
Pistole Ruby in calibro 7,65 Browning, ove venivano
commercializzate con il nome di Pistolet Cebra, almeno
dal 1922. Infatti vi è un libretto di Istruzioni
per quest’arma, datato 1922, redatto dal capitano
Kazimier Klochowicz ed edito dal “Wojskowy iinstytut
wydawniczy” (Istituto di editoria militare).
Perciò può affermarsi con una certa sicurezza che
anche la Ruby in calibro .45 era nota ai progettisti
della Wz35........."

Ruby 45 mai sentita!! cerca cerca...e si....ne trovo traccia su Forgotten Weapons, su "Evolución del arma corta en España" di Gil Gil Borrallo e sull'Atlante storico delle armi corte
di Edoardo Mori (37-38 Ruby, Gabilondo y Urresti, Elgoeibar, cal. 45 ACP)
arma di nicchia..neanche mille esemplari prodotti..materiali cosi cosi...ma con il diavolo di appendice sotto la canna...che l'abbiano inventato gli spagnoli..che siano loro ad aver ispirato la Radom Vis.
A rivedere i vecchi libri lo sperone inferiore alla canna era già presente nel prototipo presentato nel 1922 dalla FN per accontentare le specifiche ambiziose dello Stato Maggiore francese...dunque...dal 1922 il sistema era noto in quanto presentato in pubblico e descritto in un brevetto...beh conoscendo la fama di copioni che all'epoca avevano gli spagnoli è legittimo il sospetto che sulla Ruby sia stata applicata, nell'ottica della semplificazione, lo sprone al posto della bielletta copiandolo e mutuandolo dal brevetto Browning..
Comunque...come sempre...negli angoli della storia delle armi continuano a spuntare nuovi modelli rari e oscuri...ma per certi versi interessanti.
Magari sapevate già tutto questo e ho solo annoiato...scusatemene..o magari no..
Una Ruby in 45...io proprio non ne sapevo nulla...e voi?

un saluto giacomo

Dimenticavo il link del filmato sulla Ruby

www.forgottenweapons.com/early-ruby-45-acp-pistol/
view post Posted: 29/1/2018, 16:52 Ditemi voi cosa ne pensate. - LE FORMAZIONI PARTIGIANE
Beh direi che " de hoc satis"...quel che mi viene da dire è come si può riferirsi a fatti e situazioni reali con una storia precisa e una scansione temporale definita e poi alterarle nella propria storia....a che pro...per far risultare...che? Superficialità...pressapochismo...boh..
Comunque il tuo modo di esaminare uno scritto ha smascherato un cialtrone...leggendo con leggerezza si poteva prendere tutto per oro colato....si ritorna al concetto della verifica delle fonti..sempre più millantatori in rete..

Un saluto.....giacomo
1542 replies since 16/8/2009