Posts written by lancieri novara 5

view post Posted: 24/8/2021, 17:00 Cos'è questo fuciletto? - Armi da fuoco straniere
Sono d'accordo con entrambe....a parità di calibro perchè scegliere un'arma priva di ottica e nata per il fuoco di saturazione...e con meccanica a presa di gas...misteri del cinema appunto

un caro saluto giacomo
view post Posted: 21/8/2021, 10:27 Cos'è questo fuciletto? - Armi da fuoco straniere
Bene stecol ha brillantemente risolto il problema DShK modificate in Ucraina.
All my best giacomo
view post Posted: 20/8/2021, 15:29 Cos'è questo fuciletto? - Armi da fuoco straniere
Avendo avuto una DShK tra le braccia....letteralmente non mi pare di poter condividere la tua certezza.
La canna pare essere quella di una DShk, come già rilevato nel post precedente, ma molte altre cose non tornano. Il bipiede appare rozzo e di notevoli dimensioni, forse artigianale, l'arma è notevolmente più lunga di una DShK. l'impugnatura rozza e apparentemente artigianale come il calciolo potrebbero essere stati montati sul fusto insieme ad un solenoide per sopperire alla normale impugnatura a due maniglie.... tutto ha un'aria come dire..artigianale. Avevo avanzato l'ipotesi di un modello sperimentale di Kord, ma potrebbe più semplicemente essere un rozzo tentativo di imitarla messo in atto da qualche bottega artigiana di Peshawar o dintorni assemblando pezzi vari. Dubito che l'arma potesse funzionare in modalità automatica tenendo presente che la DShk ha un rinculo molto pesante ed è montata su un affusto di notevole peso e robustezza. Magari recuperando un pezzo quì e uno li hanno realizzatto un fucilone da sniper pesante (come indicherebbe l'ottica). Non credo avrebbero sacrificato una duschka sana visto che era piuttosto preziosa come arma antiaerea...molto efficacie sugli elicotteri.
Un caro saluto giacomo

Aula_EOD_

view post Posted: 18/8/2021, 16:19 Cos'è questo fuciletto? - Armi da fuoco straniere
Anche se alcuni particolari non combaciano del tutto direi una mitragliatrice pesante/arma da cecchinaggio di grosso calibro Kord russa da 12,7.
L'arma realizzata da A. Namitulin, N. M. Obidin, Yu. M. Bogdanov e V. I. Zhirokhin a Kovrov nel 1998 presenta alcune peculiarità tra cui il movimento dell'otturatore che avviene in modo trasversale consentendo l'impiego, nella versione 6P50-1 da parte della fanteria essendo dotata di bipiede.
I punti che non mi convincono sono la canna che appare circondata da anelli di raffreddamento mentre sulla versione in uso è dotata di leva per il cambio rapido. L'impugnatura mostra una leva al posto del grilletto...forse un particolare grilletto per tiro invernale con guanti pesanti.
Anche il calcio mostra qualche differenza. potrebbe trattarsi di un modello sperimentale o di inizio produzione.
Ovviamente questa è solo la mia modesta opinione, magari sbagliata
Un caro saluto Giacomo.1516326283_kord
view post Posted: 5/8/2021, 09:17 che arma è? - Armi da fuoco straniere
Spero di dare un contributo alla conoscenza di questa fondamentale arma. Kanister ha già detto le cose essenziali. Ho trovato un vecchio articolo tradotto da me dall'inglese, se può far piacere lo aggiungo. Come diceva giustamente Kanister e come si capisce bene dall'articolo l'MP 18 costituì una scelta tecnica e strategica ben precisa i cui canoni d'impiego erano ben chiari fin dalla progettazione. Il nostro vantato primato in realtà non esiste. La Villar Perosa nacque come una sorta di mitragliatore più leggero per l'aeronautica e con lo scudo per le truppe. In entrambe i ruoli fallì e solo 'intuizione di smontare l'arma binata in unità singole e montarle su un calcio da carabina fece imboccare la strada che porterà alle eccellenti realizzazioni italiane. Devo aggiungere che molto recentemente ho avuto modo di avere tra le mani una Villar Perosa recuperata sulla Presena. Benchè priva di scudo e mangiata dalla ruggine pesava ancora un botto..Altro che arma d'assalto.
Spero vi interessi l'articolo e possiate perdonare eventuali errori di traduzione
Un caro saluto Giacomo

Maschinen Pistole MP 18.I Bergmann

La vita nelle anguste, fredde, umide e maleodoranti trincee del fronte occidentale durante la Grande Guerra era realmente molto difficile. I combattimenti a distanza ravvicinata rappresentavano un’esperienza da incubo, in spazi ristretti si aggiravano masse di combattenti abbruttiti, votati alla reciproca distruzione; le loro armi preferite erano pistole, bombe a mano, baionette e attrezzi di scavo. I fucili a ripetizione manuale, con la loro lunghezza di 110 – 125 cm, e la relativa lentezza di fuoco erano spesso più di peso che d’utilità: troppo ingombranti e troppo lunghi. Non si poteva neppure far di conto sulle mitragliatrici del tempo (Lewis e Chauchat escluse) pesanti e difficilmente trasportabili, per fornire il necessario supporto di fuoco mobile nella situazione tattica, estremamente fluida e mobile, dell’assalto alla trincea nemica. Si sentiva il bisogno di un’arma leggera, trasportata e servita da un singolo combattente, in grado di fornire la necessaria potenza di fuoco. La soluzione americana a questo dilemma fu rappresentata dall’impiego dei fucili a munizione spezzata Winchester Modello 97 e modello 12. La soluzione germanica fu più radicale.

Sviluppo dell’arma

Nel 1915 La Commissione Prova Armi a Spandau identificò le specifiche per una nuova arma da utilizzare nelle particolari condizioni del combattimento ravvicinato, come avveniva nella guerra di trincea. Doveva trattarsi di un’arma individuale, di peso non eccessivo e in grado di sparare a raffica, finalizzata al combattimento su distanza ravvicinate non superiori a 200 metri, quanto più possibile semplice da costruire e calibrata per impiegare la cartuccia da 9 mm Parabellum. All’inizio, la Commissione aveva pensato di convertire le pistole semiautomatiche in uso, la Luger Artiglieria e la Mauser C96, in armi a raffica. Le due armi erano dotate di canne piuttosto lunghe (20 cm la Luger), di calciolo inserito nell’impugnatura e di caricatori abbastanza capaci (la Luger poteva montare il caricatore da 32 colpi “trommel magazine” ). Peraltro il meccanismo di queste semiautomatiche era poco adatto al tormento meccanico del funzionamento a raffica, senza considerare il fango e la sporcizia tipici della trincea. Inoltre la cadenza di tiro era troppo elevata in relazione al peso delle armi prese in esame rendendo molto difficile, per non dire impossibile, mantenere la mira sul bersaglio sparando a raffica. Basandosi su queste esperienze, la Commissione ritenne che fosse necessario un tipo d’arma completamente nuovo. Due progettisti, Andreas Schwarzlose a Berlino e Hugo Schmeisser a Suhl impegnarono il loro talento nello sviluppo della nuova arma. Il prototipo di Schmeisser, appoggiato dalla Waffenfabrik Theodor Bergmann, presso cui il disegnatore lavorava, fu scelto dalla Commissione nel 1918. L’arma venne chiamata Maschinenpistole MP 18/I. Non risulta sia mai esistita una MP 18, non c’è una chiara spiegazione circa la cifra I che segue la denominazione.
Esistono prove che prototipi dell’MP 18 furono testati al fronte fin dal 1916 (un rapporto britannico circa l’interrogatorio di un prigioniero fornisce la descrizione di un’arma che può solo essere una MP 18, o meglio un suo prototipo) anche se la produzione di serie iniziò tra la fine del 1917 e i primi del 1918, quando il Ministero della Guerra ordinò 50.000 MP 18.I, da realizzarsi presso la Waffenfabrik Theodor Bergmann. Nei piani del ministero vi era di inserire in ogni compagnia di fanteria sei sezioni di pistole mitragliatrici, ogni sezione era formata da un tiratore che trasportava l’arma e da alcuni militari addetti al trasporto delle munizioni costituite da una dotazione di base di 2500 colpi, costituta sia da caricatori già riempiti che da scatole di cartucce di riserva.
Alla data dell’11 novembre 1918, Giorno dell’Armistizio, poco meno di 3000 MP 18.I (alcuni autori sostengono un numero superiore attorno ai 10.000 pezzi) erano entrate in servizio con i reparti di prima linea, ciò nonostante l’efficacia dell’arma impressionò notevolmente gli Alleati, che inclusero tra le clausole armistiziali il divieto, per la Germania, di fabbricare e sviluppare nuovi modelli di pistola mitragliatrice. La Waffenfabrik Bergmann continuò comunque la produzione dell’ama fino al 1920, in violazione del divieto per un totale di 35.000 – 40.000 pezzi. Dopo la cessazione della produzione la Waffenfabrik Bergmann cedette la licenza di fabbricazione ad una azienda svizzera, la SIG (Schweitzerische Industrie-Gesellschaft), di Neuhausen. La MP 18.I continuò, a partire dal 1920, ad essere prodotta in quantità rilevanti dalla SIG per conto di numerosi acquirenti stranieri, tra cui la Cina, il Giappone e la Finlandia. Con numerosi espedienti, come la produzione o lo sviluppo di nuovi modelli presso aziende straniere, i tecnici tedeschi si mantennero all’avanguardia nella tecnologia e nello sviluppo delle pistole mitragliatrici, primato che mantennero fino alla Seconda Guerra Mondiale.

Esame dell’arma

La MP 18.1 iniziò a tracciare quel cammino di semplificazione delle armi, che avrebbe trovato durante la Seconda Guerra Mondiale le applicazioni più estreme; l’arma, calcolando anche il caricatore (ma escludendo le viti), contava soltanto 34 pezzi. In linea con la produzione d’armi dell’epoca era realizzata in modo eccellente, con accurate lavorazioni per fresatura dal pieno; il livello di lavorazione e finitura era paragonabile ad armi commerciali. Il mezzo calcio in noce riprende la forma della calciatura del Gewehr 98 e serve da supporto alla parte posteriore della culatta cilindrica. La parte anteriore è bucherellata, agendo così da camicia di ventilazione della canna e impedendo alla mano di venire a contatto con la stessa, quando arroventata dal tiro. Dietro alla camiciatura della canna (circa a metà del tubo di culatta), troviamo il bocchettone del caricatore, che consente l’inserimento ed il fissaggio del serbatoio, sul lato sinistro; sul lato opposto troviamo la finestra per l’eiezione dei bossoli esplosi.
L’otturatore, il cui peso si aggira sui 700 grammi, si muove nella culatta, dietro alla canna di 195 mm, circondata dalla camicia di raffreddamento bucherellata.
Sull’otturatore è montato l’estrattore, caricato a molla, e una appendice ricurva, che funge da manetta d’armamento, che scorre in una fessura posta sul lato destro della culatta, la manetta segue l’otturatore nel suo moto. La fessura in cui scorre la manetta d’armamento presenta, nella sua porzione posteriore, un intaglio in cui si può inserire la manetta stessa per bloccare l’otturatore (tale blocco funge da sicurezza ausiliaria). La molla di recupero è inserita anteriormente nella estensione posteriore, cava, del percussore ed è avvolta su un’asticella fissata al tappo di culatta, che funge da guidamolla. Il percussore con la sua porzione posteriore cava era inserita nell’otturatore, cui trasmetteva il moto anterogrado della molla di recupero. L’espulsore è fissato solidamente nella parte interna della culatta e scorre in un’apposita fessura dell’otturatore attraverso la quale arriva a colpire il bossolo spento trattenuto dall’estrattore, proiettandolo fuori dall’arma.
Sul lato sinistro della culatta, dietro il bocchettone del caricatore, troviamo la sicura ordinaria costituita da un dispositivo analogo a quello presente sui fucili modello 1898.
I congegni di mira sono costituiti da un alzo a fogliette, tarate per il tiro a 100 e 200 metri, montato su uno zoccolo solidale con la culatta e un mirino posto anteriormente sulla camicia bucherellata della canna.
Il gruppo di scatto è fissato all’interno del calcio, la culatta bascula facendo perno con un apposito aggancio posto nella porzione anteriore della calciatura. La culatta è mantenuta solidamente unita alla calciatura da un pulsante di blocco a molla, premendo questo pezzo si libera la culatta che può quindi basculare in avanti; il tappo di culatta può a tal punto essere svitato liberando il complesso molla di recupero, percussore e otturatore. A tal punto si è effettuato lo smontaggio da campagna. Lo smontaggio della canna è più complesso e richiede un attrezzo da inserire nel disco forato che circonda la volata, agendo su tale attrezzo è possibile svitare la canna dalla camicia bucherellata.
Il peso dell’arma, priva di caricatore, è piuttosto rilevante: 4180 gr, ma è il prezzo da pagare alla realizzazione di un’arma massiccia e robusta.
Nella prima versione messa in campo, la MP 18.I, era equipaggiata con un caricatore a ”chiocciola” da 32 colpi, del modello realizzato da Tatarek e Von Benko per l’impiego sulla Luger Artiglieria, che era inserito in un bocchettone particolare il quale presentava un angolo posteriore di circa sessanta gradi al fine di assicurare la presentazione della cartuccia all’otturatore con un angolo di alimentazione ottimale.
La produzione postbellica della MP 18.I impiegò un caricatore prismatico disegnato da Schmeisser, capace di 20 colpi e con presentazione alternata del proiettile; le armi vennero di conseguenza modificate con la sostituzione del bocchettone d’alimentazione, non più angolato e con una bocca più larga. I caricatori da 20 colpi e i bocchettoni relativi erano prodotti dalla G.C.Haenel di Suhl. E’ interessante notare che Hugo Schmeisser aveva originariamente disegnato la MP 18.I per essere utilizzata con caricatori prismatici a presentazione alternata; modificò il disegno originale per adattare l’arma all’impiego dei caricatori a “chiocciola” in seguito alle pressioni della Commissione di Prova che si era intestardita sull’impiego di questo complesso e tutt’altro che pratico dispositivo.

Funzionamento

La MP 18.I, spara ad otturatore aperto il che significa che prima di sparare l’otturatore è fissato nella posizione arretrata dal dente di scatto, contro la spinta della molla di recupero. Quando il grilletto viene premuto il dente di scatto libera l’otturatore che viene spinto in avanti dalla forza della molla di recupero. La punta del percussore è spinta fuori della faccia anteriore dell’otturatore. Nella sua corsa in avanti l’otturatore sfila la prima cartuccia dal caricatore e la spinge nella camera di scoppio; a chiusura della camera assicurata il percussore percuote l’innesco determinando la detonazione della carica di lancio.
L’espansione dei gas di scoppio determina contemporaneamente la progressione del proiettile lungo la canna e la spinta all’indietro dell’otturatore, contro la resistenza della molla di recupero. La differenza di massa tra proiettile e otturatore fa si che l’otturatore muova più lentamente del proiettile tanto che quando quest’ultimo ha abbandonato la canna l’otturatore non ha ancora estratto il bossolo dalla camera di cartuccia. L’otturatore procede nella sua corsa retrograda estraendo ed espellendo il bossolo spento sulla destra, attraverso la finestra d’espulsione, fino a raggiungere il punto più arretrato della sua corsa. A questo punto, se il grilletto rimane premuto, l’otturatore muove in avanti sotto la spinta della molla di recupero, rinnovando il ciclo di fuoco. Non esistono dispositivi per il fuoco semiautomatico.

Conclusioni

Sebbene, sotto il profilo strettamente tecnico, la MP 18 non sia stata in assoluto la prima pistola mitragliatrice essendo stata preceduta dalla italiana Villar Perosa modello 1915 in calibro 9 mm Glisenti, resta certamente la prima arma di questo tipo nella moderna concezione del termine. L’arma italiana era infatti formata da una coppia di pistole mitragliatrici strutturalmente unite e dotate di un pesante scudo di protezione, il tutto a palese detrimento di leggerezza, maneggevolezza e mobilità. Solo in seguito a successive esperienze, anche condotte dal nemico con esemplari di Villar Perosa catturate, si arrivò al Beretta Modello 1918 costituito da un’arma singola, montata su una calciatura da moschetto e rispondente alle caratteristiche tipiche della pistola mitragliatrice.
La Mp 18.I prestò servizio nelle fasi finali della Grande Guerra, ed in particolare all’offensiva chiamata Kaiserschlacht. Dopo la fine della guerra l’arma restò in dotazione solo alle forze di polizia tedesca, in ossequio alle clausole armistiziali.
Pare che alcune armi siano state impiegate anche nella Seconda Guerra Mondiale, in particolare da parte delle Waffen SS che spesso erano armate con armi di seconda linea o catturate al nemico.
La MP 18.I ha rappresentato l’inizio di una nuova era sia tecnologica che tattica, all’epoca della sua introduzione rappresentava il massimo della tecnica armiera. Lo schema di base dell’arma è rimasto in uso per oltre 70 anni.

Dati tecnici

Funzionamento: a massa battente, con ciclo di fuoco che inizia ad otturatore aperto
Calibro: 9 mm. Parabellum
Lunghezza: 832 mm.
Lunghezza canna: 200 mm.
Rigatura: 6 righe destrorse
Peso a vuoto: 4.180 gr.
Organi di mira: mirino a lama sul copricanna, alzo a fogliette tarate a 100 e 200 metri
Caricatore: 32 colpi con “trommel magazine”. Dopo la guerra caricatore prismatico da 20 colpi
Cadenza di tiro: 500 colpi/minuto
Velocità iniziale: 380 m/s
view post Posted: 21/7/2021, 16:20 mitra cinese (in mani gentili) - Armi da fuoco straniere
La forma del caricatore è forse l'ultima eredità dei primi mitra in uso nel PLA (l'esercito cinese).
In origine, oltre ad armi straniere acquisite durante la guerra contro i nazionalisti, vi erano i mitra russi della II GM vale a dire il PPSh 41 e il PPS 43, da molti ritenuto il miglior mitra al mondo. Quando l'industria cinese riuscì ad autonomizzarsi vennero realizzate delle copie di entrambe i modelli, in particolare il PPS 43 venne prodotto in grandi numeri e distribuito anche a "paesi fratelli" come Vietnam e Albania, per citarne due. La lavorazione era cruda e priva di qualsiasi attenzione per la finitura, l'unico requisito richiesto era il funzionamento...nulla più.
Ho avuto tra le mani e ho sparato, durante il mio turno di servizio in Kosovo, con uno di questi mitra privi di qualsiasi dote tolta l'efficienza. Per sparare bisognava usare i guanti per la scabra superficie e il riscaldamento dell'arma.

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Negli anni '60, per l'impiego da parte delle forze speciali, venne realizzato un mitra silenziato il Type 54 che mostra analogie con il Kalashnikov. Dotato di una versione subsonica delle cartucce 7,62 x 25 venne impiegato dai reparti esploranti nella guerra sino vietnamita.

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Il primo progetto autoctono di pistola mitragliatrice fu il Type 79 che dopo la produzione di 200.000 esemplari (una inezia per le dimensioni delle armate cinesi) venne passato alla polizia in quanto ritenuto operativamente poco valido, con una cadenza di fuoco eccessiva e una scarsa affidabilità.

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progettato tra il 1980 e il 1982 il Type 85 risulta essere un mitra a massa di disegno lineare..senza lode e senza infamia...lo vediamo in mani altrettanto gentili...ma decisamente pericolose.

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Proiettati in un potente piano di riarmo le forze cinesi si sono lanciate nella progettazione del mitra bull pup di cui si allegano alcune immagini

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Non lo conosco e non l'ho mai toccato neppure con una canna...ma non mi convince...che senso ha sobbarcarsi tutti i fastidi di un bull pup quando l'otturatore coassiale o superiore alla canna raggiunge lo stesso obbiettivo con un disegno più lineare e sensato. Forse è per montarci sopra il silenziatore a cui pare che i cinesi siano molto affezionati.
Di fatto, come che sia, non è un'arma che mi convinca, ancorchè in mani gentili...Un'esercito così imponente, per non citare la Marina e l'Aviazione, mettono paura...ma le pistole mitragliatrici le lasciassero fare a noi e ai tedeschi che è dal 1918 che facciamo esperienza in materia.

Un saluto a tutti giacomo
view post Posted: 5/7/2021, 12:45 Nave Ospedale ARNO - I Mezzi di supeficie e subacquei
Le vicende delle navi ospedale sono da tempo il mio orticello, se hai materiale sulla Pò sarà ben accetto per lavorare su altri testi che ho in testa.
GRAZIE

giacomo
view post Posted: 5/7/2021, 10:07 Nave Ospedale ARNO - I Mezzi di supeficie e subacquei
Tanto tuonò finchè non piovve....

Ieri è stato pubblicato su Amazon il mio libro "Storia di una nave bianca" frutto di tanti anni di ricerche e dell'aiuto di tanti amici. E' proprio a quanti hanno collaborato alla realizzazione di questo libro e all'Ammiraglio Martines che ne ha scritto l'introduzione che dedico la gioia che provo in questi momenti.

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Citando la conclusione dell'Ammiraglio Martines: "....Un mondo quindi poco esplorato che l'Autore fa riemergere con puntualità storica denso di avventure narrate con stile piacevole e coinvolgente che sembrano romanzi ma sono assolutamente vere. Un volume che appassionerà certamente il lettore anche perchè attraverso gli episodi narrati vengono sottolineati gli aspetti e le azioni più nobili dell'animo umano."

Il libro è in vendita su Amazon sia in formato cartaceo che kindle.

Un caro saluto giacomo
view post Posted: 22/4/2021, 15:59 Cacciatorpediniere Manin - I Mezzi di supeficie e subacquei
Ti mando alcune belle immagini del caccia Manin. Una è una cartolina da me acquistata a suo tempo e due molto interessanti della nave in corso di allestimento prese all'Ufficio Storico.

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Il Manin in Navigazione

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Il Manin in allestimento ai Cantieri del Quarnaro
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Per quanto riguarda le vicende in AOI nella fase di conquista l'impegno fu di semplice scorta in assenza di una marina Etiope, solo la Royal Navy se avesse voluto poteva mettere a rischio i nostri convogli, anzi, chiudendo il rubinetto di Suez, avrebbe potuto del tutto fermare la nostra offensiva.
Nella II GM il Manin era nel Mar Rosso dove faceva parte della III Squadriglia Cacciatorpediniere con base a Massaua, insieme ai gemelli Sauro, Battisti e Nullo.
Alla caduta dell'AOI i caccia non avendo autonomia sofficiente per tentare di raggiungere un porto neutrale vennero riuniti per un'azione di offensiva nei confronti di Suez e Porto Said.
Le cose si misero male per il predominio dell'aria da parte britannica, il Manin (al comando del capitano di fregata Araldo Fadin), riuscì, manovrando ad alta velocità e difendendosi strenuamente con le proprie mitragliere a respingere i primi attacchi, ma poi venne colpito. La epopea degli scampati al naufragio viene descritta in un ottimo libro che vale la pena comprare:
Ultima missione in mar Rosso. L'odissea dei naufraghi della lancia IA 463
di Fabio Gnetti
Le vicende più nel dettaglio le trovi in rete. Oppure acquistando l'ottimo libro I cacciatorpediniere dell'USMM.
Ciao giacomo
view post Posted: 2/4/2021, 10:51 Marinai e personale sanitario IMI - Prigionieri di guerra e Internati militari italiani
Cari Amici,
alcuni di voi sanno che da parecchio tempo il mio interesse si è riversato massicciamente sulle navi ospedale.
Sarei interessato ad informazioni, immagini, suggerimenti di testi relativi al destino del personale imbarcato sulle navi ospedale. Leggendo il libro SORELLA della Antonia Setti Carraro
si apprende della deportazione del personale, crocerossine compresi verso i campi di internamento. Un altro libro Il tempo di Zeithain (1943-1944). Diario di una crocerossina internata volontaria in un lager-lazzaretto nazista di M. Vittoria Zeme conferma e rafforza tale tesi. una intervista rilasciata da Sorella Cibrario, già imbarcata su nave Aquileia riferisce che le crocerossine furono lasciate libero di abbandonare la nave e di raggiungere casa. E' evidente che trattamenti difformi nascono dal caos di quei giorni...è proprio per questo che chiedo aiuto agli esperti del forum per avere notizie del destino del personale delle navi ospedale.
Ringraziando di cuore

giacomo
view post Posted: 14/12/2020, 13:31 Uso del ' 91 da parte tedesca - Armi da fuoco italiane
CITAZIONE
... a fine guerra non buttavano via niente...

Direi che i tedeschi hanno sempre sfruttato al massimo le armi catturate al nemico, le fabbriche straniere, gli acquisti in Spagna, certo nella fase finale della guerra tale tendenza è stata esasperata ed affiancata alla costruzione di rustiche ed economiche armi caratterizzate da semplicità di realizzazione, basso costo e minimo impiego di materiali strategici. Noi, certo più malmessi come industria bellica, accantonammo nei magazzini le armi catturate ai nemici sconfitti, o meglio sconfitti dai tedeschi per conto nostro. I fucili e le mitragliatrici greche, i mitra e i fucili mitragliatori francesi e jugoslavi furono riesumati dai partigiani nei depositi del RE e della MVSN ...e dire che le armi automatiche difettavano e non erano di eccelsa qualità.
Nessuno sforzo venne realizzato per adattare armi ai calibri nostrani...o realizzare munizioni nelle nostre fabbriche per armi di cui avremmo avuto bisogno come il pane tipo il MAS 38. Armi automatiche come gli ZB 30J yugoslavi e gli Chatellerault 24/29 valevano un po' di studio e un po' di sforzo di adattamento....forse ci voleva un commissario .....

Un caro saluto giacomo
view post Posted: 13/12/2020, 15:50 Uso del ' 91 da parte tedesca - Armi da fuoco italiane

Attentato_Via_Rasella



La foto cui si riferisce Roberto Gregni

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La Osprey ha preso la foto del poliziotto della Bozen come soggetto per uno dei suoi mitici bozzetti. Esistono anche parecchie foto del Bundesarchiv che mostrano i concitati momenti del rastrellamento successivo all'attentato. Le immagini mostrano numerosi poliziotti della Bozen con armi italiane...nella foto sottostante oltre a parecchie armi ripo '91 è anche visibile un revolver Modello 1889 impugnato da un germanico inquadrato di spalle.

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Le armi '91 sono in calibro originale. Come correttamente afferma Kanister e Maistrak. Come descritto da Pettinelli nel suo eccellente articolo su Armi e Tiro le trasformazioni sono più tarde rispetto alla data di Via Rasella. Inoltre le armi adattate al calibro germanico porteranno sotto la camera di cartuccia un traversino metallico volto a irrobustire la struttura in ordine all'impiego della potente cartuccia 8x57.
Peraltro mitra e pistole italiane furono oggetto di precoci cupidigie da parte dei germanici lasciando i 91 a milizie territoriali e Volksturm come armi di emergenza.

Un caro saluto giacomo
view post Posted: 12/10/2020, 15:44 LA GATTINA DI FINO - Armi da fuoco straniere
Due armi militari non finissime, ma apprezzabili...direi due pistole militari, forse da cavalleria, fine '700...primi '800, convertite da pietra focaia a luminello...la butto lì non sono certo un espertone in materia...mi baso sulla piastra che mostra i fori per il meccanismo ad acciarino.
Un caro saluto giacomo
view post Posted: 22/7/2020, 18:19 A caval donato..... - Le Pistole Beretta
A mio avviso l'arma non è messa malissimo. Sono d'accordo con kanister che presenta camolature e che è stata selvaggiamente spazzolata. Ma non si tratta di un pezzo da buttare via. Canna e caricatore sono stati sostituiti e la canna é buona. Senza spendere tanti soldi in un lavoro da professionisti...vanificato dalle camolature...potrebbe valere la pena di dare una passata di carta telata a grana finissima...rimuovere con liquido antiruggine e benzina i residui di grasso e ruggine e applicare qualche mano di brunitore a freddo. Personalmente ho trovato molto buono il Parma Blue della Birchwood Carey. Con una cifra molto modesta e un po' di impegno si potrà ridare dignità ad un'arma dalla storia importante ed evitare l'odioso effetto dual tone che tanto piace agli yankee ma che a me fa lo stesso effetto della corazzata Potiomkin a Fracchia.
Un caro saluto.....giacomo
1542 replies since 16/8/2009