Riporto parte della relazione...
I lanci di materiali: armi e munizioni - esplosivi – incendiari I lanci del materiale venivano solitamente effettuati di notte, con i quadrimotori del tipo «Halifax», la cui base si trovava a Brindisi. Gli equipaggi di questi aerei, tutti volontari, in gran parte sottufficiali, compivano il loro pericolosissimo compito in condizioni spesso proibitive: ai pericoli del volo notturno si aggiungevano quelli del superamento a grande altezza (con relativi problemi di temperature rigidissime) della zona della linea Gotica, nei pressi della quale la caccia notturna specializzata tedesca e la contraerea erano particolarmente attive; successivamente, nella zona dei lanci, quasi sempre situata in località montane sorvegliate dal nemico, le difficoltà inerenti alle manovre per centrare, con la massima precisione, il campo di lancio. Quasi non bastasse, gli equipaggi di questi aerei, onde aumentare al massimo il carico, s’erano offerti di sguarnire totalmente gli aerei da armamenti e munizioni, sì che al peso di cannoni e di mitragliere di bordo potesse essere sostituito materiale da lancio! Per la temperatura rigidissima delle grandi altitudini, particolarmente quando assieme all’equipaggio v’erano anche paracadutisti, unico rimedio adottato sugli aerei da trasporto, sprovvisti di riscaldamento, era così raccontano i protagonisti qualche bottiglia di whisky. Tra i numerosi lanci, avvenuti nel Biellese, va ricordato quello avvenuto il 26 dicembre 1944 nel Biellese orientale, in frazione Baltigati del Comune di Soprana nella Valle Sessera: 24 quadrimotori in pieno giorno scaricarono grandi quantità di materiali per le Formazioni del Biellese, quasi tutte garibaldine, e di altre zone viciniori, oltreché nuovi istruttori. Nessun intervento poté effettuare il nemico, asserragliato nei fortini dei «posti di blocco», che dovette assistere impotente alla «grande pioggia» che scendeva dal cielo in mezzo ad una sconosciuta località tra le montagne ove, per giorni e giorni, partigiani e popolazione avevano lavorato furiosamente a disboscare la conca tra le alture destinata al lancio. Ancora una considerazione è doveroso fare a proposito di questo lancio: viene talvolta affermato che le varie Missioni avrebbero privilegiato nei lanci formazioni di una certa estrazione politica a danno di formazioni di estrazione diversa, leggi comunista. Noi non conosciamo a fondo quale sia stata la situazione in altre zone di altre Missioni, ma abbiamo buone ragioni di ritenere almeno per quanto riguarda le Missioni della «Special Forces» – che le direttive operative fossero uguali per tutte le zone; resta il fatto che, superati i primissimi giorni di «acclimatazione», nel Biellese i lanci vennero sempre effettuati senza alcuna discriminazione tra i vari reparti ed alla loro destinazione presiedettero sempre i criteri primari di sicurezza della zona di lancio unita alla garanzia di efficienza e di combattività dimostrata dalle formazioni, quali esse fossero e indipendentemente dal loro colore politico. Proprio questo lancio il più grande che sia stato effettuato alle formazioni partigiane in Europa venne effettuato, a meno di quaranta giorni dalla calata in zona, dalla Missione Britannica «Cherokee», in località dove operava una delle numerose Brigate Garibaldi che agivano nel Biellese: la XII Divisione Garibaldi, comandata dal comunista Franco Moranino «Gemisto». Vasta è stata la gamma dei materiali aviolanciati e ne forniamo appresso un elenco che, ancorché affidato alla memoria servirà tuttavia ad illustrare la varietà di questi materiali sconosciuti ai più che, al di fuori delle armi, venivano usati da ristrettissimi gruppi particolarmente addestrati al sabotaggio. Le armi dei lanci erano, normalmente, le seguenti: Mitra Sten, Mitragliatori Bren e Breda. Mortai anticarro Piat. Mortai da 50 mm. Fucili e Moschetti inglesi, francesi ed italiani, automatici o semi-automatici. Pistole Beretta, P. 36 e Smith & Wesson (a tamburo). (forse voleva dire P.38) Munizioni, abbondanti, per tutte le armi. I materiali per il sabotaggio erano costituiti da: P.E. plastico esplosivo in cartocci da circa 300 gr. Plastico esplosivo «808» ad altissimo potenziale. Mine magnetiche (con due calamite orientabili, alle estremità, per favorirne l'adesione su superfici metalliche anche ricurve: serbatoi di carburante, carri serbatoi, cisterne). Di grandissima potenza: per un cent. cubo dell’esplosivo costituente la carica di queste mine, procurava la rottura di 10 cent. cubi di acciaio trattato da corazza. Miccia a lenta combustione per plastico (a combustione schermata) da un centimetro al secondo. Miccia detonante (utilizzabile anche sommersa in acqua) da 7.000 metri al secondo. Matite a tempo per mine di ogni tipo (con tempi fissi di 10’ – 20’ – 30’ – 60’ e da 2, 3, 6, 9, 12, 24, 36 ore) Matite del tipo a «corrosione di filo metallico e capsuletta di vetro con acido». Detonatori a schiacciamento per mine ferroviarie e stradali al plastico. Capsule detonanti a schiacciamento; venivano pure fomiti tappi detonanti che, incorporati nell’impasto delle mine al plastico assieme al detonatore, acceleravano il tempo della deflagrazione. Completano l’elenco dei materiali da sabotaggio le «scatolette a quattro dita», così battezzate per la loro forma corrispondente a quattro dita accostate, anche queste a tempo prestabilito come le matite, contenenti una carica incendiaria; dello stesso tipo, ma di formato «scatoletta di carne» o «scatola di piselli» erano altri materiali incendiari a tempo, con una più massiccia carica e di grandissima efficacia: producevano temperature altissime che potevano anche portare al calore bianco in brevissimo tempo le travature metalliche alle quali fossero stati ben accostati, provocandone la fusione (telai di autocarri, singoli di carri, travature metalliche varie) od il piegamento. Nei primi tempi vennero inviati anche «chiodi a quattro punte» per la foratura, lungo le strade, dei pneumatici, ma già da tempo presso officine di cui avevamo il controllo venivano fabbricate piastrine metalliche fornite di chiodi di acciaio e perciò, prendendo a modello i chiodi aviolanciati, fabbricammo «in loco» questi materiali. Per un uso più appropriato dei materiali da sabotaggio venne posta in essere una scuola di sabotaggio, agli ordini del capitano Bell, presso la sede della Missione «Cherokee», che provvide all’istruzione di un certo numero di partigiani di ogni reparto. Nello stesso tempo venivano impartite precise disposizioni onde azioni di sabotaggio non venissero intraprese se non per impellenti necessità di difesa, demandando ai Comandi Alleati, d’accordo coi Comandi di zona partigiani, i sabotaggi più massicci e, che comunque, non rivestivano carattere di assoluta necessità. Per quanto attiene alla scuola di sabotaggio, va ricordato il fatto che, prima che giungessero le Missioni con i materiali appropriati per il sabotaggio, questo era stato da noi sin dai primissimi tempi posto in atto da gruppi locali, sì che alla scuola poterono venire illustrate tecniche e pratiche, talvolta di carattere «artigianale», ma che avevano già dato ottimi risultati. Inoltre fu provveduto alla costruzione di Sten in officine locali, talune presidiate dai tedeschi; di scatolette a pressione per il sabotaggio ferroviario; di chiodi a quattro punte e di piastrine con chiodi d’acciaio, di utensili d’acciaio per la foratura delle condotte in gomma e tela dell’aria compressa dei treni e di «penne stilografiche» con colpo singolo (calibro 9) per un minimo di difesa personale degli addetti (che operavano in abito civile e con documenti falsi) ai Servizi di Informazione e sabotaggio lontano dalle basi.
Saluti
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