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Imperia: il sogno di ricuperare il casone di ‘Fischia il Vento’, intervista a Tonino Simoni e Silvano Alterisio, realizzata da Christian Flammia e Andrea Ghirardo
“Il tuo nome è leggenda, molti furono quelli che infiammati dal tuo esempio s’arruolarono sotto la tua bandiera…”: così Italo Calvino ricordava nei suoi scritti la figura di Felice Cascione. In un periodo di profondo decadimento dei valori morali ed etici, quale quello odierno, l’esempio di Felice Cascione, detto “u megu” (il medico), Medaglia d’oro al valor militare alla memoria, che sacrificò la sua vita per la libertà della Patria, non va dimenticato.
Nato a Imperia nel 1918, antifascista attivo dal 1940, fu anche incarcerato per aver partecipato a manifestazioni antifasciste. Cascione si laureò in medicina nel 1943. A partire dall’8 Settembre iniziò il suo cammino di partigiano fondando a Magaletto la Prima Brigata partigiana dell’imperiese, che guidò sui monti della Liguria fino al 27 Gennaio del 1944, quando trovò la morte ad Alto durante uno scontro con i nazifascisti. A indirizzarli c’era proprio quel Michele Dogliotti che Cascione aveva fatto prigioniero due mesi prima e che si era rifiutato di fucilare: “Ho studiato venti anni per salvare la vita di un uomo e ore voi volete che io permetta di uccidere?”
Le gesta di Cascione e le circostanze della morte, quando si fece uccidere nel tentativo di salvare un suo compagno, rappresenta una straordinaria pagina di storia d’Italia, da tramandare ai posteri. Nel ricordarlo, convinti che con la storia del passato si possa costruire il nostro futuro, il sogno che abbiamo è quello di ricuperare il Casone, oggi in stato di abbandono, dove fu scritta la canzone “Fischia il vento”, divenuta l’inno della Resistenza Italiana. Per far questo abbiamo chiesto aiuto a due suoi compagni ancora in vita, affinché la loro testimonianza metta in luce la personalità del grande Comandante partigiano.
Tonino Simonti (nome di battaglia ‘Fedor’) che faceva parte del distaccamento ‘Felice Cscione’, ci racconta di quei giorni: “ Sono passati tanti anni, a me Cascione è rimasto nel cuore, era un uomo come si deve, con grande dignità, in casa mia dappertutto ho appeso le immagini di Felice. Lui era Dottore a Porto Maurizio, ma non lo conoscevo di persona. Io con lui sono stato tre, quattro mesi, sono salito in montagna sopra Pontedassio il 28 Settembre del 1943 e la banda era composta solo da una decina di partigiani. Un uomo così, con il suo altruismo non l’ho mai incontrato, era avanti cinquanta anni con la testa. La cosa che più mi ha colpito era il trattamento che Cascione riservava ai due prigionieri. Dopo averli salvati da morte sicura, li trattava come se fossero dei partigiani, ci raccomandava sempre che i prigionieri andavano trattati da prigionieri e ci diceva che lui aveva studiato per salvare vite umane e non si poteva permettere di uccidere una persona. Pensate che quando da Oneglia arrivavano le sigarette, ne dava sempre due a testa compreso loro due, divideva con loro il pranzo e le coperte. Non capisco ancora oggi perché abbiano voluto scappare, erano già due mesi che stavano con noi. Vi voglio raccontare due episodi significativi. Una volta una donna della valle ci disse che suo figlio di 5 anni era caduto e si era fatto male ad un piede. Felice prese dal suo zaino i “ferri del mestiere”, scese al paese e curò il bambino. La donna disse a ‘u megu’ cosa potesse dargli in cambio e lui rispose di portare da mangiare ai suoi uomini che stavano morendo di fame. La donna arrivò con un cesto di castagne e un sacco di altra roba, questo per farvi capire la sua onestà. Un altro episodio: Un giorno Cascione ordinò a me e a Cigrè di pulire delle patate, ma presi dalla fame, due ce le siamo mangiate prima di portarle a tavola. Felice lo scoprì e ordinò di legarci al palo della Chiesa. In un secondo momento decise di salvarci dalla punizione perché era il giorno di un santo particolare. Ma avevamo tanto rispetto per lui che ci siamo presi una punizione da soli e decidemmo di saltare il pranzo a mezzogiorno, ma ‘u megu’ dopo una bella romanzina decise di farci mangiare.”
Improvvisamente Tonino cambia registro e ci racconta di Cascione giocatore di pallanuoto. “Era da nazionale e quando tirava i palloni in porta usciva dall’acqua fino al ginocchio, era uno spettacolo. Ci teneva molto alla nostra condizione fisica e in montagna ci faceva fare sempre esercizi fisici per rimanere in forma”
Chiediamo a Tonino di raccontarci la giornata fatale a Cascione: “ Mi ricordo bene quel tragico 27 gennaio, io ero di guardia insieme a Cigrè, erano le 6,30 del mattino e faceva un gran freddo. Eravamo in allerta per possibili attacchi tedeschi perché due giorni prima era scappato uno dei due prigionieri fascisti catturati nella battaglia di Montegrazie. Il Battaglione tedesco ci attaccò con mezzi pesanti dal basso, nello scontro a fuoco Cascione fu ferito ad una gamba, rifiutò ogni tipo di soccorso per non mettere a repentaglio le nostre vite e per non pregiudicare la nostra ritirata. Ci ordinò di seguire Vittorio Acquarone (suo cugino) e di scappare verso il paese di Alto per mettere in salvamento la banda. Ci siamo diretti per la mulattiera che portava verso Ormea e quando abbiamo saputo che Cascione era stato ucciso, ci siamo messi a piangere come bambini perché uno come lui era introvabile”
Ora parliamo con Silvano Alterisio, ‘il migliore? Come amavano definirlo i suoi compagni, autore con Felice Cascione e Giacomo Sibilla, nome di battaglia ‘Ivan’, dei versi della canzone “Fischia il vento” che divenne l’inno ufficiale di tutte le Brigate Garibaldi del Nord Italia. Gli spieghiamo che l’iniziativa che stiamo portando avanti ha come obiettivo quello di recuperare i valori della Resistenzaa che hanno portato a liberare l’Italia e vogliamo far conoscere ai giovani la loro voce: “Non era semplice la vita partigiana, perché abbiamo incontrato molti ostacoli e problemi, anche per colpa nostra forse… ………………………… Il mio ricordo di Felice Cascione? E’ stato effettivamente unico, come lui ce ne erano pochi, era sempre a contatto con i partigiani e pronto ad aiutare gli amici e tutti gli abitanti della zona, era coraggioso e semplice e talmente tanto intelligente che a volte non riuscivamo a comprenderlo”
Ed a proposito di “Fischia in Vento”? “Felice oltre ad essere un ottimo comandante era un raffinato poeta, sebbene un po’ stonato…il mio augurio è che riusciate a ricuperare il ‘Casone’ perché ha un enorme valore storico e per quello che riusciamo, io e Tonino cercheremo di aiutarvi. Se ne parla troppo poco di questa storia, dovete andare nelle scuole a raccontarla, bisognerebbe riuscire a fare qualche cosa di più di quello che si è fatto fino ad oggi, ora tocca a voi.”
f.to Cristian Flammia e Andrea Ghirardo.
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