« Si scopron le tombe si levano i morti … » sono le parole che iniziano l’Inno di Garibaldi, ma sembra che esse non si possano adattare al nostro Giuseppe nazionale.
Sistemando una vecchia cartella mi è venuto per le mani una pagina del Corriere della Sera del 27 luglio 2012, che avevo conservato ripromettendomi di seguirne gli sviluppi, nella quale si trova queto trafiletto:
A quest’ operazione si oppose Annita Jallet che non so se ritenere veritiera la sua rimostranza o se essa non nascondesse il
« segreto » che circola da allora ma che tale non lo fosse più per la famiglia e che lo si volesse mantenere.
Si diceva infatti che i garibaldini più radicali pretendevano che le volontà del loro capo venissero rispettate e che a un certo punto lo misero in pratica forse aiutati dalla vedova Francesca Armosino, strenua sostenitrice delle ultime volontà del marito. Garibaldi, infatti, lasciò scritto che voleva essere bruciato su un rogo indicando il luogo esatto dove erigere la pira e che con quale tipo di legna essa dovesse essere composta, come desiderava essere vestito e dove deporre poi e in che modo le sue ceneri. Queste sue volontà furono disattese anche per ordine pratico. Non si poteva infatti pretendere che le autorità restassero per una giornata intera ad aspettare che il rogo compisse la sua opera, azione che si calcolò durasse almeno dieci ore, e che abbandonare la cerimonia sarebbe stato un atto di assoluta scortesia. Quindi la salma fu interrata.
Stando a voci che circolavano sembra che gli intransigenti garibaldini trafugassero la salma del loro Generale per mettere in pratica il suo desiderio. Vero, non vero e chi lo sa!
Sta di fatto che l’operazione che si voleva intraprendere in quel mese di settembre 2012 non fu attuata e il mistero continua ad essere tale e chissà chi c’è o non c’è sotto quel pesante masso!
Su Garibaldi, e l’ho già detto più di una volta, si sono versati altro che i classici fiumi d’inchiostro e sembrano non essere ancora finiti. Su di lui c’è chi scrive riconoscendogli ciò che fece e c’è invece chi continua a non perdere occasione per denigrarlo imbrattando pagine in rete con le più fantasiose storie tese solo allo scopo.
Garibaldi, e anche questo l’ho già detto, era solo un uomo e come tale fallibile come tutti gli esseri umani, ma aveva delle qualità innegabili. Personalmente lo tengo in considerazione perché lo ritengo essere stata persona onesta, austera, affabile, altruista e che non approfittò mai della sua fama come invece fecero altri per lucro personale, per questi fatti appurabili:
-non incassò mai il vitalizio della sua medaglia d’oro al V.M. concessagli per la Campagna del ’59 se non un paio di anni prima della sua morte perché non riusciva più a far fronte alle tasse postali quale destinatario delle centinaia di lettere che riceveva dai suoi ex uomini che, indigenti, spedivano con porto a suo carico;
-dopo la Campagna del ’60 Re Vittorio Emanuele lo chiamò per offrirgli il Collare dell’Annunziata, il titolo di Principe di Calatafimi, le insegne di Generale d’Armata, un castello reale, un battello a vapore, il titolo di Aiutante di Campo del Re per il suo secondogenito, un appannaggio per il primogenito e una dote per la figlia. Garibaldi ringraziò ma declinò il tutto;
-un paio di anni dopo rifiutò il comando di una intera Armata offertagli dal Presidente americano Lincoln da buttare nella bolgia della Guerra Civile americana (1861-65) contro gli Stati del Sud con un appannaggio di tutto rispetto, perché il Presidente non rispose a una sua precisa domanda e cioè se quella guerra servisse per la libertà di tutti i popoli, compreso quello nero in schiavitù. Ciononostante il suo nome fu presente lo stesso su quei campi di battaglia perché due formazioni contrapposte si identificarono nel suo nome: la Garibaldi Guard, nell’ambito dell’Esercito Nordista, con camicia di flanella rossa, cappello alla bersagliera ma con pennacchio a sinistra e bandiera Tricolore con il motto mazziniano DIO E POPOLO; e la Garibaldi Legion in quello Sudista, almeno all’inizio del conflitto, entrambe formate con non pochi emigrati italiani;
- rifiutò anche una rendita vitalizia di 50.000 Lire e altre 50.000 in obbligazioni secondo il progetto di legge presentato dal Ministro Minghetti il 19.11.1874 sotto il peso dell’opinione pubblica che pressava per una riconoscenza tangibile all’ex Generale, sempre più malato. Il Senato votò il progetto di legge all’unanimità, la Camera diede 25 voti contrari e il 27 maggio 1875 il progetto diventò legge che comparve poi sulla Gazzetta Ufficiale. Ecco la risposta scritta di Garibaldi:
« … le centomila lire mi peserebbero sulle spalle come la camicia di Nesso. Accettando avrei perduto il sonno, avrei sentito ai polsi il freddo delle manette, le mani calde di sangue; ed ogni volta che mi fossero giunte notizie di depredazioni governative e di pubbliche miserie mi sarei coperto il volto dalla vergogna. Tuttavia ai nostri amici ed al Parlamento in generale, immensa gratitudine. Questo governo però, la cui missione è d’impoverire il paese per corromperlo, si cerchi complici altrove ».
Fu la politica a rovinare la sua immagine. Chi più chi meno e senza distinzione di schieramento, si impossessò del suo nome e lo volle fare suo con quel che ne è seguito. Tanto per fare un esempio, nel periodo 1943-45 formazioni partigiane e almeno una della RSI, si formarono nel suo nome. Il che la dice lunga.
Ma, per come la penso io, tutto ciò non fa che valorizzare ancora di più il personaggio che in tutto il mondo è ricordato con statue, vie, piazze e molto altro ancora. E un motivo ci deve pur essere.
Per finire, e mi scuso per la lungaggine, ciò che non ho potuto fare io lo fece la mia amata nipotina nel 2002 quando, in braccio al suo papà, posò a nome del nonno un fiore sulla sua tomba.
Se qualcuno ne sa di più sulla mancata o avvenuta apertura della tomba è pregato di farmelo sapere.