| CITAZIONE (terzoverbano @ 19/9/2017, 10:23) CITAZIONE lui nessuno poteva toglierli dalla testa che i tedeschi già sapessero almeno dal giorno sei di settembre dell'armistizio. Anche io sono daccordo. Conobbi, molti anni fa un ufficiale della Milizia (era professore di rìeducazione fisica e mi regalò il mio primo elmetto italiano), che nel Settembre era a Roma, lui ebbe le stesse senzazioni, mi disse che già, il 6, ebbe una "scaramuccia" con i tedeschi..... Per la medaglia donata ritengo che certi oggetti debbano stare nei Musei, anche se, purtroppo, questi diventano, troppo spesso, supermarket, per disonesti finti collezionisti!!! educazione no rieducazione oph Conosci l'aneddoto della scaramuccia? Sicuramente dopo la disfatta in Nord Africa, la resa italiana era nell'aria. Ciò è testimoniato dalla stesura del piano Achse già da Maggio 1943. Continuano le fotografie, facendo però un leggero balzo temporale indietro. La battaglia di Porta San Paolo avvennero principalmente nel tardo pomeriggio del 10 Settembre 1943. Le foto che seguono invece fanno riferimento alla battaglia della Montagnola, avvenuta nella mattina del 10 settembre 1943. Siamo come detto nel quartiere popolare della Montagnola, crocevia fra l'attuale via Cristoforo Colombo (ex Via Imperiale) e Via Laurentina. Qui era presente il Forte Ostiense, forte militare risalente al 1877 costruito per la difesa di Roma da una eventuale riconquista. Riporto quanto scritto sulla vicenda: " Dopo il ripiegamento effettuato durante la serata del 9 Settembre dalla Magliana - Caposaldon.5 verso le nuove posizioni Forte Ostiense-Via Laurentina-Casa del Fascio Via Trisulti, la notte del 10 trascorse tranquilla, senza particolare attività tedesche. Alle ore 05:30 venica comunicato al comando della Granatieri la notizia della tregua d’armi, concordata dal T.Col. Giaccone, dalle 07:00 alle 10:00.I germanici approfittano di questa situazione per effettuare proditoriamente dei colpi di mano. Alle 06:45 attaccano il caposaldo n.8 (km. 8 della Via Ardeatina) appoggiati anche da mezzi corazzati (probabilmente cannoni semoventi Marder). Dopo un’ora di combattimenti la situazione si fa critica e alle ore 08:00 il caposaldo n.8 ripiega sul posto di blocco retrostante (sempre su via Ardeatina); alle 09:00 ripiega anche il caposaldo n.9 (Via Appia). Al caposaldo n.5 alle ore 06:45 i tedeschi attaccano sul rovescio il posto di comando del 1° Reggimento Granatieri alla Montagnola, insediato presso l’ex sede del Fascio Laurentino in via Trisulti. In quel momento il Col. Di Pierro stava tenendo a rapporto i suoi comandanti di battaglione: due autoblindo AB41 del Montebello effettuano una coraggiosa puntata di alleggerimento ma vengono centrate dal preciso tiro controcarro dei paracadutisti germanici e si incendiano, provocando la morte dei rispettivi equipaggi.
Racconta Don Pietro Occelli, parroco della Chiesa della Montagnola, testimone di quelle drammatiche ore: “Ero al forte Ostiense, nella cappella dell’Istituto Gaetano Giardino, istituto che ospitava circa quattrocento bambini orfani di guerra e minorati psichici, sotto l’assistenza di trentacinque suore francescane Alcantarine. Nei cortili e nei sotterranei del forte erano attestati ottocento granatieri, il cui comando di reggimento era in via Trisulti nella sede dell’ex fascio locale. I feriti vennero accolti nelle case della Montagnola e medicati alla meglio, mentre si stringeva un segreto patto tra militari e borghigiani. Alle 6,00, distribuzione del caffè ai soldati, mentre alcuni camion scaricavano munizioni, mitragliatrici su treppiede e un’insistente motocarrozzetta entrava ed usciva per portarsi via gli ufficiali superiori, convocati non si è mai saputo da chi e perché.[1]Sguarnito di superiori, il presidio del forte chiedeva e riceveva notizie contraddittorie. I sergenti correvano dai sotterranei ai cortili, sui ciglioni delle scarpate verso il Tevere, a distribuire soldati e armi, e a dare consegne. La torre del forte ricordo che aveva da poco dato i tocchi delle 6,00, quando si udì un fitto e nutrito fuoco di fucileria, e si videro cadere a centinaia foglie e rami degli eucalipti che circondavano l’istituto. I tedeschi erano ormai insediati e armatissimi nel Palazzo della Civiltà Fascista all’EUR (l’attuale Palazzo della Civiltà Italiana), nel Palazzo degli Uffici e sui ripiani della Chiesa dei SS. Pietro e Paolo. Alle 7,00 non c’era più un vetro sano. I fucili 91 presero subito a rispondere. Le nostre mitragliatrici parvero ben presto inferiori a quelle tedesche dal fuoco feroce e tagliente. I primi feriti vennero portati nell’infermeria, dove le suore si prodigarono da perfette infermiere quali erano. Alle 7,00 da uno spiazzo del Palazzo della Civiltà un ben piazzato mortaio dei paracadutisti tedeschi cominciò a battere colpi micidiali contro il bastione del forte, sul lato dove i nostri, per le feritoie e le finestre dei corridoi sotterranei si erano appostati e sostenevano il fuoco. Alcuni “diavoli verdi”, armati di pistole-mitragliatrici, avevano superato la via Imperiale (l’odierna Cristoforo Colombo) e l’Ostiense, ed erano riusciti con alcuni lanciafiamme, a portare l’incendio ai pagliai e al pollaio e ai laboratori dei ricoverati.” Fu allora che a don Pietro toccò il compito della resa. Alzato sopra una pertica un lenzuolo, si avviò verso l’ufficiale tedesco che bestemmiava in mezzo ai bambini e alle suore. Spiegò che si trattava di un orfanotrofio, che i soldati avrebbero cessato il fuoco e deposto le armi. I combattimenti continuavano nella zona circostante della Montagnola: i granatieri, i lancieri, una compagnia paracadutisti supportati da molti civili della zona continuavano a resistere avendo come appoggio tattico la cosidetta “casa rossa”(l’ex casa del fascio laurentino) e la casa di Quirino Roscioni, il fornaio della zona, già mutilato della Grande Guerra, che aveva preso le armi egli stesso. In questi scontri cadde il S.Ten. Luigi Perna, della Granatieri, insignito di M.OV.M. Alle ore 08:00 la situazione si fa insostenibile, data l’impossibilità di fermare le infiltrazioni germaniche. Il Col. Giordani manda un emissario presso il comando della Granatieri (ora alla caserma Macao in Castro Pretorio) dove il il Gen. De Rienzi (Vice comandante la divisione) e il Col. Di Pierro, accertata l’impossibilità di avere rinforzi, ordinano al Montebello e alle truppe rimanenti di ripiegare sull’asse S.Paolo-Garbatella-Testaccio e al Montebello di concentrarsi nella caserma di S.Croce in Gerusalemme, lasciando un velo di retroguardia.
Saranno 54, tra militari e civili, i caduti alla Montagnola. Tra questi il già menzionato Quirino Roscioni, il fornaio, che aveva trasformata con soldati e popolani la casa e il forno quale ultima trincea; egli, esaurite le munizioni, procurò ai militari dei vestiti borghesi per metterli in salvo, quindi con la cognata D’Angelo Pasqua, attese la sorte che i tedeschi gli avrebbero data. Cacciato di casa, chiese di raggiungere la parrocchia. Gli fu concesso, ma quando si trovava a pochi passi dalla chiesa, una raffica di mitra lo colpiva mortalmente, assieme alla cognata. Allo stesso modo, alle porte della chiesa, vennero uccisi altri sette parrocchiani." I due autoblindo descritti nell'episodio sono stati immortalati in fiamme dal reparto propaganda al seguito dei paracadutisti tedeschi. Le fotografie provengono dall'archivio centrale federale tedesco:Ho forse individuato la posizione degli AB41, riportata sulla cartina, ma il cambiamento del territorio e delle case non aiuta di certo. Senza testimonianze dirette possiamo solo ipotizzare.
Altra fotografie interessante, stessa zona, stessa battaglia. Abbiamo in primo piano un mezzo italiano e delle moto sempre italiane, i soldati in foto tuttavia non mi sembrano RE. Sul retro l'edificio che ci permette di ipotizzare il luogo accanto al quale ci troviamo, l'ex conceria Coppi sempre in zona Montagnola-Laurentina.Caduto questo crocevia, la battaglia si spostò verso viale Ostiense e poi nei pressi di Porta San Paolo.Continua.... Federico
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