Marcelin Marbot Prima parte: Un ussaro bricconcello: trecce finte e baffi di carbone
Quello che inizio ora è un esperimento o, se vogliamo, una scommessa: come altro si può infatti definire inserire in un forum di oggettistica (elmetti, divise, armi, decorazioni) dei sec. XIX- XX, in cui anche la storia di quegli anni ha uno spazio (un interesse?) tutto sommato non molto ampio, le avventure di un ussaro napoleonico attivo su tutti i campi di battaglia dal 1799 al 1840?
Eppure il soggetto (Jean-Baptiste Antoine Marcelin Marbot) nato nel 1782, entrato nell’esercito napoleonico a 17 anni nel 1799 come semplice ussaro, generale nel 1836, congedato nel ’40, Grand Ufficiale della Legion d’Onore, membro della Camera dei Pari, ferito a Eylau, Lipsia e Waterloo (?), reduce dalla campagna di Russia, morto nel ’54, è certo interessante.
Incomincio pertanto con una prima puntata: starà poi a voi, con le vostre visite e i vostri commenti, dirmi se devo continuare o smetterla di tediarvi.
Le notizie che vi darò sono prese da un suo libro, le "
Mèmoires du Général Baron de Marbot", scritte nel 1844 divise in tre volumi. La copia da me utilizzata fu pubblicata a Parigi nel 1891: per giudicare il suo successo basta un elemento: il volume dedicato alla Campagna di Russia era arrivato alla 53esima edizione!
Incominciamo dall’inizio, quando a 17 anni il nostro giovincello entra nel corpo degli Ussari di Bercheny, 1° Ussari, formazione in cui abbondavano militari tedeschi ( o meglio, alsaziani) di stanza a Savona, quindi agli ordini del padre, quel gen. Marbot, già comandante della 17° divisione militare di Parigi, che nel 1799-‘800 comandava in Liguria una delle divisioni dell’armata di Massena e che morirà, per ferite e tifo, durante l’assedio di Genova (1800).
I primi giorni della vita fra gli ussari del nostro giovane ( 17 anni) furono veramente duri: abituato ad una vita tutto sommato civile, si trovò all'improvviso fra soldatacci rotti a tutto (gli Ussari erano un truppa d'elite ma dal comportamento un po’ “guasconesco”), preso in giro perché non beveva.
Tra le cose cui non era abituato, l’obbligo di dormire con un altro ussaro, non solo nella stessa camera, ma nello stesso letto, “
perchè il regolamento non accordava allora che un letto per due soldati”.
Deve così condividere il giaciglio con un “
escogriffe de hoyusard” ( ussaro gigantesco) che ne occupò i tre quarti. Quella notte il nostro giovincello la passò … su una
botte de paille, mucchio di paglia. Protesta con il suo superiore diretto e l’indomani ottiene una camera: era il figlio del capo.
Gli ussari dovevano avere trecce, coda e mustacchi: poiché il nostro giovinotto ne era privo, per non far sfigurare la sua squadra fu condotto dal
perruquier de l’esquadron che gli fornì.. una coda e due trecce posticce! Per i mustacchi… furono disegnati con cera nera! E quando era di vedetta..il sole dell’’Italia li scioglieva. Ma tutto era accettabile: j
’etais housard.(notare la treccia)
In poco tempo il nostro giovinotto diviene un ussaro accettabile, ma gli manca ancora un gradino: entrare nella
clique, una sorta di confraternita composta “d
es plus mauvaises tetes comme des plus braves soldats du régiment”. Si distinguevano tramite un’incisione praticata nello stagno del primo bottone di destra del dolman.
Un avvenimento improvviso lo fece accettare. Siamo all'inizio del 1799, a Savona, dove il generale padre del nostro ragazzo aveva radunato la sua divisione. Il 1° Ussari era “
dans une plaine appelèe La Madona” (l’attuale zona del Santuario). Il cibo era scarso, il vino abbondante. Un giorno, sulla spiaggia di Savona, il nostro ussaro entra, con un compagno, in una sorta di chiostro dove diversi soldati bevevano. E qui succede il fattaccio, tipo quelli nelle attuali discoteche.
Entrando, il lungo fodero della sciabola dell’ussaro, probabilmente non dimensionata per la statura di un diciassettenne, la cui punta strisciava sul pavimento, urta il piede di un
énorme canonier stravaccato su una sedia. Lasciamo la parola al nostro autore: “
Housard!... ton sabre traine beaucoup trop!.. » (la tua sciabola è troppo lunga) >. Marcellin non reagisce: J
'allais continuer de marcher sans rien dire, lorsque maitre Pertelay ( era il « mentore » del nostro, colui che doveva trasformarlo in un Ussaro..),
me poussant la coude, me souffle tout bas: « Réponds-lui : Viens le relever »( vieni a prenderla: mi ricorda il μολὼν λαβέ molòn labé, di cui abbiamo parlato in passato)
Et moi de dire au canonnier: « Vien le relever ». « Ce sera facile », réplique que celui-ci".-E Pertelay gli suggerisce di rispondere : «
C'est ce qu'il faudra voir !» (sarà quello che bisognerà vedere). A queste parole il cannoniere,
ou plutòt ce Goliath, car il avait près de six pieds de haut, si alza con un'aria minacciosa ma Petelay si slancia tra Marcelin e lui.
Leggendo, mi è venuto in mente il romanzo di Conrad "Il duello" (1907).
Una rissa non era immaginabile, ma un duello obbligatorio.
E così, sulla riva del mare savonese, il nostro ussaro e il cannoniere incrociano i ferri: un duello.
Il resto, se la cosa interessa (fatemelo capire) alla prossima puntata..
saluti
niemand
Edited by niemand - 17/2/2021, 11:24