STORIA della REGIA MARINA

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view post Posted on 15/9/2008, 10:39
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Le origini

La Regia Marina naque il 17 marzo 1861, a seguito della proclamazione del Regno d'Italia da parte del parlamento di Torino; l'unificazione delle Marine che la costituivano - sabauda, borbonica, toscana e pontificia - risaliva, invece, al 17 novembre 1860. La flotta navale, che aveva inglobato anche uomini e navi della squadra garibaldina ereditò la tradizione marinara delle due maggiori marine che avevano concorso a comporla, quella del Regno di Sardegna ed in particolare quella del Regno delle Due Sicilie da cui provenne gran parte dei mezzi e, per volontà dello stesso Cavour, da cui si ripresero le uniformi, i gradi e i regolamenti. All'atto dell'unità, disponeva di un buon numero di navi sia a vela che a vapore, ma l'eterogeneità delle componenti che la costituirono, ne limitò inizialmente le capacità operative.

Le navi acquisite dalla nuova marina nelle ultime decadi dell'ottocento, pur non essendo particolarmente antiquate, risultavano comunque obsolete dal momento che le tattiche di guerra navale stavano rapidamente rivoluzionandosi in seguito all'introduzione dei proiettili esplosivi e delle corazzature (la prima nave corazzata, la francese La Gloire, frutto dei progetti di Henry Dupuy de Lome, venne infatti varata nel 1858. Nel 1862 venne pertanto avviato dall'allora Ministro della Marina, ammiraglio Persano, un ambizioso programma di rinnovamento del costo di 2 miliardi di lire dell'epoca, con l'acquisto all'estero di nuove navi (l'infrastruttura tecnologica del giovane Regno italiano e i suoi cantieri non erano in grado di costruire le moderne navi da guerra). Per l'epoca della terza guerra di indipendenza già 12 nuove corazzate erano entrate in servizio.

Altri problemi della giovane Regia Marina furono:

la mancanza di una lunga tradizione marinara militare della nuova classe dirigente piemontese: nonostante il richiamo alle repubbliche marinare del medioevo e del rinascimento, di fatto non c'era continuità tra queste e la nuova marina, le cui origini si possono far piuttosto risalire all'inizio dell'ottocento quando dopo la caduta di Napoleone la flotta britannica liberò i mari italiani.
le divisioni e le ostilità tra gli ufficiali provenienti dalle diverse marine, principalmente tra quelli provenienti dal Regno di Sardegna e quelli del Regno delle Due Sicilie. L'omogeneizzazione delle diverse marine fu inoltre ostacolata dal fatto di aver mantenuto entrambe le precedenti scuole ufficiali (quella di Genova e quella di Napoli) piuttosto che unificarle in un'unica scuola, fatto che contribuì a mantenere aperte le divisioni esistenti (il problema venne poi superato con l'istituzione dell'Accademia Navale di Livorno, voluta dall'allora Ministro della Marina, l'ammiraglio Benedetto Brin, ed inaugurata il 6 novembre 1881).
Il personale era formato da:

equipaggi della Real Marina del Regno delle Due Sicilie - Armata di Mare , vale a dire campani, abruzzesi, lucani, pugliesi, calabresi e siciliani.
equipaggi della Marina sarda, cioè liguri e piemontesi più toscani, emiliani e romagnoli aggiuntisi dopo i plebisciti della primavera del 1860.
equipaggi di parte della Marina pontificia, prevalentemente marchigiani, sottratti dopo l'Assedio di Ancona.
equipaggi che avevano prestato servizio presso le formazioni garibaldine (in molte fonti vengono denominati come "personale della Marina siciliana o garibaldina"), provenienti da tutte le parti della penisola.
equipaggi della Marina Austriaca, cioè veneti, triestini, istriani, fiumani e dalmati, che avevano disertato di spontanea volontà o sotto la guida dell'emigrazione politica veneta, trentina ed adriatica.

La battaglia di Lissa

Il "battesimo del fuoco" della neonata Arma avvenne nella battaglia di Lissa, combattuta presso l'omonima isola del Mare Adriatico, nell'ambito della terza guerra d'Indipendenza del 1866, che vide contrapposta l'Italia all'Impero Austro-Ungarico: nel corso di quella battaglia, che fu la prima della storia combattuta tra flotte di corazzate e, nel contempo, l'ultima grande battaglia marittima in cui si svolsero azioni di speronamento, la flotta austriaca guidata dall'ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, inflisse una dura sconfitta a quella italiana al comando di Carlo Pellion di Persano, principalmente a causa degli errori commessi dal comandante italiano e delle incomprensioni tra lui ed i suoi sottoposti, Vacca e Albini. Per quanto riguarda l'Albini, ad esempio, l'unica cannonata sparata dalle sue navi a Lissa fu per richiamare la Governolo e la Principe Umberto che, contravvenendo agli ordini ricevuti, si stavano recando a dare manforte a Persano. La sconfitta costò la perdita delle due corazzate Re d'Italia e Palestro, e ben 640 uomini, oltre che il famoso e sprezzante commento nei confronti degli italiani attribuito all'ammiraglio austriaco «Uomini di ferro su navi di legno hanno sconfitto teste di legno su navi di ferro».

A questa sconfitta viene tradizionalmente fatto risalire l'uso del fazzoletto nero dal doppio nodo che i marinai italiani indossano ancora al giorno d'oggi come parte della propria uniforme, come simbolo del lutto per l'esito di tale battaglia. In realtà sia nella Real Marina del Regno delle Due Sicilie che nella Regia Marina Sarda era d'uso il fiocco nero.


Da Lissa al primo conflitto mondiale

Negli anni che seguirono la tragedia di Lissa lo sviluppo della Forza Armata fu notevole: la Regia Marina si dotò, infatti, di nuove e moderne corazzate ed avviò l'ammodernamento della propria flotta.
Tra gli avvenimenti che coinvolsero la Regia Marina nelle due ultime decadi del XIX secolo, nonché negli anni che vanno dell'inizio del XX secolo fino allo scoppio della prima guerra mondiale, sono da ricordare in particolar modo:

nel 1880 e nel 1882 l'entrata in servizio delle corazzate Duilio e Dandolo, progettate da Benedetto Brin, all'epoca tra le più potenti navi da battaglia del mondo;
la partecipazione, nel 1885 alla presa di Massaua ed alla fondazione della Colonia Eritrea;
Nel 1885 e nel 1887 l'entrata in servizio delle corazzate Italia e Lepanto, due veri gioielli dell'ingegneria navale, anche queste su progetto del Brin, le prime a sviluppare il concetto che porterà agli incrociatori da battaglia;
la circumnavigazione del globo effettuata da parte della "pirocorvetta" Magenta (prima nave italiana a riuscire nell'impresa) nel 1896;
gli esperimenti compiuti, a partire dal 1897, da Guglielmo Marconi per lo sviluppo delle comunicazioni via radio svolti a bordo di navi della Regia Marina;
l'intervento a supporto delle truppe a difesa delle Legazioni occidentali a Pechino durante la rivolta dei Boxer del 1900 (uomini e navi italiane furono poi presenti in Cina sia presso la Concessione italiana di Tientsin come anche a Shanghai ed in altri porti, fino al 1947);
nel 1903 il colonello del Genio Navale Vittorio Cuniberti, autorizzato dalla Regia Marina, pubblica su Jane's lo storico articolo An ideal Battleship for The British Navy che apre l'era delle corazzate monocalibro;
il soccorso portato dalle navi della Marina alla popolazione di Messina e Reggio Calabria a seguito del terremoto (e del conseguente maremoto) del 1908;
l'ottenimento, da parte del tenente di vascello Mario Calderara nel 1909 del primo brevetto di "Pilota di Aeroplano" in Italia;
le operazioni condotte dalla Regia Marina fra il 1911 ed il 1912 nell'ambito della guerra Italo-Turca con le prime vittorie navali riportate dalla Marina e l'utilizzo, da parte della stessa e per la prima volta al mondo, dell'aeroplano come arma da guerra.

La Marina nella Prima Guerra Mondiale

Al momento dell'entrata in guerra dell'Italia contro gli Imperi Centrali (Impero tedesco, Impero Austro-Ungarico ed Impero Ottomano), il 24 maggio 1915, alla Regia Marina furono affidati compiti di sorveglianza dell'Adriatico e di interruzione dei rifornimenti via mare all'Impero Austro-Ungarico attraverso il blocco del canale d'Otranto.
Nel corso del conflitto venne dato notevole impulso, sul fronte dei mezzi a disposizione, allo sviluppo della componente aerea della Marina. Furono infatti utilizzati, da quest'ultima, oltre agli aerei di stanza a terra anche idrovolanti installati a bordo e furono inoltre concepiti ed approntati nuovi mezzi d'assalto e mezzi veloci:

tra i primi la Torpedine Semovente Rossetti detta mignatta: un siluro guidato da un equipaggio e dotato di due cariche esplosive da 175 kg ciascuna;
come mezzo veloce d'assalto venne invece sviluppato il MAS (Motoscafo Anti Sommergibile), cioè un'unità leggera, veloce, fornita di mitragliera, con siluri e bombe anti-sommergibile, sviluppata allo scopo di compiere azioni di sabotaggio dei porti nemici dell'Alto Adriatico e di contrastare i sommergibili.
L'Italia inoltre costruì e mantenne in servizio diverse corazzate, ma queste non parteciparono ad alcuna battaglia navale degna di nota. Per la maggior parte della durata del conflitto le marine italiana ed austriaca mantennero infatti una sorveglianza relativamente passiva verso la controparte. Entrambe le parti iniziarono comunque alcune azioni:

gli austriaci sabotarono ed affondarono le corazzate Benedetto Brin a Brindisi il 27 settembre 1915 e Leonardo Da Vinci a Taranto il 2 agosto 1916;
la Regia Marina utilizzò invece i MAS 21 e MAS 15 affondando la corazzata ungherese Szent István (Santo Stefano) il 10 giugno 1918 nell'azione condotta dal Capitano di Corvetta Luigi Rizzo, ed un primo tipo di mignatta che penetrò nel porto di Pola affondando la nave ammiraglia Austro-Ungarica Viribus Unitis il 1º novembre 1918, in azioni passate alla storia come Impresa di Premuda e Impresa di Pola.

Dopo il primo conflitto mondiale

La conferenza di Washington per il disarmo navale postbellico, conclusasi nel febbraio del 1922 con il trattato navale, stabilì che vi sarebbe dovuta essere la parità nel dislocamento complessivo tra le marine italiana e francese sia per quanto riguardava le navi da battaglia (175mila tonnellate ciascuna) che le portaerei (60mila tonnellate ciascuna): tale decisione influenzò lo sviluppo della flotta italiana nel corso degli anni tra le due guerre mondiali, condizionandolo al mantenimento dell'equilibio con la Francia.

Il governo fascista decise di ammodernare la Regia Marina, con l'obbiettivo di essere in grado di sfidare la Flotta del Mediterraneo della Royal Navy britannica: tra la fine degli anni venti ed i primi anni trenta fu iniziata la costruzione di incrociatori pesanti da 10mila tonnellate, cui fece seguito quella di cacciatorpediniere e sommergibili (l'impegno nella costruzione di quest'ultima tipologia di battelli fu notevole, fino a raggiungere nel giugno del 1940, con 113 sommergibili, un tonnellaggio complessivo secondo solo a quello della flotta statunitense) e delle corazzate della classe Littorio.

Allo scopo di rendere, in prospettiva, minimo un contatto tra le navi italiane ed i più esperti vascelli britannici, la Regia Marina basò la sua strategia di sviluppo su navi veloci con cannoni a lunga gittata. A questo scopo sviluppò cannoni di calibro inferiore ma di gittata maggiore di quelli delle controparti britanniche; inoltre per ottenere velocità maggiori le navi italiane di nuovo progetto vennero dotate di una corazzatura più leggera (come ad esempio, nel caso dell'incrociatore Giovanni dalle Bande Nere).

Nel 1923 con la nascita della Regia Aeronautica i mezzi aerei, le basi ed il personale della componente aerea della marina passarono, insieme agli uomini, ai mezzi ed alle strutture provenienti dal Regio Esercito, sotto il comando ed il controllo della nuova Forza Armata, facendo venir meno il coordinamento centrale delle componenti aerea e navale: tale fatto, unito ad una politica di sviluppo degli armamenti orientata alla costruzione di grandi navi da battaglia che trascurò del tutto le portaerei (dell'unica costruita, l'Aquila, non venne mai completato l'allestimento) e molto anche i mezzi aeronautici, contribuì, nel corso del successivo conflitto mondiale, ad influenzare in maniera determinante e negativa l'andamento delle battaglie navali condotte delle forze armate italiane nel Mar Mediterraneo.

In seguito all'appoggio dato da Mussolini alla fazione fascista di Francisco Franco, la Regia Marina prese inoltre parte, tra il 1936 ed il 1939, alla guerra civile spagnola assicurando la protezione dei convogli di truppe e di armi ed il blocco delle coste iberiche.


Il secondo conflitto mondiale

Quando il 10 giugno 1940 l'Italia entrò nella seconda guerra mondiale, la Regia Marina era, numericamente, la quinta marina del mondo dopo quelle di Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone e Francia. Come numero di unità navali e tenendo conto del teatro e dei compiti operativi più limitati, poteva essere considerata alla pari con le altre principali nazioni. La marina italiana aveva però carenze concettuali, tecniche e costruttive che sarebbero emerse nelle operazioni belliche, prima fra tutte la mancanza di una aviazione di marina. La resa della Francia portò comunque la flotta italiana ad essere la principale del Mediterraneo.

Nella marina italiana si accingevano ad entrare in servizio due tra le più potenti navi da battaglia che solcavano in quei mesi i mari, la Littorio e la Vittorio Veneto, corazzate da oltre 40 000 tonnellate, trenta nodi di velocità massima e un notevole armamento nel quale spiccavano nove cannoni da 381 millimetri. Fino all'estate del 1941, quando i tedeschi fecero entrare in servizio la Bismarck, erano da considerarsi fra le migliori. Anche le altre unità potevano essere considerate di prim'ordine: quattro corazzate da 29 000 tonnellate con pezzi da 320 millimetri (Giulio Cesare, Cavour, Caio Duilio e Andrea Doria), sette incrociatori pesanti da 10 000 tonnellate con cannoni da 203 millimetri, dodici incrociatori leggeri, cinquantanove cacciatorpediniere, settanta torpediniere, cinquanta MAS (mezzi d'assalto subacquei e sopracquei: recitava proprio così la definizione per intero). Infine centoquindici sommergibili, un numero impressionante, che nessun altro Paese possedeva, a parte l'Unione Sovietica, obbligata però ad operare in teatri operativi molto più numerosi e vasti.

Le debolezze erano rappresentate dall'aver abbandonato la costruzione e lo sviluppo degli aerosiluranti e dalla mancanza di portaerei. La prima decisione risaliva a gelosie da parte dell'aeronautica (i veicoli sarebbero stati sotto il comando della marina), malgrado la sperimentazione italiana a metà degli anni trenta fosse molto più avanti rispetto alle altre nazioni. Il generale Valle aveva messo a punto un siluro capace di funzionare con lancio da ottanta metri, distanza per i tempi notevolissima. L'Inghilterra, la Svezia e la Germania avevano cercato in ogni modo di carpirne i segreti. Con la stipula del Patto d'Acciaio fra Berlino e Roma, la Luftwaffe aveva ordinato trecento siluri muniti dei famosi dispositivi di lancio alla Whitehead di Fiume. Neppure questa commessa era bastata a ridestare l'interesse dei vertici militari. La guerra si sarebbe incaricata di mostrare che senza aerosiluranti l'efficacia dell'aviazione nei combattimenti sul mare scemava di quasi il 70 per cento.

Nella notte tra l'11 ed il 12 novembre 1940, l'attacco degli aerosiluranti britannici Fairey Swordfish decollati dalla portaerei Illustrious contro la flotta italiana alla fonda nella base navale di Taranto durante la "Notte di Taranto", danneggiò gravemente il naviglio della Marina causando solo lievi perdite negli attaccanti: le navi da battaglia Conte di Cavour, Caio Duilio e Littorio vennero colpite dai siluri mentre solo due dei venti Swordfish furono abbattuti; le corazzate Littorio e Caio Duilio richiesero mesi di riparazioni, mentre la Conte di Cavour non ritornò più in servizio attivo. Tale storico attacco fu una delle fonti di ispirazione per l'attacco giapponese contro la flotta statunitense a Pearl Harbor nel dicembre 1941.

Il 27 novembre la Regia Marina si scontrò con la flotta inglese nella battaglia di Capo Teulada. Tra il 27 ed il 29 marzo 1941, nella battaglia di Capo Matapan, la flotta inglese inferse un altro grave colpo alla Regia Marina affondandone 3 incrociatori e 2 cacciatorpediniere e perdendo un solo aerosilurante. L'azione di maggior successo compiuta dalla Regia Marina nel corso del conflitto fu l'attacco con Siluri a Lenta Corsa, conosciuti come Maiali, alle due navi da battaglia britanniche Valiant e Queen Elizabeth alla fonda nel porto di Alessandria d'Egitto il 19 dicembre 1941 che affondarono nei bassi fondali del porto e poterono in seguito essere recuperate.

La scarsità del traffico mercantile nel Mediterraneo, a confronto con la numerosità dei convogli inviati dagli Stati Uniti tra le due sponde dell'Atlantico per il rifornimento degli alleati europei, comportò il coinvolgimento di alcuni dei sommergibili italiani nella cosiddetta "battaglia dei convogli".

Altre forze navali italiane (tra cui MAS, mini sommergibili e uomini e mezzi della Xª Flottiglia MAS) operarono poi in Mar Nero, a fianco dei tedeschi, contro il traffico navale sovietico, sia militare che mercantile.

Da considerare che l'Italia, fin dall'estate del 1940, diede il via a creare da navi già esistenti delle navi ausiliare adattate per la guerra di corsa; in altre parole si volevano creare, su imitazione della Kriegsmarine tedesca, delle vere e proprie navi corsare italiane.

Nel corso di tutta la guerra le navi italiane, pur avendo la reputazione di essere state ben progettate, si dimostrarono però piuttosto carenti sia nell'armamento contraereo e, soprattutto, nella dotazione di radar: quest'ultimo dispositivo, presente invece sulle navi della flotta britannica, si rivelò fondamentale, insieme alla decrittazione dei messaggi italiani cifrati tramite la cifratrice tedesca Enigma (resa possibile dal lavoro di Alan Turing) ed all'assoluta supremazia nei cieli con la conseguente mancanza di copertura aerea, nella conduzione di molte battaglie e nella risoluzione delle stesse a favore della flotta britannica; al termine della guerra la Regia Marina vide affondate navi della propria flotta per un totale di quasi 700mila tonnellate, avendone a sua volta affondate solo 470 mila e riportando inoltre la perdita di circa 36mila uomini.

Secondo gli ordini ricevuti in seguito alla firma dell'armistizio con le forze alleate del settembre del 1943, navi, uomini e mezzi della Regia Marina si consegnarono, nella quasi totalità dei casi, alle forze anglo-americane; un accordo di cooperazione con gli ex nemici permise poi ai marinai italiani di continuare a combattere a fianco degli stessi per la liberazione del paese dall'occupazione nazista.


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Tratto da : http://it.wikipedia.org/wiki/Regia_Marina

 
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view post Posted on 15/1/2009, 21:44


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gli stemmi proposti sono di fantasia o li hai tratti da qualche tavola?
 
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view post Posted on 15/1/2009, 22:48
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Sono tratti da Wikipedia.


Edited by Fante - 16/1/2009, 08:29
 
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view post Posted on 14/4/2011, 18:17


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ciao caro Max,
posso chiedere un chiarimento:
lo stemma araldico della Marina presenta la corona turrita della Repubblica e lo scudo sabaudo con i fasci del ventennio... non sembra anche a te che abbaino fatto una miscellanea di simboli :wacko: ?
Grazie e buona serata,
Andrea
 
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view post Posted on 14/4/2011, 19:44
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Per avere chiarimenti su quanto chiesto, vai al sito che ti propongo ( www.iagi.info/ARALDICA/militare/militare_05.html; ) troverai tutti i chiarimenti necessari e i vari decreti resisi necessari per l'adozione dello stemma della Regia Marina prima e Marina Militare poi.
 
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dimonios
view post Posted on 14/4/2011, 21:21




CITAZIONE (alpino2 @ 14/4/2011, 19:17) 
ciao caro Max,
posso chiedere un chiarimento:
lo stemma araldico della Marina presenta la corona turrita della Repubblica e lo scudo sabaudo con i fasci del ventennio... non sembra anche a te che abbaino fatto una miscellanea di simboli :wacko: ?
Grazie e buona serata,
Andrea

Salve, non si tratta della corona turrita della repubblica, ma della Corona Navale Romana!
Lo stemma, nella forma con fasci littori, venne ideato nel 1939 e ufficializzato con decreto del 1941; pare si trattasse di un idea dell'ammiraglio Cavagnari. Assodata la simbologia relativa allo scudo sabaudo, ai fasci ed agli stemmi della 4 Repubbliche marinare, l'accessorio più affascinante e misterioso è proprio la corona rostrata (o turrita)! Forse non molti sanno che la corona turrita o meglio la "Corona Navale" nome con il quale era conosciuta nella marina dell'antica Roma, era una onorificenza che veniva conferita dal Senato ai grandi ammiragli per grandi vittorie sul mare! Solo 3 ammiragli romani riuscirono a meritarla!
Oggi, molti la interpretano, erroneamente, come simbolo della forma Istituzionale Repubblicana!
Graficamente si trattava di una corona composta da tre torri ed ornata a destra e sinistra da due prore rostrate di navi da battaglia romane.
L'ammiraglio Cavagnari, con questo simbolo, voleva idealmente tracciare un ponte tra le antiche tradizioni marinare romane e la moderna (per l'epoca) marina italiana, fornendo quindi anche una origine e tradizione comune ad una marina che ancora soffriva delle divisioni originarie delle marine sarda, toscana e borbonica.
Così, dal 1941 questo fregio entrò in ogni aspetto d'uso comune della marina italiana, comparve come logo sui documenti, nei diplomi di concessione di decorazioni o titoli ecc. Ancora oggi, dal 1941, la "Corona Navale" è presente nella bandiera della marina militare e nella sua tipica colorazione in toni di azzurro e celeste è visibile su diplomi, brevetti, concessioni ecc.

Dimonios (alias Millelire)
 
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view post Posted on 15/4/2011, 11:07
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Bravo, sei stato chiarissimo :D :D
Chiedo venia ad Alpino2 se per pigrizia mi sono limitato ad allegare il link :( :(
 
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view post Posted on 15/4/2011, 13:13


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Grazie per la esauriente delucidazione.
Un caro saluto,
Andrea
 
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8 replies since 15/9/2008, 10:39   4392 views
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