Il CT Pessagno, La classe Navigatori e la difesa dei convogli

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view post Posted on 22/1/2010, 16:01
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R.N. Cacciatorpediniere Emanuele Pessagno

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Il cacciatorpediniere Emanuele Pessagno della Regia Marina, classe Navigatori, fu impostato nei Cantieri Navali Riuniti di Ancona il 9 ottobre 1927, varato il 12 agosto 1929 ed entrò in servizio il 10 marzo 1930 come esploratore leggero.
Il Pessagno prese nome dal navigatore genovese Emanuele Pessagno, vissuto a cavallo tra il XIII e il XIV secolo, divenuto famoso come comandante supremo della flotta del re del Portogallo.
Il Pessagno fu la settima unità della classe ad entrare in servizio nel marzo del 1930 come esploratore leggero, subendo poco dopo il primo importante ciclo di modifiche per il miglioramento della stabilità (alleggerimento e abbassamento delle sovrastrutture). Nel 1938, nell'ambito della riorganizzazione della Regia Marina, fu riclassificato cacciatorpediniere
Sigla identificativa PS Motto “Superare e superarsi”

Dislocamento: Normale 2.380 Tonnellate Pieno carico 2.657 Tonnellate
Dimensioni: Lunghezza: 107,7 metri
Larghezza: 10,2 metri
Immersione: 4,2 metri
Apparato motore:
4 caldaie Odero
2 Turbine Tosi
2 eliche
Potenza: 50.000 HP
Velocità: 38 nodi
Combustibile: 630 Tonnellate di nafta
Autonomia: 3.100 miglia a 15 nodi; 800 miglia a 36 nodi
Armamento:
6 pezzi da 120/50 in 3 torri binate
2 pezzi da 40/39
4 mitragliere da 13,2 mm. in 2 impianti binati
6 tubi lanciasiluri da 533 mm. in 2 impianti trinati
dispositivi per posa mine e lancio bombe di profondità
2 paramine per dragaggio in corsa
Equipaggio: 173 (9 ufficiali, 164 sottufficiali e marinai)

Come altre unità della stessa classe, nel periodo tra le due guerre effettuò la normale attività di squadra, partecipò alla crociera atlantica di Italo Balbo del 1930 e, successivamente, alle operazioni di appoggio navale durante la guerra civile spagnola dal 1936 al 1938.
Nel 1938 fu riclassificato cacciatorpediniere e assegnato alla XVI Squadriglia Cacciatorpediniere con base a Taranto. Come quasi tutte le unità consorelle subì l'ultimo ciclo di modifiche nel 1940, subito prima dell'inizio della seconda guerra mondiale. Nelle fasi iniziali del conflitto svolse attività di squadra e di scorta.
Partecipò marginalmente alla battaglia di Punta Stilo, come componente del gruppo di protezione e sostegno ai convogli costituito dalla V Divisione Navi da Battaglia (Cesare e Cavour), dalla IV e VIII Divisione Incrociatori e dalle Squadriglie Cacciatorpediniere VII, VIII, XV e XVI. La partecipazione all'azione fu solo marginale in quanto, al momento del contatto con il nemico, la maggior parte delle squadriglie di cacciatorpediniere erano rientrate in porto per rifornimento.
Solo nominale fu anche la partecipazione del Pessagno alla sfortunata odissea dell'operazione Gaudo: infatti nelle prime fasi dell'operazione il Pessagno lamentò un'avaria ad una caldaia che ne limitava di molto la velocità. Di fatto questa avaria costrinse tutta l'VIII Divisione Incrociatori (Duca degli Abruzzi e Garibaldi), alla quale solo il Pessagno insieme al Da Recco fornivano la scorta, ad allontanarsi dal teatro operativo facendo rotta di rientro.
Fu questa l'ultima missione del Pessagno con la flotta: successivamente fu infatti destinato, come la maggior parte delle unità similari, alle attività di posa mine (spezzate S1, S2, S3 e S4 e sbarramento T) e soprattutto di scorta ai convogli e trasporti veloci. Numerose furono le missioni di questo tipo compiute tra l'aprile 1941 e il maggio 1942, alcune delle quali drammatiche come quella che vide l'affondamento delle motonavi Oceania e Neptunia, due transatlantici veloci utilizzati per il trasporto truppe. Questi liner erano stati costruiti dai Cantieri Riuniti Dell'Adriatico di Monfalcone per la Consulich Line e varati nel 1932. Con l'annessione di quest'ultima alla Italia Flotta Riunite nel gennaio del 1937, issarono bandiera tricolore e servirono sulle rotte intercontinentali tra Trieste e Napoli per il Brasile, l'Uruguay e l'Argentina.
Lunghe quasi 180 metri, con una stazza di 19.507 tonnellate ed in grado di sviluppare 20 nodi di velocità, potevano imbarcare 1385 passeggeri in tre classi.
Dal 1935 coprirono la tratta Genova - Bombay - Shanghai via Suez.
Nel 1940 vennero adibite a navi trasporto truppe. Va ricordato infine che, per la velocità massima raggiunta in navigazione di 22,56 nodi, la NEPTUNIA, assieme alla gemella OCEANIA, erano i due più veloci transatlantici del mondo. Si riteneva che proprio la possibilità per tutte le navi del convoglio di navigare alla velocità di 20 nodi costituisse la migliore difesa.

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La notte tra il 16 e il 17 settembre 1941 le motonavi Vulcania, Oceania e Neptunia, scortate dai cacciatorpediniere Da Recco, Da Noli, Pessagno, Usodimare e Gioberti, lasciarono Taranto per Tripoli cariche di truppe italiane e tedesche e rifornimenti, per un totale di 5818 uomini imbarcati.
Il convoglio mantenne una rotta tale da portarlo a una distanza da Malta superiore all'autonomia dei velivoli nemici basati sull'isola, quindi l'offesa principale era rappresentata dai sommergibili. Allertati dalla ricognizione aerea attendevano al varco le navi italiane quattro sommergibili inglesi : Unbeaten, Upholder, Upright, Ursula.
Giunti a poche decine di miglia da Tripoli, l'Oceania e il Neptunia furono silurate dal sommergibile inglese Upholder comandato dal capitano di corvetta Wanklin. Per fortuna le due navi rimasero a galla il tempo sufficiente perché le unità di scorta riuscissero a mettere in salvo la maggior parte dei naufraghi (5434 su 5818 uomini), nonostante la continua minaccia di ulteriori attacchi subacquei: infatti, mentre il Neptunia, più gravemente danneggiato, affondò dopo circa due ore e mezza dal siluramento (33° 02' N - 14° 42' E), l'Oceania avrebbe anche potuto salvarsi se non fosse stato nuovamente colpito dall'Upholder con un siluro che ne provocò il rapido affondamento. In questi frangenti i cacciatorpediniere di scorta e i loro equipaggi si prodigarono nello sforzo di salvare il maggior numero possibile di naufraghi: il solo Pessagno ne prese a bordo oltre 2.083, probabilmente superando anche i limiti di carico previsti per le missioni belliche. Il Da Recco prese a bordo 1.302 naufraghi, il Da Noli 682.

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Il Vulcania, la più grande delle tre navi, da 24.000 tonnellate, giunse indenne a Tripoli, grazie anche alla scorta aerea decollata dai campi nord africani, che avvistò l'Ursula e gli impedì che l'attacco del sommergibile avesse esito nefasto. Tutti i siluri vennero infatti facilmente evitati dalla grande nave.
La carriera operativa del Pessagno si concluse tragicamente il 29 maggio 1942 durante una missione di scorta. Il Pessagno insieme al Pigafetta stava scortando i piroscafi Capo Arma e Gualdi diretti a Bengasi. Fin dall'inizio della traversata il convoglio, partito il 27 maggio, fu oggetto di attacchi aerei e subacquei. Nella notte tra il 28 e il 29 maggio il sommergibile inglese Turbulent, in agguato sulla sinistra del convoglio, lanciò una salva di quattro siluri. Nonostante questi fossero avvistati dal Pigafetta che ne diede l'allarme, il convoglio non riuscì a compiere alcuna manovra evasiva e tre dei siluri giunsero a segno colpendo prima il Capo Arma e subito dopo il Pessagno che, centrato in due punti, affondò a 70 miglia a Nord di Bengasi.
Aveva svolto 135 missioni di guerra per un totale di 52.463 nm e 3203 ore di navigazione.

Vi lasciarono eroicamente la vita :

T.V. COLOGNESE Giovanni
T.V. GREFFI Andrea M.B.V.M.
S.T.V. CAZZAMALLI Luciano-M.A.V.M.-M.B.V.M.
S.T.V.C. BALLETTI Francesco
c.gn.dm.c. MANISCO Arnaldo
t.gn.dm.c. PAPALE Angelo
t.gn.dm.c. SERENELLI Michele
capo cann.1 cl. TRONCI Tommaso-2 M.B.V.M.

Anche il sommergibile che affondò il Pessagno non sopravvisse alla guerra:

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12 Marzo 1943, l' HMS Turbulent (Comandante John Wallace Linton, DSO, DSC, RN) stava incrociando al largo della Maddalena (coste nord-orientali della Sardegna) che era un'importante base della Regia Marina. Qui fu localizzato ed attaccato da motoscafi anti-sommergibili, che lo affondarono con bombe di profondità al largo di Capo Ceraso.

L’affondamento del Turbulent pose fine alla carriera di uno dei sommergibili britannici con eccellenti risultati operativi, si propone l’elenco del naviglio affondato da questa unità:

7 Aprile 1942 nave a vela Rosa M. (271 T) a sud di Cattaro, Yugoslavia
14 Aprile 1942 nave a vela Franco (200 T) nei pressi di Sebenico, Yugoslavia
16 Aprile 1942 mercantile Delia (5406 T) nei pressi di Brindisi, Italia, posizione 40º50'N, 17º37'E.
14 Maggio 1942 nave a vela San Giusto (243 T) 10 miles ad est di Apollonia, Grecia
18 Maggio 1942 mercantile Bolsena (2384 T) ovest di Bengasi, Libia, posizione 32º47'N, 18º51'E
29 Maggio 1942 cacciatorpediniere Emanuelle Pessagno (1917 T), mercantile Capo Arma (3172 T), mercantile Anna Maria Gualdi (3289 T). 70 miglia nord-ovest di Bengasi, Libia, posizione 33º07'N, 19º28'E.
24 Giugno 1942 mercantile Regulus (1085 T, varato nel 1884) Golfo della Sirte 5 miglia ad ovest di Ghemines.
6 Agosto 1942 cacciatorpediniere Strale (1225 tons) nei pressi di Capo Bona
17 Agosto 1942 danneggiato il trasporto Nino Bixio (7137 T) 12 miglia sud-ovest di Navarino, Grecia, posizione 36º35'N, 21º34'E. Il cargo trasportava 2000 prigionieri di guerra di cui 300 moriranno in seguito all’attacco. Mercantile Sestriere (7992 T) 30 miglia sud di Navarino, Grecia, posizione 36º36'N, 21º30'E
19 Agosto 1942 danneggiata la petroliera Pozarica (7751 T) nei pressi di Antikythera, Grecia
8 Ottobre 1942 mercantile tedesco Kreta (1013 T) vicino Ras al Hilal, Libia
11 Novembre 1942 nave appoggio sommergibili Bengasi (1554 T) 10 miglia nord-est di Capo Carbonara, Sardegna, Italia, posizione 39º10'N, 09º39'E
29 Dicembre 1942 mercantile Marte (5290 T) est di Capo Ferrato, Sardegna, Italia, posizione 39º17'N, 09º41'E
11 Gennaio 1943 mercantile Vittoria Beraldo (547 T) vicino Cattaro, Yugoslavia
1 Febbraio 1943 mercantile Pozzuoli (5345 T) nei pressi di Capo San Vito, Sicilia, Italia, posizione 38º13'N, 12º50'E. Mercantile armato Ramb III (3667 T)
5 Febbraio 1943 petroliera Utilitas (5342 T) nei pressi di Palermo, Sicilia, Italia
1 Marzo 1943 mercantile San Vincenzo (865 T) nei pressi di Paola, Italia

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La motonave bananiera RAMB III, una delle vittime del sommergibile Turbulent



 
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Aggiungo della stessa classe navigatori il CT Lanzerotto Malocello

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CT Lanzerotto Malocello

Capitano di Fregata Leoni

Motto A tutti i costi Sigla identificativa MC (MO dai primi mesi del 1942)

Il Malocello ha preso nome dal navigatore genovese Lanzerotto Malocello, nato a Varazze nel XIII secolo, scopritore delle isole Canarie. Da lui prese nome l'isola di Lanzarote.
Il Malocello, pur essendo stato impostato in cantiere per primo, fu la quinta unità della classe ad entrare in servizio all'inizio del 1930 come esploratore leggero. Dopo pochi mesi di attività addestrativa rientrò in cantiere per essere sottoposto al primo ciclo di modifiche per il miglioramento della stabilità (alleggerimento e abbassamento delle sovrastrutture).
Rientrato in servizio il 18 ottobre 1930 e assegnato al II Gruppo Divisione Leggera, ricevette la bandiera di combattimento a Genova l'8 dicembre 1931. Nel periodo tra le due guerre effettuò la normale attività di squadra. Nel 1930 partecipò alla crociera atlantica in appoggio alla trasvolata di Italo Balbo insieme ad altre unità gemelle.
Nel 1935 dovette ancora rientrare in cantiere per riparare i danni conseguenti a un grave incidente occorso durante un'esercitazione notturna: il Malocello venne a collisione con lo Zeno con gravi danni e vittime per entrambe le unità.
Rientrato in servizio, nel periodo 1936-1939 partecipò alle operazioni di appoggio navale durante la guerra civile spagnola e fu poi inviato per vario tempo a Tangeri e a Lero.
Rientrato in patria restò in cantiere per i primi tre mesi del 1940, sottoposto ai grandi lavori di allargamento dello scafo e rifacimento della prora. Rientrato in servizio il 31 marzo 1940, fu assegnato alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere, dipendente dalla IV Divisione Incrociatori nell'ambito della II Squadra Navale.
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale il Malocello faceva parte della XV Squadriglia Cacciatorpediniere con base a Taranto e, tra quelle della classe Navigatori, fu una delle unità più attive e longeve. Partecipò inizialmente a numerose missioni di squadra a partire dallo scontro di Punta Stilo ma, come le altre unità similari, svolse la maggior parte della sua attività bellica in operazioni di scorta ai convogli e posa di mine. Ciò non gli impedì di essere presente in maniera assai attiva nella Battaglia di Pantelleria durante la quale venne inviato, insieme al Vivaldi, all'attacco dei mercantili del convoglio "Harpoon": sfortunatamente i due cacciatorpediniere vennero intercettati da un gruppo di nove cacciatorpediniere inglesi che colpirono e danneggiarono gravemente il Vivaldi. Quest'ultimo continuò però a combattere accanitamente con il valido aiuto del Malocello che, oltre a proteggerlo con una cortina di fumo, continuò ad attaccare le unità inglesi colpendone anche due con il cannone. Dopo un'ora e venti minuti di lotta impari, durante la quale il Malocello sparò più di quattrocento colpi dei pezzi da 120 e fu bersaglio di un intenso tiro incrociato ravvicinato (tra i 5000 e i 6000 m), senza per fortuna subire alcun danno, i cacciatorpediniere inglesi infine si allontanarono. Per questa azione il Malocello fu decorato con Medaglia d'argento al valor militare.
Dall'agosto al dicembre 1942 rimase in cantiere per grandi lavori durante i quali venne anche dotato del radar di fabbricazione tedesca De.Te. Rientrò in servizio nel gennaio del 1943, durante il periodo più difficile della "guerra dei convogli", operando insieme alle altre unità superstiti sulla cosiddetta "rotta della morte", cioè il tragitto obbligato tra i campi minati che univa l'Italia alla Tunisia. Numerose furono le missioni di scorta ma anche di trasporto veloce delle truppe per alimentare l'ultima vana resistenza dell'Asse sul fronte nordafricano. Il 24 marzo 1943 durante una di queste missioni insieme a Pancaldo, Camicia Nera e Ascari, il Malocello urtò una mina a nord di Capo Bon. Spezzatosi in due tronconi affondò rapidamente. Purtroppo anche l'Ascari, che gli stava prestando soccorso, subì la stessa sorte.
Si concludeva così tragicamente l'intensa attività del Malocello durante la quale svolse 149 missioni (tra le quali 68 scorte a convogli, 6 posa mine, 6 ricerca nemico, 2 caccia sommergibili, e svariati trasporti truppe) per un totale di 61.709 mn e 3737 ore di navigazione.

Ufficiale imbarcato sul CT Malocello decorato MOVM T.V.Adolfo Gregoretti

Il 19 dicembre 1942 prese imbarco sul cacciatorpediniere Malocello con il quale salpò da Pozzuoli la sera del 23 marzo 1943 insieme al Camicia Nera ed il Pancaldo per trasportare a Tunisi reparti di militari tedeschi.
Alle ore 07.30 del giorno successivo l'unità urtò contro una mina nemica che scoppiò a centro nave, spezzando in due tronconi l'unità. In questo difficilissimo frangente il Tenente di Vascello Adolfo Gregoretti si prodigava coraggiosamente nei locali allagati ed invasi dal vapore, portando a salvamento il personale ferito. Distrusse poi tutti i documenti e le carte nautiche e generosamente passò la propria cintura di salvataggio a un marinaio che ne era sprovvisto, affondando con l'unità.

fonti Wikipedia e Sito Uff. Marina Militare

Saluti giacomo
 
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view post Posted on 14/2/2010, 12:01
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Sempre appartenente alla classe navigatori


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R.N. Nicoloso da Recco

Motto Ardisci e vinci

Sigla identificativa DR

Il Nicoloso da Recco fu un'unità della Regia Marina e della Marina Militare Italiana. Classificato esploratore leggero al momento della sua entrata in servizio venne riclassificato cacciatorpediniere dal 1938, insieme a tutte le unità gemelle della Classe Navigatori.
La sua costruzione iniziò il 14 dicembre 1927 nei Cantieri Navali Riuniti di Ancona e, varato il 5 gennaio 1930, venne consegnato alla Regia Marina il 20 maggio successivo. La nave venne intitolata al navigatore genovese Nicoloso da Recco che nel 1341, insieme al fiorentino Angiolino del Tegghia de' Corbizzi, compì un viaggio alle Canarie per conto di Alfonso IV del Portogallo.
Dopo la consegna, eseguito un breve periodo di addestramento, rientrò in cantiere per modifiche per il miglioramento della stabilità, mediante alleggerimento e abbassamento delle sovrastruttura.
Insieme alle unità gemelle Alvise Da Mosto, Antonio da Noli, Lanzerotto Malocello, Leone Pancaldo, Emanuele Pessagno, Luca Tarigo in qualità di ammiraglia della Divisione Esploratori, partecipò alla scorta di appoggio agli idrovolanti Savoia-Marchetti S.55A di Italo Balbo durante la celebre trasvolata Italia-Brasile che si svolse dal 17 dicembre 1930 al 15 gennaio 1931. L'unità, partita dalla Spezia l'1 dicembre rimase assente dall'Italia oltre cinque mesi, rientrando il 27 maggio 1931. Al rientro iniziò l'attività di squadra e nello stesso anno, dopo aver partecipato ai festeggiamenti per il 50° anniversario dell'Accademia Navale di Livorno, ricevette a Genova, l'8 dicembre, la bandiera di combattimento, offerta dal comune di Recco.
Tra il 1936 ed il 1938 nel corso della guerra civile spagnola prese parte ad azioni di pattugliamento nelle acque del Mediterraneo occidentale.
Classificato cacciatorpediniere il 5 settembre 1938, divenne Capo squadriglia della XVIa Squadriglia cacciatorpediniere alle dipendenze della IIa Squadra di base alla Spezia.
Successivamente la XVIa Squadriglia cacciatorpediniere venne trasferita a Taranto alle dipendenze della VIIIa Divisione Navale della Ia Squadra e durante la seconda guerra mondiale prese parte a tutte le missioni nella quale la VIIIa Divisione venne impegnata, tra cui la battaglia di Punta Stilo e la battaglia di Capo Matapan.
Il 2 novembre 1942, durante un trasporto rapido di munizioni da Taranto a Tobruk, la formazione di cui faceva parte il da Recco venne attaccata da bombardieri e siluranti nemici ed il "da Recco" colpito in coperta da un siluro inesploso subì danni di una certa entità al ponte. Il successivo 1 dicembre durante una missione di scorta di quattro piroscafi carichi di truppe partito da Palermo e diretto a Biserta, la formazione di cui il da Recco faceva parte venne attaccata durante la notte da una preponderante formazione inglese che disponeva dell'ausilio dei radar e dai bengala lanciati dagli aerei. Le unità italiane cercarono di difendere strenuamente il convoglio con cortine fumogene ed attaccando le navi nemiche aprendo il fuoco e con il lancio di siluri. Nel corso del combattimento vennero affondati i quattro piroscafi e il cacciatorpediniere Folgore, mentre il da Recco gravemente danneggiato rientrò a Trapani aiutato dai gemelli da Noli e Pigafetta usciti per soccorrerlo. Questo episodio è noto come battaglia del banco di Skerki. Successivamente venne trasferito all'Arsenale di Taranto dove rimase dal 9 gennaio al 26 giugno 1943. All'armistizio dell'8 settembre, partì da Taranto dove si trovava, per raggiungere Malta e consegnarsi agli Alleati in ottemperanza alle clausole armistiziali.
Durante il conflitto aveva percorso 68.318 miglia per un totale di 4256 ore di moto effettuando 176 missioni di guerra fra cui 70 per scorta e protezione traffico, salvataggi di naufraghi, caccia a sommergibili nemici con lancio di torpedini da getto, trasporti rapidi di truppe e materiali, ed uscite in appoggio ad aerei nazionali ed a navi che eseguivano pose di sbarramenti di mine. Al suo attivo anche l'abbattimento di numerosi aerei nemici, ben quattro di questi il 21 giugno 1942 durante un attacco mentre scortava un convoglio da Napoli a Tripoli.
Durante la cobelligeranza venne impiegato per la scorta a convogli alleati e per il trasporto di personale e materiali alle corazzate Vittorio Veneto e Italia internate ai Laghi Amari, in Egitto.
Dopo la guerra fu l'unica unità della classe sopravvissuta al conflitto ed in base alle clausole del trattato di pace fu tra le unità che vennero mantenute dall'Italia.
Ormai usurato il "Nicoloso da Recco" svolse solo una modesta attività operativa. Dopo essere stato sede del Comando Dragaggio dall'1 marzo 1948 al 30 novembre 1950 venne posto in disarmo il 15 luglio 1954 e il 30 luglio dello stesso anno radiato.

fonti Wikipedia e Sito Uff. Marina Militare

Saluti Giacomo



 
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Un altro esploratore classe Navigatori

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Regio cacciatorpediniere Leone Pancaldo

Motto D'aquila penne, ugne di leonessa Il motto della nave tratto da "L'ultima canzone" (da "Merope", 1912) di Gabriele D'Annunzio.
Sigla identificativa PN

Cantiere Cantieri Navali del Tirreno Riva Trigoso
Impostazione 7 luglio 1927
Varo 5 febbraio 1929
Entrata in servizio 30 novembre 1929
Caratteristiche generali
Dislocamento 2380 (standard) tonn. (pieno carico) 2657 tonn.
Lunghezza 107,7 metri
Larghezza 10,2 metri
Pescaggio 4,2 metri
Propulsione 4 caldaie Odero 2 turbine Parsons su 2 eliche
Potenza: 50000 CV
Velocità 38 nodi
Combustibile: 630 Tonn. di nafta
Autonomia 3100 miglia a 15 nodi, 800 miglia a 36 nodi
Equipaggio 9 ufficiali, 164 sottufficiali e marinai
Sensori di bordo Ecogoniometro e Radar (dalla fine del 1942)
Sistemi difensivi 2 paramine tipo C per dragaggio in corsa
Armamento 6 cannoni da 120/50 in 3 torri binate
2 mitragliere antiaree da 40/39
4 mitragliere da 13,2 in 2 impianti binati
6 tubi lanciasiluri da 533,3 in 2 impianti trinati
dispositivi per posa mine e lancio bombe di profondità

Il cacciatorpediniere Leone Pancaldo della Regia Marina, classe Navigatori, fu impostato nei Cantieri Navali del Tirreno di Riva Trigoso nel 1927, varato nel 1929 ed entrò in servizio nello stesso anno come esploratore leggero. Nel 1938, nell'ambito della riorganizzazione della Regia Marina, fu riclassificato cacciatorpediniere.
Il Pancaldo prese nome dal navigatore ligure Leon Pancaldo, nato a Savona nel 1488 e componente della spedizione di Magellano intorno al mondo. Il Pancaldo a tutt'oggi è l'unica unità della Marina Italiana ad aver portato il nome di un savonese.
Il Pancaldo fu la seconda unità della classe ad entrare in servizio nel novembre del 1929 come esploratore leggero, subendo poco dopo (maggio-settembre 1930) il primo importante ciclo di modifiche per il miglioramento della stabilità (alleggerimento e abbassamento delle sovrastrutture). Come altre unità della stessa classe, nel periodo tra le due guerre effettuò la normale attività di squadra, partecipò alla crociera atlantica di Italo Balbo del 1930 distinguendosi per il salvataggio dell'equipaggio dell’idrovolante I-DONA del comandante Renato Donadelli che per un’avaria era stato costretto ad ammarare pericolosamente nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico. Successivamente contribuì alle operazioni di appoggio navale durante la guerra civile spagnola dal 1936 al 1938.
Nel 1938 fu riclassificato cacciatorpediniere e assegnato alla XVIa Squadriglia Cacciatorpediniere con base prima alla Spezia e poi a Taranto. Dopo un breve periodo passato a Pola per addestramento equipaggi, subì l'ultimo ciclo di modifiche nel 1940, subito prima dell'inizio della seconda guerra mondiale. Allo scoppio del conflitto il Pancaldo era a Taranto, assegnato alla XIVa Squadriglia Cacciatorpediniere, alle dipendenze della IX Divisione Corazzate della I Squadra.
Partecipò alla battaglia di Punta Stilo del 9 luglio 1940, facendo parte del gruppo di protezione e sostegno composto da V Divisione Corazzate, IV e VIII Divisione Incrociatori con altre quattro Squadriglie di cacciatorpediniere. In realtà la XIV Squadriglia (Vivaldi, Da Noli e Pancaldo) era stata inizialmente lasciata in porto di riserva a Taranto ma, una volta chiarito che l'operazione in corso si stava trasformando da scorta convogli a possibile scontro con la Mediterranean Fleet, l'ammiraglio Inigo Campioni decise di far muovere anche queste unità a rinforzo del gruppo. Lo scontro per la XIV Squadriglia (ridotta ai soli Vivaldi e Pancaldo per avaria del Da Noli) si risolse in un nulla di fatto, in quanto la loro azione di attacco col siluro fu interrotta per allontanamento del nemico e insufficiente velocità delle unità italiane.
Il Pancaldo uscì quindi indenne dallo scontro di Punta Stilo, ma rientrato ad Augusta, il giorno dopo fu colpito da un aerosilurante mentre era ormeggiato in porto. I danni furono rilevanti e causarono anche la morte di sedici uomini, ma la nave affondò in acque basse e poté quindi essere recuperata anche se con un lungo lavoro che durò circa un anno. Un altro anno ci volle perché fossero completate le riparazioni nei cantieri di Genova dove la nave era stata rimorchiata. Infine il 12 dicembre 1942, dopo aver ricevuto a la Spezia l'ecogoniometro e, unica della sua classe, il radar di progettazione italiana EC3 "Gufo", il Pancaldo rientrò finalmente in servizio e fu assegnato alla XV Squadriglia Cacciatorpediniere, basata all'epoca a Trapani.
Come quasi tutte le unità similari venne assegnato all'attività di trasporto truppe e scorta convogli sulla cosiddetta "rotta della morte", cioè il tragitto obbligato fra campi minati tra l'Italia e la Tunisia. Il 30 aprile 1943 il Pancaldo era impegnato in una missione di trasporto truppe con il cacciatorpediniere ex greco Hermes, armato dalla Marina germanica da Pozzuoli a Tunisi. Le due navi furono oggetto di un violento attacco da parte di 40 bombardieri alleati. Colpito da più bombe il cacciatorpediniere Pancaldo subisce la distruzione dell'apparato motore e numerose falle. L'affondamento avviene alle ore 12.30 a 2 miglia per 29° da Capo Bon.
Nella sua breve carriera aveva svolto solo 13 missioni di guerra per un totale di 6.732 nm e 396 ore di navigazione.


Saluti Giacomo
 
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ascarisomalo
view post Posted on 9/3/2010, 14:01




Bellissime ed utili schede! Bravo!

Piero
 
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view post Posted on 12/5/2010, 19:48
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Ho acuisito un'ulteriore bella immagine del Pessagno che allego ad integrazione

Saluti giacomo

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5 replies since 22/1/2010, 16:01   3264 views
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