Il cacciatorpediniere Quintino Sella, L'ultima vittima dei Corsari in Adriatico

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lancieri novara 5
view post Posted on 1/11/2010, 21:45 by: lancieri novara 5
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Ho ricevuto e letto il libro "Corsari in Adriatico" di E.Bagnasco..sono rimasto piacevolmente sorpreso dall'agile narrazione di Bagnasco che rende gradevolissima la lettura del libro che si divora a costo di tirare tardi e sentire la consorte mugugnare. Consiglio a tutti la lettura del libro, che, tra l'altro, tratteggia a grandi linee la personalità di Schmidt che emerge come una figura di ufficiale di marina d'altri tempi generoso con gli sconfitti, tenace, fantasioso, insomma un personaggio ben lontano dallo stereotipo del nazista che mitraglia i superstiti del cargo silurato. La vicenda della straordinaria crociera in Adriatico narrata nel libro è stata da me ridotta in pillola (spero digeribile) pur cercando di mantenere i tratti essenziali della vicenda..comunque mia moglie dice che sono prolisso..quindi i critici sono avvisati..

L’8 settembre 1943 nel porto di Taranto erano presenti solo tre unità germaniche in attesa di riparazioni.
Si trattava di due motosiluranti (Scnellboot), la S54 al comando dell’Oberleutnant zur See (Sottotenente di Vascello) Klaus-Degenhard Schmidt, capo sezione, la S61 al comando dell’Obersteuermaat (Capo Nocchiere) Friedel Bloomker (in sostituzione di un ufficiale rimpatriato per malattia) e di una motozzatera posamine la MFP 478.
All’annuncio dell’Armistizio, mentre i marinai italiani festeggiavano la fine della guerra, l’Oberleutnant Schmidt ordinava, seguendo precise direttive già impartite segretamente, di prepararsi ad abbandonare il porto, divenuto potenzialmente ostile. La motozattera si portò alla polveriera di Boffoluto dove il Tenente di Vascello Hans Winkler (del Genio Navale) riuscì non solo a recuperare le 24 mine depositate prima di andare ai lavori, ma anche a sabotare altre mine tedesche presenti nel deposito. Le mine recuperate erano modello TMB da fondo, operative intorno ai 30 metri, da 420 kg di carica con attivazione elettromagnetica e acustica, dotate di congegno regolabile di ritardo d’armamento e di un dispositivo che determinava lo scoppio della carica dopo un numero variabile di attivazioni.
L’Ammiraglio Brivionesi concesse alle unità di allontanarsi ed uscire dagli sbarramenti, tenute sotto controllo visivo dal personale dei fari e del naviglio presente in porto. Procedendo a lento moto verso gli sbarramenti del Mar Grande la MFP 478 riuscì a filare a mare tutto il suo carico di mine.
Alle 6,54 del giorno 9 la flottiglia tedesca, lasciata Taranto di poppa senza grane, procedeva verso S.Maria di Leuca a velocità ridotta per la scadente condizioni del motori e la ridotta velocità della motozattera.
Alle 12,45 vennero avvisati due dragamine ausiliari italiani (motopescherecci requisiti). Uno si metteva in salvo dirigendo sottocosta a tutta velocità, il secondo (RS 240 Vulcania 91 tonn.) veniva intercettato dalla S54 e obbligato a fermarsi. Dopo che l’equipaggio si fu posto in salvo venne fatto esplodere con cariche disposte dai tedeschi. Affondò a un miglio e mezzo per 190° dal faro del porticciolo di S.Maria di Leuca.
La reazione delle batterie costiere fece allontanare i tedeschi che ripresero la loro navigazione attraverso il Canale d’Otranto.
Il sopraggiungere a forte velocità dell’incrociatore Scipione l’Africano impose a Schmidt la scelta di affondare la lenta motozattera e di cercare scampo allontanandosi il largo facendo fumo. Il vascello italiano apprezzò la scena tattica, ma non intervenne perché ordini superiori gli imponevano di raggiungere Pescara a recuperare il “prezioso e nobile” carico che, per altro, compulso da nobilissimi sentimenti si era affrettato ad imbarcarsi sulla corvetta Baionetta.
Schmidt stupito per la fortuna avuta riprese la navigazione verso l’Alto Adriatico con i motori ulteriormente azzoppati dalla precipitosa manovra evasiva attuata all’avvistamento dello Scipione.
La necessità di approvvigionarsi di acqua dolce, di cui i motori guasti facevano un consumo abnorme, spinse l’unità ad atterrare nei pressi di Valona.
Frattanto i detonatori delle mine sganciate iniziavano ad attivarsi: la prima vittima fu il posamine veloce Abdiel che alla 22,15 venne colpito a poppa da una forte esplosione che determinò una vasta falla. Il vascello, giunto in giornata nel porto italiano con altre navi britanniche, affondò rapidamente. L’esplosione causo 48 vittime tra i 230 membri dell’equipaggio, persero inoltre la vita 120 militari dei 435 imbarcati. La piccola nave ospedale Marechiaro si prodigò per il salvataggio di naufraghi e feriti.
Prima dell’esatta comprensione di quanto era accaduto e della bonifica delle mine inesplose si ebbero altre due vittime: il rimorchiatore militare Sperone, che svolgeva servizio di traghetto tra l’Isola di San Pietro e la città con a bordo 150 marinai, pochi dei quali si salvarono e il motodragamine britannico MMS 70 su cui persero la vita 20 marinai.
Alle prime luci dell’alba del 10 settembre la sezione di siluranti prese a risalire la costa albanese e oltre verso Ragusa, nel porto appena occupato dai tedeschi le unità poterono rifornirsi e procedere a una sommaria riparazione.
Ripartito da Ragusa Schmidt si diresse verso il centro dell’Adriatico per tenersi lontano dal dedalo dell’arcipelago dalmata. Raggiunto il traverso di Ancona, a 10 miglia da terra, virò verso Venezia, poco dopo avvistò un vascello oscurato.
Le due unità siluranti si separarono per aggirare il bersaglio, la S54 segnalò alla nave sconosciuta di arrestare il moto. La nave ignorò il segnale e virò Schmidt ordinò il lancio di un siluro che fallì per problemi tecnici. La sezionarla, già in posizione silurò e colpì il vascello che rapidamente affondò. Le siluranti tedesche soccorsero i naufraghi accogliendoli a bordo delle due unità, tra essi il tenente di vascello Attilio Gamaleri che comunicò a Schmidt che l’unità affondata era una anziana cannoniera ausiliaria da 1000 tonnellate, l’Aurora, in viaggio da Pola verso il Sud. Su un equipaggio di 88 uomini 62 vennero salvati dalle unità tedesche. Ripresa la rotta verso Venezia alle 6,30 venne avvistata una moderna unità mercantile verso cui le motosiluranti si diressero velocemente, divergendo tra loro per aggirarla. Con i portelli dei siluri aperti le vedette intimarono alla nave di arrestarsi desiderando catturare una moderna unità, utile per il proseguimento delle ostilità. La motonave Leopardi, appena completata, aveva abbandonato Fiume insieme ad altre unità civili e militari grazie agli accordi presi dal Generale Gambara con i tedeschi, a bordo erano imbarcati militari e numerosissimi civili diretti ad Ancona. Il comandante militare, capitano di corvetta Vittorio Barich, apprezzata la superiorità del nemico e il dovere morale impostogli dall’imbarco di civili, decise di astenersi da comportamenti ostili. Il tenente di vascello Winkler e alcuni uomini della motozattera MFP 478 imbarcarono sul Leopardi, come equipaggio di preda.
Trasferiti sul Leopardi i naufraghi e i feriti dell’Aurora e trattenuti come ostaggi sulle siluranti i comandanti Gamaleri e Barich ed altri ufficiali italiani, Schmidt riprese la rotta verso Venezia. Venne avvistata a 12 miglia il faro di Punta della Maestra, poco dopo, a 25 miglia a Sud Est di Venezia viene avvistato un vecchio piroscafo, le siluranti si diressero verso di esso con l’intenzione di affondarlo o catturarlo, mentre erano in avvicinamento scorsero un cacciatorpediniere che sopravveniva.
Il comandante Schmidt apprezzò che uno scontro col caccia sarebbe stato letale per la sezioni di siluranti con i motori zoppicanti e che solo un lancio ravvicinato avrebbe consentito di avere la meglio sull’unità da guerra.
Schmidt avvicinò il piroscafo, il vecchio Pontinia, e lo obbligò ad accettarlo bordo, accompagnato da due sottufficiali. Il Pontinia, sotto il comando tedesco, prese una rotta che lo portava ad avvicinarsi al caccia con la motosilurante S54 nascosta al suo fianco. Raggiunta la distanza favorevole per il lancio contro il Sella, tale era il nome del caccia, Schmidt reimbarcò sulla silurante e dette tutto motore. Abbandonata la protezione del Pontinia la silurante effettuò il lancio di una coppiola di siluri da 400 metri di distanza. Colpito da due siluri il Sella si spezzò in due e affondò rapidamente. Il comandante Cini venne recuperato, gravemente ferito dal Pontinia; 4 ufficiali e 24 tra sottufficiali e marinai persero la vita nell’affondamento.
Nel giungere a Venezia, il pomeriggio dell’11 settembre, Schmidt, incerto su chi avesse il controllo militare della città, decise di entrare in porto con le prede senza mostrare la bandiera e con gli uomini vestiti con indumenti anonimi, la S61, ancora dotata di siluri, venne lasciata in retroguardia per proteggere la sezionarla e assestare nuovi colpi al traffico mercantile, se si fosse presentava l’occasione. In effetti i tedeschi avevano realizzato che la grande fuga verso Sud del naviglio italiano, con navi sovraccariche, talvolta non in piena efficienza e armate da equipaggi sotto shock per il rapido evolversi della situazione costituiva un’ottima occasione per cogliere successi, Schmidt aveva infatti diramato un radiomessaggio all’S30 e all’S33 presenti a Pola per richiedere la loro presenza.
La Pontinia chiese l’apertura dei varchi portuali, navi e silurante ormeggiarono alla fonda in laguna, vennero fatti sbarcare feriti, i tedeschi furono armati per far fronte alla situazione poco chiara di Venezia. Alle 21 la S61 entrò in porto con altri due piroscafi catturati e si affiancò al resto del naviglio sotto controllo germanico.
Il 12 mattina Schmidt armato e in uniforme si presentò al console tedesco, dottor Koster, che fu ben contento di sapere di poter disporre di una quarantina di marinai armati e dotati di due siluranti da usare come deterrente nei confronti del comandante di piazza di una città che era ormai bloccata dal possesso tedesco di Mestre.
L’Ammiraglio Brenta stretto tra il blocco del cordone ombelicale rappresentato dal ponte che univa la città a Mestre e la presenza di un nucleo di marinai armati in città si vide obbligato ad accettare i termini della capitolazione che prevedeva disarmo e consegna dei militari presenti sulla piazza, sospensione delle partenze e consegna tutte le unità presenti, consegna delle mappe dei campi minati e sospensione di qualsiasi sabotaggio a mezzi ed impianti.
Per il raggruppamento e la scorta dei marinai e soldati italiani dopo la resa vennero ancora impiegati marinai delle siluranti di Schmidt, l’arrivo di contingenti militari tedeschi permise ai marinai di tornare ad occuparsi delle proprie siluranti che, finalmente, poterono andare in cantiere per i lavori ai motori che le avevano portate a Taranto…
Il Sottotenente di Vascello Schmidt venne decorato con la Croce d’Oro e con la Croce di Cavaliere dell’Ordine della Croce di Ferro, il 22 dicembre 1944 Schmidt cadde mentre era al comando della S185 in combattimento con siluranti britanniche nel Canale della Manica.

Un caro saluto giacomo
 
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