documenti CLN

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AmaliaF
view post Posted on 19/5/2018, 18:03




Una cosa che non ho capito bene anche leggendo a destra e a manca è se i partigiani avessero o meno qualche documento/tessera/lasciapassare addosso (o magari non addosso, ma tenuto da parte).
A naso risponderei di no, eppure...che ci facevano con tutta quella carta intestata che girava per le mani delle staffette? Con l'ansia che c'era (almeno in ossola) di stanare spie e infiltrati, non si rischiava di brutto senza niente che dimostrasse chi eri?

I tesserini, i fogliettini, le foto, sono tutte della smobilitazione?
In effetti, poiché in quelle foto sono tutti lindi e pinti sembrerebbe di sì, eppure, mi chiedo, quando, spesso, le formazioni si separavano, si univano, si creavano nuove divisioni accorpando vecchie brigate etc etc, quando cambiavano i comandanti e i commissari, come venivano "formalizzate" queste azioni? Solo nei ruolini?
 
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view post Posted on 19/5/2018, 21:34


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Esistevano tessere di riconoscimento personale con alcuni dati essenziali, qui ne vedi un esempio:

https://miles.forumcommunity.net/?t=60688641
 
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view post Posted on 19/5/2018, 22:04
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Escluderei l'esistenza di documenti ufficiali durante il periodo bellico: tutto ciò che si trova è stato prodotto molto dopo il 25 aprile, come d'altra parte quasi tutte le foto che si vedono.
L'identità dei nuovi arrivati veniva confermata a voce dalle staffette che li accompagnavano che erano evidentemente persone di estrema fiducia.
Nel caso degli sconosciuti esistevano delle specie di "camere di compensazione" in cui venivano tenuti più o meno sorvegliati in attesa di effettuare controlli. E se per caso i controlli erano negativi quello sconosciuto veniva "accompagnato al comando di divisione".....
Negli archivi che ho potuto consultare queste procedure sono evidenziate varie volte, quindi direi che nel savonese questa era la prassi ed immagino che anche altrove si comportassero allo stesso modo.

Leicester presentando quel documento non tiene conto del fatto che a Sarsina il 25 aprile era già arrivato a novembre '44 e quindi quei documenti erano comunque post-liberazione.
 
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AmaliaF
view post Posted on 19/5/2018, 22:12




La prassi per i nuovi arrivati era quella sicuramente. Sorveglianza sotto punta a meno che non fossi persona nota.
Ma mi chiedevo più che altro come ci si regolasse nel continuo formarsi, disgregarsi, riunirsi e mutare delle formazioni. Nulla di scritto? Solo un ruolino su un quaderno da qualche parte?
Perché invece, ad esempio, il servizio sanitario, almeno in Ossola, aveva delle registrazioni molto precise (nomi cognomi diagnosi date di ingresso e dimissione, terapie...).
 
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view post Posted on 19/5/2018, 22:50
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CITAZIONE (AmaliaF @ 19/5/2018, 23:12) 
Perché invece, ad esempio, il servizio sanitario, almeno in Ossola, aveva delle registrazioni molto precise (nomi cognomi diagnosi date di ingresso e dimissione, terapie...).

A me sembra un'imprudenza assurda, almeno per ciò che riguarda nomi e cognomi: e se quel registro fosse caduto in mano all'avversario che fine avrebbero fatto non dico i partigiani che magari erano riusciti a fuggire ma i loro parenti stretti?

Circa gli spostamenti di gruppi valeva la regola della staffetta: erano sicuramente accompagnati da una persona conosciuta che garantiva per il gruppo.

I "ruolini" che ho potuto vedere riportavano il solo "nome cospirativo", tanto e vero che in alcuni casi di partigiani deceduti ancora oggi si ignora chi fossero, dato che difficilmente nome e cognome venivano abbinati allo pseudonimo, che tra l'altro variava molto spesso.

Posso ad esempio citarti il caso di un partigiano garibaldino conosciuto con il nomignolo "Invisibile": più indicato di quello non poteva sceglierlo. Fu ucciso da un altro gruppo garibaldino e nessuno è riuscito ad identificarlo. Quindi Invisibile di nome e di fatto.

Avendo ricontrollato l'elenco dei caduti in provincia di Savona per conto dell'ISREC esempi di partigiani sconosciuti ne ho riscontrati parecchi.
 
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AmaliaF
view post Posted on 19/5/2018, 23:04




Eh, sembra un'imprudenza anche a me, ovviamente per via delle ritorsioni.

Eppure, il registro è chiarissimo.
In "Guerriglia nell'Ossola: diari, documenti, testimonianze garibaldini " pag. 177 è riportata la pagina del 30.01.45 con tanto di firma (riconoscibilissima) di Maria Peron come Medico di Brigata.


Ruolini ossolani non ne ho visti (spero di trovarne nel fondo Muneghina all'ISEC), ma i partigiani "sconosciuti" fucilati nel grande rastrellamento di giugno, questo lo scrivono in diversi, erano per lo più ragazzi arrivati a inizio del mese (dopo la chiamata di leva del primo semestre '26) che si trovarono coinvolti prima di poter essere registrati al comando di brigata.
In effetti, dopo giugno, partigiani caduti non identificati sono pochi.

Edited by AmaliaF - 20/5/2018, 00:19
 
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view post Posted on 20/5/2018, 06:54
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CITAZIONE (AmaliaF @ 20/5/2018, 00:04) 
Eh, sembra un'imprudenza anche a me, ovviamente per via delle ritorsioni.

Eppure, il registro è chiarissimo.

Incoscienti sono sempre esistiti e sempre esisteranno.
 
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AmaliaF
view post Posted on 20/5/2018, 09:41




CITAZIONE
Incoscienti sono sempre esistiti e sempre esisteranno.

In questo caso incoscienza legittimata dal comando, visto che il registro è controfirmato dal comandante di brigata.
Comunque ho capito il concetto: è sensato presumere che "in giro" non ci fossero documenti nominali :)

Edited by AmaliaF - 20/5/2018, 11:00
 
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AmaliaF
view post Posted on 20/5/2018, 10:49




Guardate per esempio questo:

fel017

Si tratta del tesserino di Antonio Fellini (Togn) la cui anzianità partigiana è febbraio 1944.

Era col Valdossola di Superti e quando poi si costituisce la Valgrande Martire in agosto (formalizzata a settembre), passa lì con Muneghina.

Questa tessera porta la data 14/09/44 che corrisponderebbe all'incirca alla formalizzazione della brigata.
A meno che...non siano stati fatti i tesseramenti durante la Repubblica dell'Ossola, in temporanea sospensione della clandestinità.
 
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view post Posted on 20/5/2018, 11:32
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CITAZIONE (AmaliaF @ 20/5/2018, 11:49) 
A meno che...non siano stati fatti i tesseramenti durante la Repubblica dell'Ossola, in temporanea sospensione della clandestinità.

Appunto, molto ottimisticamente....

Mi vengono in mente dei documenti che ho trovato all'ILSrEC relativi al capo partigiano Gin Bevilacqua, deceduto a fine novembre 1944.
Lo danno come appartenente alla Brigata Figuccio della divisione Bevilacqua.
Peccato che i fratelli Figuccio moriranno solo nel fabbraio 1945 e solo allora verrà a loro intitolata la brigata di cui facevano parte.
Quindi il Bevilacqua secondo i documenti quando morì apparteneva ad una brigata che ancora non esisteva (ed immagino che i fratelli Figuccio sarebbero stati ben contenti di non aver meritato l'intitolazione di una brigata).
 
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view post Posted on 21/5/2018, 19:37
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Nella Seconda Zona Ligure, corrispondente all'intera Provincia di Savona, tutte le sei Brigate Garibaldine che sono poi state raggruppate nella Seconda Divisione Garibaldina "Gin Bevilacqua", durante tutto il periodo di clandestinità, non hanno mai utilizzato tesserini personali di riconoscimento.
L'accettazione dei nuovi aderenti era fatta soltanto con la diretta responsabilità di chi già era in forza nel reparto o di chi aveva responsabilità nell'organizzazione clandestina cittadina.
Era esclusa ogni indicazione a nominativi reali. Ognuno di noi era indicato con il solo neme di battaglia, anche se in realtà ci
conoscevamo tutti perchè provenienti dalla stessa zona.
Soltanto a coloro che provenivano da formazioni RSI, che poi si trattava soltanto della Divisione S. Marco, era richiesta la dimostrazione dell'identità, che in ogni caso non veniva conservata presso i reparti.
I ruolini ufficiali sono stati poi compilati immediatamente dopo la liberazione.
Mi risulta che dopo la liberazione qualche singolo comandante abbia, di sua iniziativa e a proprie spese, fatto stampare dei tesserini per i componenti del suo reparto.
 
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view post Posted on 21/5/2018, 20:06
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Ed ora abbiamo anche l'autorevole parere di uno dei pochi partigiani ancora in circolazione, tra un acciacco e l'altro.
 
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AmaliaF
view post Posted on 21/5/2018, 23:09




Quale onore :o:
In realtà sono mesi che mi leggo tutti i post di Ghirghi :)

Solo un dubbio, ma questi eventuali tesserini post-liberazione, erano retrodatati o semplicemente non c'erano date sopra?

Comunque grazie a entrambi! Direi che, con la notevole eccezione del registro sanitario della Maria (che per fortuna è rimasto in mano sua fino a dopo la Liberazione), posso escludere ci fossero in giro documenti scritti o riferimenti alle identità anagrafiche.

Ho altre centomila domande, ma ve le faccio un po' per volta...

Edited by AmaliaF - 22/5/2018, 00:28
 
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view post Posted on 22/5/2018, 07:46
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CITAZIONE (ghirghi @ 21/5/2018, 20:37) 
Soltanto a coloro che provenivano da formazioni RSI, che poi si trattava soltanto della Divisione S. Marco, era richiesta la dimostrazione dell'identità, che in ogni caso non veniva conservata presso i reparti.

Si, però non riesco a non contestare qualche affermazione di Ghirghi, è più forte di me.

Militari provenivano non dalla sola S. Marco ma da tutte le formazioni della RSI ed anche dai tedeschi.
Valga per tutti l'esempio del polacco Vigoda, dirigente di un'associata alla Todt, che passò tra i partigani e si trovò a dirigere la Bevilacqua sino a due o tre giorni prima della liberazione.
Od anche "Antonio", ufficiale dell'esercito regio, che nel suo libro di memorie narra i vari passaggi per essere accettato tra i partigiani, compresi isolamento ed interrogatori, che corrispondono grosso modo a quanto detto prima.
 
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view post Posted on 22/5/2018, 11:06
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CITAZIONE (kanister @ 22/5/2018, 08:46) 
CITAZIONE (ghirghi @ 21/5/2018, 20:37) 
Soltanto a coloro che provenivano da formazioni RSI, che poi si trattava soltanto della Divisione S. Marco, era richiesta la dimostrazione dell'identità, che in ogni caso non veniva conservata presso i reparti.

Si, però non riesco a non contestare qualche affermazione di Ghirghi, è più forte di me.

Militari provenivano non dalla sola S. Marco ma da tutte le formazioni della RSI ed anche dai tedeschi.
Valga per tutti l'esempio del polacco Vigoda, dirigente di un'associata alla Todt, che passò tra i partigani e si trovò a dirigere la Bevilacqua sino a due o tre giorni prima della liberazione.
Od anche "Antonio", ufficiale dell'esercito regio, che nel suo libro di memorie narra i vari passaggi per essere accettato tra i partigiani, compresi isolamento ed interrogatori, che corrispondono grosso modo a quanto detto prima.

Ciao, Kanister. E’ vero, non hai mai rinunciato a “contestare” quanto andavo affermando, ma dovresti anche dire che io non ho mai rifiutato il confronto. Per me non esiste tabu. Se un fatto è realmente accaduto, giova sempre parlarne con tutta franchezza.
Ho sempre affermato che non esprimo mai giudizi su fatti che non mi hanno visto partecipe.
Nel caso in questione, tu stai generalizzando, mentre io mi riferisco soltanto a quel che ho personalmente vissuto.
Ho visto un intero reparto di S. Marco, presentarsi a noi. In quell’occasione non tutti erano veramente convinti di quello che stavano facendo. Tu ricordi che uno di loro se la squagliò, guidando una squadra di tedeschi sul luogo dove era avvenuto l’incontro. In quell’occasione uno dei nostri si prese tre colpi di mascinpistol in un braccio.
L’identità di quei militi era poi stata passata al setaccio, come si suol dire.
Ho visto decine di singoli, sempre S. Marco, passare nei nostri reparti. Per forza di cose dovevamo accertare la serietà delle loro intenzioni.
Ho conosciuto alcuni “russi”, almeno così dichiaravano, che avevano disertato i reparti tedeschi di cui facevano parte chissà per quale vera ragione. Che tipo di identità dovevamo accertare?
Conosci anche tu quel militare tedesco che era poi diventato comandante di un nostro distaccamento.
Tra gli alti comandi, non solo il polacco Vigoda, comandante della divisione, anche il vice comandante, Radomic, era della Jugoslavia. Non erano stati scelti a caso.
Non sempre è andata bene. Vedi il caso di quel S. Marco che era stato presentato da persone di assoluta fiducia. E’ stato con noi circa un mese ed è sparito, guidando poi il terribile rastrellamento del 16 novembre 1944. Nello zainetto tattico che un sottufficiale aveva perduto, trovammo le copie fotostatiche della zona, con l’esatta localizzazione dei nostri distaccamenti.
Erano rischi che fatalmente dovevamo correre.
 
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