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| Direi che le cause del numero elevato di incidenti registrato nella nostra Aeronautica Militare nel periodo dell'immediato dopoguerra sono state già elencate in apertura di questa discussione:
- apparecchi logori e vetusti, già sfruttati a fondo e con un elevato numero di ore di volo all'attivo, prossimi alla radiazione se non quando addirittura già radiati dalle rispettive aeronautiche; - carenze nella manutenzione, ulteriormente aggravate dalla mancanza di attrezzature e utensili specifici, pezzi di ricambio, manuali d'officina, lubrificanti e liquidi refrigeranti appropriati per ogni modello d'apparecchio; - scarsa dimestichezza dei nostri piloti con aerei con caratteristiche di volo molto differenti da quelli a cui erano tradizionalmente abituati gli equipaggi della Regia Aeronuatica, caratterizzati quindi da potenze motrici esuberanti, impianti e strumentazione di tipo differente, prestazioni assolute più elevate ma in genere minore manovrabilità.
Uno degli aerei più problematici in questo senso fu sicuramente il P-47 Thunderbolt. Nel 1950 l'Aeronautica Militare acquisì un centinaio di questi apparecchi provenienti dai depositi dell'USAF in Germania. Le macchine, in gran parte residuati bellici, arrivarono in Italia già in cattive condizioni di manutenzione, tant'è che solo una settantina di esse poterono essere assegnate ai reparti di volo del 5° e del 51° Stormo mentre le altre furono destinate ad essere utilizzate come pezzi di ricambio. Una volta in servizio l'aereo manifestò una serie di gravi problemi di affidabilità, dovuti specialmente alla notevole complessità del sistema di turbocompressione del propulsore e ad avarie nel funzionamento del meccanismo di variazione del passo dell'elica. Il Thunderbolt era inoltre una macchina insolitamente grossa e pesante per essere un caccia monoposto, che non perdonava gli errori di pilotaggio specialmente in fase di decollo e di atterraggio. I nostri piloti, abituati a volare su apparecchi leggeri e manovrabili, fecero quindi estrema fatica a familiarizzare con il grosso aereo della Republic: gli incidenti mortali furono purtroppo numerosi e l'apparecchio lasciò un cattivo ricordo di sè presso i reparti, venendo radiato dal serivizio attivo dopo appena due anni dal suo arrivo.
Anche l'impiego dei P-38 Lightning presentò non pochi problemi. La maggior parte di questi aerei, recuperati nei depositi dell'aviazione americana di Capodichino, si presentava in vero e poprio stato di abbandono, accantonati all'aperto senza alcuna protezione dagli elementi. Fu necessario quindi sottoporre gli aerei a una lunga e scrupolosa revisione, scegliendo tra gli apparecchi in migliori condizioni e cannibalizzando le parti di ricambio mancanti da quelli giudicati oramai irrecuperabili. Il Lightning era un apparecchio dalla configurazione poco ortodossa, con caratteristiche aerodinamiche a dir poco particolari, provvisto inoltre di un apparato di sovralimentazione piuttosto complesso che esigeva una scrupolosa manutenzione. Come tutti i velivoli lasciati a lungo all'aperto, i Lightning italiani presentavano inoltre numerosi problemi di corrosione che ne compromettevano sensibilmente la sicurezza strutturale.
RIP-STOP
Edited by rip-stop - 26/11/2019, 15:40
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