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| Per quanto concerne il periodo della cobelligeranza, sicuramente il cattivo stato degli apparecchi ebbe un peso notevole nel determinare un elevato numero di incidenti di volo, ma bisogna anche tenere conto delle condizioni realmente "primitive" nella quale dovette operare il nostro personale dell'aeronautica al sud: mancanza di attrezzature, mancanza di pezzi di ricambio, mancanza di manuali e letteratura tecnica, infrastrutture ridotte all'osso se non quando del tutto inesistenti, procedure di addestramento a diro poco rudimentali, e via dicendo. Inglesi e americani, ancora molto diffidenti nei nostri confronti, ci lesinavano gli aiuti col contagocce, e il nostro personale tecnico e gli avieri a terra furono costretti a fare veri e propri miracoli per mantenere in efficienza velivoli che, in alcuni casi, stavano veramente insieme con il fil di ferro. D'altronde era tanta e urgente la voglia di riscatto da parte della nostra aeronautica che i nostri piloti non esitarono ad entrare in azione sapendo di correre rischi e pericoli che, molto probabilmente, altri piloti in altre condizioni si sarebbero del tutto rifiutati di affrontare. Solo con impegno e sacrificio enormi riuscimmo in un certo senso a vincere le perplessità degli Alleati, i quali poi furono costretti a riconoscere i nostri meriti e ad allargare un po' di più i cordoni della borsa.
Per quanto riguarda invece il periodo successivo, quello tra il 1946 e il 1951, sarebbe interessante disporre di dati e di statistiche più precisi, specialmente per quanto riguarda il confronto tra l'impiego degli aerei ad elica e i nuovi jet a reazione. Inizialmente pesarono ancora le condizioni molto precarie nella quali la rinata Aeronautica Militare Italiana fu costretta a muovere i suoi primi passi, operando da basi e aeroporti disastrati ancora pesantemente danneggiati dagli eventi bellici, con attrezzature in gran parte improvvisate, ereditando un parco macchine molto eterogeneo e già fortemente usurato al quale solo in un secondo tempo si aggiunsero aerei in condizioni relativamente migliori. Conclusasi l'emergenza del periodo bellico, vi fu finalmente maggior tempo per mettere a punto procedure organizzative più adeguate, anche se il tasso d'incidenti rimase comunque elevato a causa dell'indisponibilità di apparecchi specifici biposto dediti alla conversione dei piloti sulle nuove macchine di progettazione e produzione straniera. L'arrivo nel 1948 dei primi addestratori T-6 Texan consentì da questo punto di vista di disporre finalmente di aerei relativamente moderni e maggiormente idonei a condurre l'attività addestrativa in previsione del passaggio dei piloti sui vari Mustang, Spitfire, etc.: il Texan infatti, con il suo motore da 600 cavalli e la configurazione biposto a doppi comandi, era l'aereo d'addestramento ideale per effettuare il passaggio intermedio tra gli apparecchi leggeri utilizzati per l'addestramento basico al volo e i caccia ad alte prestazioni in servizio presso i reparti operativi. Migliorò notevolmente anche il livello dell'assistenza tecnica fornitaci da USA e Gran Bretagna, cosa che consentì di affrontare la transizione agli apparecchi a reazione di nuova generazione, come appunto i Vampire e gli F-84, con più tranquillità e in maniera più graduale per tutto il personale. Il De Havilland Vampire, tra le altre cose, fu anche il primo aereo militare di progettazione straniera ad essere interamente costruito e fabbricato su licenza in Italia: tra il 1951 e il 1953, 150 esemplari del Vampire vennero fabbricati dalla Fiat e dalla Macchi, consentendo a queste due aziende di acquisire un prezioso know-how in vista dell'ammodernamento tecnologico dell'industria aeronautica nazionale.
RIP-STOP
Edited by rip-stop - 11/2/2020, 13:35
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