Un pò di storia.
La Divisione Partigiana "Garibaldi" in Montenegro.
da WikipediaLe operazioni in JugoslaviaLa notizia dell'Armistizio dell'8 settembre 1943 giunse improvvisa ai Comandi italiani di stanza in Jugoslavia attraverso la radio con il comunicato del maresciallo Badoglio, che generò incertezza per la mancanza di precise direttive sul comportamento da assumere sia verso i tedeschi, sia verso gli jugoslavi, in una situazione politico militare estremamente confusa nella quale era difficile orientarsi e districarsi.
Viceversa i Comandanti tedeschi, che avevano previsto l'eventualità, cercarono subito di attuare il piano predisposto, adattandolo alle situazioni contingenti strategiche e tattiche che si andavano via via sviluppando.
Esistevano inoltre due movimenti politico-militari jugoslavi, i cetnici di Draža Mihailović e l'Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo di Tito, che, irriducibilmente antagonisti fra loro, ambivano entrambi ad impossessarsi delle armi e delle vettovaglie italiane.
In Montenegro, è dislocato il XIV Corpo d'armata, composto da quattro divisioni, l'Emilia, la Taurinense, la Venezia e la Ferrara.
Di queste, solo la Ferrara decide di non opporsi ai tedeschi, anche se un gruppo di artiglieria appartenente alla divisione si scontra con gli ex alleati ai confini albanesi.
Le altre divisioni combattono, subendo gravi perdite: l'Emilia è costretta ad arrendersi il 16 settembre, mentre la Taurinense si scontra subito con i tedeschi, ma dei 14.000 uomini che la componevano 7.000 sono presi prigionieri.
I tedeschi furono rapidi nella loro azione, usando oltre che fermezza e determinazione, tantissima ferocia, come nel caso del massacro di Trilj in cui vennero fucilati 50 ufficiali della 15ª Divisione fanteria "Bergamo" che si erano rifiutati di combattere con loro.
Oltre 200 ufficiali, staccati dai loro soldati che nel frattempo vennero inviati ai lavori forzati nei campi di prigionia in Polonia ed in altre regioni dell'Europa orientale, vennero sottoposti ad un sommario interrogatorio con l'alternativa dell'adesione o della deportazione.
Tra loro 143 dissero subito NO, e lasciati per alcuni giorni senza cibo affinché si decidessero ribadirono il rifiuto.
Tra essi i tedeschi scelsero 50 ufficiali, li trasportarono a Trilj, una collina a 12 chilometri da Spalato, e lì, dopo averli legati a gruppi di cinque, li fucilarono.
Il massacro avviene il 2 ottobre.
Tra le vittime italiane dei tedeschi il generale Alfonso Cigala Fulgosi, comandante della piazza di Spalato, che avendo rifiutato di seguire il generale Emilio Becuzzi aveva abbandonando la propria divisione a Spalato, la 15ª Divisione fanteria "Bergamo", dopo aver ordinato la cessione delle armi ai partigiani slavi, venne catturato dai tedeschi e fucilato il 1º ottobre 1943 presso Signo dalla Divisione delle SS Prinz Eugen con l'accusa di aver fatto consegnare le armi del proprio reparto ai partigiani, insieme al Generale Salvatore Pelligra, comandante dell'artiglieria del XVIII Corpo d'armata e al generale Raffaele Policardi, comandante del Genio del XVIII Corpo d'armata.
Nel generale marasma dei giorni seguenti l'armistizio, singoli soldati o piccoli gruppi preferirono darsi alla montagna ed aggregarsi ai partigiani locali in Grecia, in Albania e nella stessa Jugoslavia.
Secondo quanto affermato dal generale Carlo Ravnich che è stato uno dei comandanti della Divisione, in un'intervista del 1980 sul numero 274 di Storia Illustrata, all'annunzio dell'armistizio i soldati italiani non avevano nessuna intenzione di attaccare gli alleati del giorno prima, ma furono i tedeschi a vessare gli italiani in ogni modo possibile. lanciando manifestini che invitavano le popolazioni a distruggere gli italiani, attribuendo ai soldati italiani crimini che non avevamo commesso, comprimendoli in ogni modo possibile per costringerli alla resa pur essendo gli alpini nel Montenegro in grandissima superiorità di forze rispetto a loro.
I soldati italiani non avevano alcuna intenzione di andare con i partigiani, che in quel momento erano anche assenti dal Montenegro e forse avrebbero preferito andare con i cetnici (cetnici), i nazionalisti serbi, che ci erano più vicini per sentimenti di religione, di cultura, di educazione, e anche per motivi politici.
Per oltre un mese però i soldati italiani hanno combattuto da soli, con i cetnici che li aspettavano solo per attaccarli quando erano stati sfiancati dai tedeschi, mentre quando gli italiani combattevano contro i tedeschi se ne stavano lontani a guardare.
Nel Montenegro e dintorni le bande e i partiti erano tanti quante le famiglie e i soldati italiani armati di soli fucili contro carri e aerei erano un'esigua minoranza tra nemici di tutte le specie e i colori e dovevamo sceglierci almeno un alleato.
Inizialmente il generale Oxilia, comandante della divisione Venezia, decide di allearsi con i cetnici per combattere i tedeschi, ma in ottobre la divisione Venezia e i resti della Taurinense si uniscono ai partigiani jugoslavi.
Con il passare dei mesi aumentano i propri effettivi divenendo il centro di raccolta di migliaia di italiani sbandati.
La costituzioneLa divisione si costituì ufficialmente il 2 dicembre 1943, nelle campagne di Pljevlja, dalla volontaria adesione dei militari del Regio Esercito appartenenti alla 19ª Divisione fanteria "Venezia", alla 1ª Divisione alpina "Taurinense", e ai superstiti della 155ª Divisione fanteria "Emilia", raggruppati nel Battaglione "Biela Gora", mentre una brigata fu creata con elementi del Gruppo artiglieria alpina "Aosta".
La Divisione italiana partigiana Garibaldi, fu divisa in tre brigate e alcuni battaglioni di lavoro.
La Divisione "Garibaldi" fu l'unica grande unità ad operare come formazione organizzata a fianco dell'Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo.
La Divisione, che per richiamarsi a Garibaldi utilizzava un fazzoletto rosso, fu inquadrata, come unità del Regio Esercito, nel II Korpus dell'Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo comandato dal generale Peko Dapčević.
La stretta collaborazione con i partigiani iugoslavi si concretizzò in numerose azioni, tra le quali si ricorda l'episodio dell'agosto del 1944, in cui la divisione ruppe l'assedio tedesco sul monte Durmitor (2.522 m) in Montenegro, coprendo così la ritirata delle formazioni partigiane, delle loro strutture ospedaliere e dei feriti.
La resistenza continuò fino al febbraio 1945.
Il ritorno in ItaliaL'8 marzo 1945 la divisione rientrò in Italia.
Dei 16.000 effettivi originari, 3.800 rimpatriarono armati, 2.500 erano precedentemente rientrati feriti o ammalati, 4.600 rientrarono dai campi di prigionia.
Quasi un terzo degli uomini risultò caduto o disperso.
Il 25 aprile 1945 quel che restava della Divisione Garibaldi venne riconfigurata, a Viterbo, come "Reggimento Garibaldi" con tre battaglioni: "Aosta", "Venezia" e "Torino".
Il 5 settembre il "Reggimento Garibaldi" venne inquadrato nel Gruppo di Combattimento "Folgore" poi riconfigurato come Divisione fanteria "Folgore".
Il 1º dicembre 1948 assunse la denominazione 182º Reggimento fanteria "Garibaldi" e il 1º novembre 1958 riconfigurato come reggimento corazzato venne ridenominato 182º Reggimento fanteria corazzato "Garibaldi".