Apprezzo molto la discussione e i commenti, però penso che per rispondere ai diversi punti di vista occorrerebbe prima dare un'occhiata alle mappe o, meglio, fare una visitina sul posto (o chiedere a chi ci è stato). Non so da che parte cominciare, ma per i caduti, oltre ai documenti ufficiali, sono tutti segnati sulla base del monumento ai 500 e ciò sembra sia stato fatto dopo attenta verifica e un sufficiente tempo trascorso dall'episodio; si può altresì dare un'altra occhiata alle varie associazioni d'arma cui facevano capo i reggimenti coinvolti, come quelli famosi dell'Ogliastra ...
Trovo interessante la domanda del perché il t.colonnelo De Cristoforis abbia deciso di attaccare o quantomeno di non sganciarsi e credo che l'unica risposta stia nella fretta di raggiungere Saati e nella "corsa" (qualcuno di voi ha sottolineato i tempi, confrontandoli con gli Alpini, ma gli Alpini hanno un altro passo e fra i cinquecento c'era solo un ex-alpino, la MAVM Luigi Gattoni, già s.tenete della 18^ comp.alpina) cui aveva sottoposto i suoi uomini; un caldo umido intollerabile, nonostante le ore del mattino, una "strada" impervia e in salita, la fiducia (tradita) nelle armi a disposizione, le gatling, per cui il tentativo di mettersi in quadrato e difendersi diventava "preferibile" all'idea di stare in colonna, andare avanti o ritirarsi, e farsi schiacciare, come comunque avvenne.
Quanto ai basci-buzùk (teste matte), nel 1884, il Colonnello Saletta, comandante del Corpo di Spedizione sbarcato a Massaua, aveva arruolato i primi 100, già al servizio dell'Egitto, e nel 1887 essi raggiungevano il numero di 2000 suddivisi in 3 Orde: Interna, Esterna, Mobile agli ordini di ufficiali italiani e indigeni, poi, col riordinamento del 1888, con soli ufficiali italiani. Nel maggio 1888 i basci-buzùk, tranne l'Orda Interna che rimase in servizio fino al 1901, furono sostituiti con Truppe Indigene Regolari.
Proponendo per la prima volta questo curioso scritto del generale Genè (di prossima pubblicazione su "Carte d'Affrica") relativo ai fatti di Dogali, mi va di osservare che, per allargare gli orizzonti su quei fatti bisogna leggere il diario del conte Augusto Salimbeni che, insieme al colonnello Piano e a suo figlio undicenne Emanuele e al conte Tancredi Savoiroux, prigionieri di ras Alula, assistettero al massacro.
Una buona fonte di informazione sono i giornali dell'epoca, come L'Illustrazione Italiana, ma soprattutto alcune lettere coeve di militari, dove si trova l'impazienza di partire o viceversa la paura d'essere inviati in Africa.