Bugie di guerra 1915-’18: quando gli "unni" mangiavano i bambini

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view post Posted on 22/3/2023, 11:36
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Il libro di Ponsonby sulle “Bugie di guerra” di cui parliamo in questo post è stato il punto di partenza di un altro libro molto più recente che tratta dello stesso argomento. Si tratta dei “Principes élémentaires de propagande de guerre”, ((Principi elementari della propaganda di guerra), una monografia di Anne Morelli del 2001, molto “fruibile in caso di guerra fredda, calda o tiepida”, come recita l’introduzione.
In dieci agili capitoletti l’autrice, già docente della Libera Università di Bruxelles, sintetizza quali sono le “parole d’ordine” di ogni leader ( e ovviamente dei media embedded) per giustificare e far “digerire” una guerra:
1. Noi non vogliamo la guerra, è l'affermazione di ogni capo di Stato prima di dichiararla;
2. l'avversario è l'unico responsabile dell'intero conflitto;
3. il capo della parte avversa ha il volto del diavolo;
4. noi difendiamo una nobile causa, non degli interessi particolari;
5. il nemico commette consapevolmente atrocità, mentre se noi commettiamo degli "errori" è assolutamente involontario;
6. il nemico usa delle armi non autorizzate;
7. noi subiamo pochissime perdite, invece quelle del nemico sono enormi;
8. gli artisti e intellettuali sostengono la nostra causa;
9. la nostra causa ha un carattere sacro, coloro che mettono in dubbio la nostra propaganda sono traditori.


Il libro è stato tradotto in italiano (traduzione e introduzione di Giulietto Chiesa), spagnolo, tedesco, olandese e giapponese. Manca (sarà un caso?) una traduzione in inglese…

principi_elementari_0
 
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view post Posted on 22/3/2023, 11:50

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Grazie niemand, segnalazione bibliografica davvero molto interessante e di grandissima attualità.

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view post Posted on 26/3/2023, 09:20
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CITAZIONE (niemand @ 20/3/2023, 09:29) 
20 marzo 2003 invasione dell'Iraq: ve lo ricordate quel signore che all'ONU agitava una provetta?...

Ciao a tutti.
Posso chiedere maggiori info su questo episodio? Oppure dove reperire qualche informazione.
Grazie
Nino
 
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view post Posted on 26/3/2023, 13:31


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"una monografia di Anne Morelli del 2001, molto “fruibile in caso di guerra fredda, calda o tiepida”, come recita l’introduzione."
Grazie per il suggerimento interessante,l'ho ordinato e lo leggerò prossimamente. Colgo l'occasione per confermarti il mio interesse a priori per i tuoi prossimi interventi sempre da me molto graditi

👍👍👍👍👍👍👍👍👍👍
 
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view post Posted on 27/3/2023, 10:34
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La ricerca in internet è molto bella, ma in un certo senso anche frustrante perché.. non finisce mai.
Avevo appena terminato il libro di Ponsonby sulle “Bugie di guerra” oggetto del presente post, ma dato che la ricerca non si ferma mai, scavando un pochino ne ho trovato uno del 1914 che è una raccolta delle (presunte?/vere?) atrocità compiute dagli “unni” (alcune delle quali ricordate nel libro di Ponsonby). Si intitola Report of Committee on Alleged German Outrages (Rapporto del Comitato sui presunti crimini tedeschi). Letto tutto.

Cop_report_0
A sua volta quest’ultimo testo provocò delle risposte, e di conseguenza altre ricerche e scoperte: per es. tra i libri del periodo tra le due guerre che criticano il Report ci sono H. Lasswell, Propaganda Techniques in the World War (1927), e H. E. Barnews, In Quest of Truth and Justice, (1928) :

Cop_quest
questi me li sono procurati ma non li ho ancora letti.

E poi ci sarebbero i Secrets of Crewe House: the story of a famous campaign (attualmente in lettura).

Cop_secret_creweattura
Quest'ultimo è un libro veramente interessante. Narra la lucida attività di un Comitato consultivo creato nel Regno Unito per organizzare la propaganda contro l’Austria Ungheria e la Germania, con un occhio rivolto anche al post guerra e alle ipotizzate ristrutturazioni territoriali: lo si potrebbe considerare il corrispettivo per la I G.M. di quello che sarà il British Security Coordination nella II GM (ne abbiamo parlato qui http://uomini-in-guerra.blogspot.com/2022/...telligence.html).
Molto interessante anche per quanto riguarda il problema della “ricostruzione” della Polonia e le difficoltà nel conciliare ( eliminato l’Impero Austro-Ungarico) il progetto di sistemazione dell’area slava con le richieste italiane sull’altra sponda dell’Adriatico. Ma l’Italia era considerata una potenza di secondo piano…

A questi testi si accompagneranno i vari “libri bianchi” ( o di altri colori) dei diversi paesi sulle atrocità di guerra: quello tedesco, Das Deutsche Weißbuch, quello inglese: The Blue Book of Britain , quello russo, The Orange Book of Russia, e quello francese, Yellow Book of France: ma questi me/ve li risparmierò.
Cop_das_deut
Molti libri, che potrebbero costituire il materiale per un’interessante tesi di laurea.

Morale della favola (che poi, visto l’argomento, tanto favola non è): internet mette a disposizione dei ricercatori una materia enorme; quindi ogni acquisizione e nuova conoscenza, in questo caso storica, deve considerarsi provvisoria, fino a quando non se ne trova un’altra che la “verifica” (= dimostra vera) o la “falsifica” (dimostra errata) o la aggiorna: proprio come le leggi della fisica e della scienza.
Tanti libri, tante possibilità di conoscenza. Purtroppo però spesso nella spiegazione dell’oggi troppi (pubblicisti, commentatori, esperti tuttologi degli schermi televisivi) si appiattiscono sull’ultimo fermo immagine, dimenticando che l’oggi trova la sua origine e spiegazione nell’ieri (o altro ieri).

Saluti
niemand
 
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view post Posted on 27/3/2023, 13:13
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CITAZIONE (niemand @ 27/3/2023, 11:34) 
Morale della favola (che poi, visto l’argomento, tanto favola non è): internet mette a disposizione dei ricercatori una materia enorme; quindi ogni acquisizione e nuova conoscenza, in questo caso storica, deve considerarsi provvisoria, fino a quando non se ne trova un’altra che la “verifica” (= dimostra vera) o la “falsifica” (dimostra errata) o la aggiorna: proprio come le leggi della fisica e della scienza.
Tanti libri, tante possibilità di conoscenza. Purtroppo però spesso nella spiegazione dell’oggi troppi (pubblicisti, commentatori, esperti tuttologi degli schermi televisivi) si appiattiscono sull’ultimo fermo immagine, dimenticando che l’oggi trova la sua origine e spiegazione nell’ieri (o altro ieri).

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view post Posted on 30/3/2023, 01:38
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La I guerra mondiale è stata purtroppo da ogni punto di vista la prima delle guerre moderne...oddio secondo alcuni la prima è stata la guerra civile Americana; da questo punto di vista il dibattito è aperto.
Prima della grande guerra non esisteva il concetto di guerra totale e "resa incondizionata",e neanche l'idea di punire una nazione come responsabile della guerra.
I conflitti,anche tra potenze Europee duravano un periodo di tempo molto breve (non a caso si parla di "guerra del 1866" o di "guerra del 1870") e terminavano con una resa di una delle parti che non era mai incondizionata,ma negoziale,di compromesso.
Una delle nefaste eredità della grande guerra è stata anche la demonizzazione del nemico,con conseguente propaganda e fake news ad uso delle nascenti opinioni pubbliche.
 
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view post Posted on 30/3/2023, 12:34

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Riguardo alla demonizzazione del nemico non mi sembra che la prima guerra mondiale abbia introdotto particolari novità, basta leggere cosa ne pensavano i romani dei barbari o i cristiani dei musulmani nel corso delle crociate (e viceversa). Di conflitti lunghi e distruttivi l'Europa ne ha conosciuti parecchi nel corso dei secoli, ma la prima guerra mondiale fu sicuramente il primo vero e proprio conflitto "di massa", non solo per il numero dei combattenti coinvolti, stimabile in decine di milioni, ma per il coinvolgimento e la partecipazione di ogni aspetto della vita della nazione, sia esso politico, economico, sociale, morale e spirituale, allo sforzo bellico in nome della vittoria. Per assicurare la mobilitazione totale l'obbedienza delle masse fu necessario quindi predisporre e far funzionare un apparato propagandistico di proporzioni enormi che faceva leva soprattutto sul controllo assoluto della stampa che divenne un vero e proprio strumento volto a condizionare e a determinare gli orientamenti dell'opinione pubblica e del "fronte interno" che, probabilmente per la prima volta nella Storia, acquistò un'importanza strategica almeno pari a quella del fronte combattente vero e proprio. Uno dei modi per rendere coesa l'opinione pubblica di fronte alla necessità di sostenere gli immani sacrifici imposti dal conflitto era naturalmente quello di diffondere una sorta di terrorismo psicologico tra la popolazione sulle abominevoli conseguenze di una eventuale vittoria del nemico, che di conseguenza veniva rappresentato come un essere mostruoso e belluino, posseduto da soli istinti animaleschi, capace di ogni tipo di nefandezza morale e materiale e incapace di provare qualsiasi sentimento di umanità e compassione. Non v'era dunque modo di fronteggiare questa terrificante minaccia se non combattere sino alla morte e annientare l'avversario con ogni mezzo, lecito od illecito che fosse.

Fu dunque, a mio parere, l'inedita ampiezza del conflitto, la sua dimensione industriale e tecnologica, la potenza distruttrice dei mezzi d'offesa e di difesa messi in campo, la chiamata alle armi di milioni e milioni di uomini che costituivano le forze più vitali della nazione, e la necessità di rimpiazzare la loro assenza nei campi, nelle fabbriche e nelle officine con la mobilitazione di ogni componente attiva della società, compresa quella femminile, che condusse all'esasperazione dialettica del confronto/scontro con il nemico; la guerra assumeva una dimensione che oramai sfuggiva alle logiche della politica estera o della diplomazia per diventare invece una semplice questione di vita o di morte, di sopravvivenza o estinzione dello stato, della dinastia, dell'impero. Ancora non erano sorti all'orizzonte quegli elementi di tipo ideologico e razziale che avrebbero ulteriormente accresciuto il livello di odio e di ferocia che avrebbero caratterizzato i conflitti armati successivi, ma già di per sé il sentimento nazionalistico, ugualmente diffuso tra tutte le nazioni belligeranti e alimentato da una propaganda pervasiva e tambureggiante, bastò ad escludere la possibilità di una qualsiasi soluzione del conflitto che non fosse, appunto, la vittoria conquistata sul campo e la resa incondizionata del nemico, costasse quel costasse.

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view post Posted on 30/3/2023, 13:20
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CITAZIONE (rip-stop @ 30/3/2023, 13:34) 
(..)
ma già di per sé il sentimento nazionalistico, ugualmente diffuso tra tutte le nazioni belligeranti e alimentato da una propaganda pervasiva e tambureggiante, bastò ad escludere la possibilità di una qualsiasi soluzione del conflitto che non fosse, appunto, la vittoria conquistata sul campo e la resa incondizionata del nemico, costasse quel costasse.

RIP-STOP

Si e no.
Bisognerebbe distinguere tra le elites economiche (che mandavano e non partivano), gli studenti, che si lasciavano intossicare dalla propaganda delle prime, e i poveracci che ricevevano la cartolina, che in genere non odiavano il nemico (basta leggere molti diari) e che sarebbero volentieri rimasti a casa.

Quanto al "sentimento nazionalistico" era (e'?) molto diffuso e "innato" in certe aree geografiche prevalentemente orientali ( anche x confini che non tenevano conto di differenze etnico-linguistico- religiose) e meno diffuso, direi "indotto", dalle nostre parti.


PS.Circa la valutazione dei "barbari" da parte dei romani, Cesare li rispettava (pur facendo poi vere e proprie pulizie etniche: ma si usava cosi'), Tacito li ammirava e ne presentava le virtu' morali come esempio.

Edited by niemand - 30/3/2023, 15:18
 
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view post Posted on 30/3/2023, 16:27
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CITAZIONE (rip-stop @ 30/3/2023, 13:34) 
Riguardo alla demonizzazione del nemico non mi sembra che la prima guerra mondiale abbia introdotto particolari novità, basta leggere cosa ne pensavano i romani dei barbari o i cristiani dei musulmani nel corso delle crociate (e viceversa).

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Si,ma anche Napoleone per esempio era demonizzato,specie dagli Inglesi di parte Tories.
Tuttavia mi pare che il processo di demonizzazione abbia fatto un salto di qualità propio con la I guerra mondiale.
Se il nemico è il male assoluto,devi combattere fino alla fine,costi quel che costi,distruggerlo,cancellarne lo stato o almeno l'Impero,abbatterne la dinastia regnante,impoverirlo riempiendolo di debiti di guerra,deindustrializzarlo.
 
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view post Posted on 30/3/2023, 16:36

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Come ho già cercato di spiegare, a mio parere contò molto la dimensione del massacro: mai l'umanità aveva pagato un simile tributo di sangue al Moloch della guerra. Si misero in gioco emozioni profonde che era necessario convogliare in qualche modo ai fini della vittoria, perché solo la vittoria, e l'annientamento del nemico, poteva giustificare il prezzo di un simile olocausto. Chiaramente questa condizione psicologica non apparteneva allo stesso modo a tutti gli individui, anzi, forse furono proprie le truppe al fronte quelle sviluppare i sentimenti più genuini di fratellanza e di pietà nei confronti del "nemico". Ma poiché era in gioco la sopravvivenza stessa di nazioni, reami, imperi e dinastie, non era possibile consentire che la volontà di combattere degli eserciti si dissolvesse per ragioni morali o umanitarie. La propaganda di guerra assolveva il suo scopo, quello cioè di attizzare l'odio per il nemico e di suscitare un inestinguibile sentimento di vendetta nei suoi confronti. Questo meccanismo, elevato ai massimi livelli gerarchici, politici e militari, fu quello che rese inutili in qualche modo i metodi tradizionali della diplomazia e del negoziato rendendo impraticabile la via di una soluzione conciliatoria del conflitto.

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view post Posted on 30/3/2023, 16:46
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Sarebbe utile prendere consapevolezza che questo meccanismo dell'ottenebramento e formattazione delle intelligenze (oltre che delle coscienze) e' attivo e dilagante tutt'ora.
 
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view post Posted on 30/3/2023, 19:05

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CITAZIONE (niemand @ 30/3/2023, 17:46) 
Sarebbe utile prendere consapevolezza che questo meccanismo dell'ottenebramento e formattazione delle intelligenze (oltre che delle coscienze) e' attivo e dilagante tutt'ora.

Su questo sono perfettamente d'accordo. Anzi, gli strumenti di comunicazione di massa attuali, il web, i social media, i notizari non stop 24 ore su 24, hanno amplificato e moltiplicato l'ampiezza di tale meccanismo all'ennesima potenza. Per lo meno ai tempi della Grande Guerra esisteva solo la carta stampata, e per di più una gran parte dei cittadini era semi-analfabeta. Oggi viviamo immersi in un infosfera che non lascia scampo e il flusso di diffusione delle informazioni e delle contro-informazioni, reali o vrtuali, è così veloce da non lasciare nè spazio nè tempo per una seria analisi critica. E' un periodo particolarmente difficile per che tenta di andare a caccia della verità.

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view post Posted on 30/3/2023, 19:42
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CITAZIONE (rip-stop @ 30/3/2023, 17:36) 
Come ho già cercato di spiegare, a mio parere contò molto la dimensione del massacro: mai l'umanità aveva pagato un simile tributo di sangue al Moloch della guerra. Si misero in gioco emozioni profonde che era necessario convogliare in qualche modo ai fini della vittoria, perché solo la vittoria, e l'annientamento del nemico, poteva giustificare il prezzo di un simile olocausto. Chiaramente questa condizione psicologica non apparteneva allo stesso modo a tutti gli individui, anzi, forse furono proprie le truppe al fronte quelle sviluppare i sentimenti più genuini di fratellanza e di pietà nei confronti del "nemico". Ma poiché era in gioco la sopravvivenza stessa di nazioni, reami, imperi e dinastie, non era possibile consentire che la volontà di combattere degli eserciti si dissolvesse per ragioni morali o umanitarie. La propaganda di guerra assolveva il suo scopo, quello cioè di attizzare l'odio per il nemico e di suscitare un inestinguibile sentimento di vendetta nei suoi confronti. Questo meccanismo, elevato ai massimi livelli gerarchici, politici e militari, fu quello che rese inutili in qualche modo i metodi tradizionali della diplomazia e del negoziato rendendo impraticabile la via di una soluzione conciliatoria del conflitto.

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Non solo, parte del meccanismo psicologico che portò alla continuazione dell'assurdo massacro escludendo una pace armistiziale di compromesso,è ben spiegato nel bel libro "La verità taciuta,la Prima guerra mondiale: il più grande errore della storia mondiale" di Niall Ferguson.
Più crescevano le vitime,più famiglie dovevano piangere caduti,più le sofferenze di coloro che erano al fronte aumentavano,più aumentava la spinta ad evitare una pace di compromesso ed arrivare alla vittoria totale ed all'annientamento del nemico.
Altrimenti tutto quel sacrificio non avrebbe avuto più senso.

Ovviamente non aveva senso in ogni caso; era il vaso di pandora aperto dal nazionalismo ottocentesco, e la cosa grottesca è che antiche dinastie,tutte strettamente imparentate tra loro,assecondarono queste spinte distruttive che alla fine avrebbero portato alla loro caduta o alla crisi dei sistemi Imperiali,alla nascita del bolscevismo,del fascismo e poi del nazismo.
 
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view post Posted on 31/3/2023, 09:19

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CITAZIONE (carpu @ 30/3/2023, 20:42) 
Ovviamente non aveva senso in ogni caso; era il vaso di pandora aperto dal nazionalismo ottocentesco, e la cosa grottesca è che antiche dinastie,tutte strettamente imparentate tra loro,assecondarono queste spinte distruttive che alla fine avrebbero portato alla loro caduta o alla crisi dei sistemi Imperiali,alla nascita del bolscevismo,del fascismo e poi del nazismo.

In realtà i principali apparati dinastici d'Europa erano tutti già profondamente in crisi, con forse la notevole eccezione della Gran Bretagna nella quale l'istituzione monarchica godeva di una straordinaria solidità frutto di un lungo processo storico d'integrazione con le classi dirigenti del Paese. Gli equilibri interni e i centri di potere della società si stavano oramai spostando quasi ovunque in direzione del capitalismo industriale e finanziario che disponeva di patrimoni ingentissimi, era in grado di condizionare l'opinione pubblica attraverso la proprietà dei principali organi di stampa, aveva idee molto chiare in materia di politica interna e di politica estera e pretendeva di veder tutelati i propri interessi in tutte le sedi istituzionali della nazione, utilizzando a tale scopo qualsiasi strumento lecito o illecito che fosse. A loro volta, le élite intellettuali, per quanto numericamente minoritarie, si facevano aggressivamente portavoce di un'idea di modernità che in molti casi si poneva in aperta frattura con l'immobilismo e il conservatorismo reazionario prevalenti in ambito accademico, morale e religioso. Infine, per quanto è vero che larghissimi strati della società fossero completamente tagliati fuori dalla vita politica del Paese, è pur vero che la diffusione sempre più larga del socialismo e del sindacalismo operaio cominciava ad esercitare un influenza non marginale tra alcune categorie di lavoratori, diffondendo tra di essi una maggiore consapevolezza dei propri diritti e prospettando loro la possibilità di esercitare una propria rappresentanza in sede politica o parlamentare. Per quanto raramente nell'ambito del dibattito politico la legittimità e la centralità della monarchia venisse messa apertamente in discussione, non di meno appariva a tutti chiaro che la complessità e il multipolarismo che contraddistinguevano i nuovi assetti della società richiedevano una ridistribuzione del potere che avrebbe inevitabilmente eroso le prerogative tradizionali dei sovrani coronati.

In una società in impetuoso cambiamento le monarchie secolari, con il loro sfarzo, le loro liturgie, i loro solenni cerimoniali, assumevano sempre più un aspetto anacronistico ed astratto, il retaggio di un passato non più al passo dei tempi destinato presto o tardi ad adeguarsi alla modernità o a farsi definitivamente da parte. In Russia, in Austria-Ungheria, o nell'impero Ottomano, queste dinamiche assumevano una valenza ancor più drammatica a causa all'affermarsi di violente spinte autonomiste su base etnica e culturale, del comportamento autocratico e repressivo delle istituzioni e degli organi di polizia e dall'arretratezza delle condizioni economiche generali.
Le monarchie d'Europa furono in gran parte incapaci di comprendere e di adeguarsi a questo mutamento, arroccandosi nella difesa dei propri privilegi elle proprie tradizioni o ritrovandosi a condividere l'amministrazione degli affari di Stato con istituzioni parlamentari particolarmente deboli e instabili, che alla fine vennero travolte dal precipitare degli eventi e in alcuni casi scavalcate da una vera e propria presa di potere da parte degli esponenti apicali degli Stati Maggiori militari che finirono per assumere in tempo di guerra la guida del Paese, come accadde in Germania e, in parte, in Italia.
Questo processo, naturalmente, conobbe fasi ed esiti diversi da nazione a nazione, ma non c'è dubbio che ebbe risultati sconvolgenti sull'assetto dinastico europeo ed extra-europeo al termine del conflitto. In Russia la millenaria dinastia dei Romanov venne rovesciata dalla rivoluzione bolscevica terminando i propri giorni in un orribile bagno di sangue. In Germania la sconfitta provocò l'abdicazione del Kaiser e l'avvento dell'effimera Repubblica di Weimar, straziata da una profondissima crisi economica e da contrasti politici interni ed ideologici talmente violenti da portare la nazione sulla soglia della guerra civile. L'impero Asburgico e quello Ottomano si disintegrarono cessando definitivamente di esistere come entità storiche e geografiche e in Italia l'irresolutezza della monarchia Savoia spalancò le porte al fascismo con gli esiti infausti che ben conosciamo.

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Edited by rip-stop - 31/3/2023, 14:01
 
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