La storia degli ascari vista dall’altra parte

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view post Posted on 13/11/2023, 07:32


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view post Posted on 14/11/2023, 12:24
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Conosco personalmente Alberto Alpozzi, e il suo libro "Bugie Coloniali"
Una documentazione storica accurata dei fatti, ricostruiti seriamente sulla base di documenti irrefutabili, alcuni andati a scavare negli archivi di stato Italiani e non solo...
 
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view post Posted on 14/11/2023, 13:41
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Sì però.
Pur non entrando nel merito delle didascalie della mostra, che non conosco, da parte di chi decanta l'operato italiano in Africa c'è sempre questa voluta sovrapposizione tra il concetto di "lavoro coatto" e quello di "schiavismo". Vero che quest'ultimo venne sempre vietato dalle amministrazioni italiane del Benadir e della Somalia, ma il lavoro coatto (ovvero obbligato, benchè pagato) in Somalia negli anni Venti era di fatto una realtà.
Le relazioni di Serrazanetti (1933 e 1934), che all'epoca era Federale di Mogadiscio e non può essere tacciato di partigianeria politica, sono il testo più esplicito sull'argomento. Qui alcuni stralci.

Spoiler: alla luce di quanto sotto, il fatto che in Somalia si ricorresse a "soprusi come punizioni corporali e lavoro coatto" (ma ovviamente non da parte del governatore!) come riportato sul cartello della mostra, appare più che verosimile.

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Edited by Ghebret_ - 14/11/2023, 15:13
 
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view post Posted on 14/11/2023, 15:09
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Tassello importante anche questo...
Come sempre l'obiettività la si trova solo dopo aver ravanato in tutti i buchi.
La Somalia che ho vissuto io era ben distante da quei tempi.
Tuttavia da quello che riportavano gli anziani (che si potrebbe osservare "si ma loro sono dei sopravvisuti") era che tutto sommato chi aveva lavorato per gli Italiani nei grandi cantieri e poi vista la guerra, non se l'era cavata male.
Ancora meglio chi aveva lavorato come boy o boiessa nelle case.
E credo che numericamente non fossero tanti di meno, non c'era famiglia o anche scapolo (anzi, di meno) che non avesse un boy e con i bimbi in casa una "Boiessa".
Discorso a parte credo fosse per chi si arruolava...credo poco che si potesse forzare un Somalo a diventare un Dubat, né a prenderlo per il naso,
Il nostro boy ad esempio era "figlio d'arte" di un boy che lo era stato in casa di un residente di BeletUen (io continuo con la grafia latina), che aveva imparato dalla moglie Modenese e la mamma Milanese di questo "serkal"(signore) a fare il panettone e i tortellini e sapeva fare arrosti e ragù.
Per le boiesse, poi, che per lo più avevano cura dei bimbi e venivano assunte molto giovani, è stata una scuola preziosa per la cura dell'igiene propria e dei figli. Non potevano certo evitare l'infibulazione delle figlie né la circoncisione del maschietti,, ma avevano imparato subito a non affidare quel compito ai "santoni"e chiedevano l'aiuto delle infermiere e dei medici.
E gli ostacoli non venivano dai "bianchi" ma dai vecchi.
 
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