Noto con piacere che grazie a me Ghirghi ha rintracciato l’articolo dell’illustre sconosciuto, per lui, Dr. Ramella. Veramente io lo avevo citato come essere non solo “di parte” ma anche fazioso e fantasioso, assolutamente inutile sul piano storico o anche solo memorialistico. Il Dr. Ramella ci vuol far credere che 20.000 uomini della 34^ Divisione tedesca, con carri armati e artiglieria pesante eseguirono un rastrellamento nel monregalese nel novembre e dicembre del 1944! Ho paura che non si tratti di un refuso di stampa, voleva dire proprio 20.000! Interessante anche la “colonna” di 2000 persone, uomini, donne e bambini costretti ad andare a piedi da Mondovì a Cuneo il 20 dicembre, di cui non avevo mai sentito parlare, fotografata e filmata per farla passare per colonna di partigiani prigionieri. Avrei qualche timido dubbio su questo evento ma sicuramente ci saranno foto in abbondanza per dimostrarlo, foto che sarebbe interessante poter vedere. Per il resto abbiamo le solite accuse di maltrattamenti, crudeltà e torture varie che tutti conosciamo e attribuite all’ausiliaria Osella e ai due ex pugili (qua ci ricaschiamo con gli “ex pugili”) le note torture denominate “Bergerac” (da me già citata) “martirio dei santi”. Fatti che addirittura fanno inorridire i sergenti tedeschi noti per essere belve assetate di sangue, il che è tutto dire. La faccenda della cattura del presidio di Magliano Alpi e relativo tentativo di scambio di prigionieri viene altrimenti descritta in “Sempre in gamba né” di Ferruccio Iebole, a pag. 176 che attribuisce il fallimento della trattativa, condotta dal prete don Giovanni Dadone di Murazzano, con il suo risultato mortifero, alla fuga del Sergente Osvaldo Ciammaruconi, che doveva essere scambiato per primo contro la liberazione di Silvio Melogno “Acerbo”.
Torniamo al Farina. Notevole la descrizione di come il Tenente Farina, accompagnato dalla Osella, Bonaccorsi e Bianchini “processò e condannò a morte i partigiani non scambiati” sembra una loro decisione collegiale, si muovevano come gemellini siamesi. A seguire il Dr. Ramella ci infila dentro anche la “classica” scena alla Pasolini nel suo “Salò o le 120 giornate di Sodoma”: “Prima del processo si era tenuta una cena in cui erano stati serviti piatti ricercati e vini pregiati, mentre un giradischi allietava la riunione”. Poi però, dopo poche righe, il Dr. Ramella si corregge, non fu il Tenente Farina ma il Colonnello Languasco a ordinare la fucilazione dei partigiani. Il Tenente Farina, ci dice il Dr. Ramella, la eseguì solamente. Ma finalmente, dopo questo notevole excursus apprendiamo dal Dr. Ramella che Farina e compagni furono condannati dal “Tribunale di Guerra” del I Gruppo Divisioni Alpine Mauri. “Codesto Tribunale condannava a morte “in contumacia” i fascisti colpevoli di particolari atrocità, tra questi Farina e compagni”. Apprendiamo allora dal Dr. Ramella che: I Tribunali di Guerra agivano nel pieno della legalità, in quanto organismi istituiti con decreto n. 20 del 15.10.1944 del CLN, che legiferava in delega al governo italiano legittimo, “onde consentire la più immediata punizione di quei reati che per la loro atrocità hanno profondamente colpito la pubblica coscienza”. Decreto confermato dal bando CRMP del 1.11.1944 che regolava i tribunali di guerra territoriali e quelli di divisione, che “giudicano in nome del popolo italiano ed applicano i codici penali e le altre leggi in vigore alla data dell’8 settembre 1943, con le modifiche risultanti dal presente bando”, stabilendo gli organici dei tribunali. E anche a Mondovì, secondo il disposto il disposto della circolare CRMP n. 27 del l°gennaio 1945 era stato istituito un Tribunale di Guerra.
Soffermiamoci allora un po’ su questi “Tribunali di guerra” partigiani che agivano “nel pieno della legalità”. In base alla circolare del 7 giugno del 1945 protocollo 420 della Procura Generale di Torino “Tutte le sentenze emanate dai Tribunali del Popolo devono essere ritenute nulle e di nessun effetto giuridico trattandosi di Tribunali “de Facto” e non “de Jure” e le sentenze emanate devono essere considerate come pure e semplici denunce da inoltrarsi al Procuratore del Regno competente ad instaurare contro gli imputati un nuovo e giuridicamente legale procedimento penale”. Questa circolare servì nel caso del Colonnello Giuseppe Stampini, condannato a morte il 7 maggio 1945 dal “Tribunale Militare Territoriale di Guerra di Alessandria” per dichiarare, il 28/01/1946 da parte del giudice istruttore del Tribunale di Alessandria, “la nullità della sentenza in quanto non emanata da un organo giurisdizionale” (ma intanto il Colonnello era già stato fucilato il giorno successivo alla sentenza). Quindi a parte la nullità giuridica della sentenza (in contumacia poi) apprendiamo che la soppressione dei 4 fu eseguita in barba anche all’ordine del Comando Alleato della sospensione delle esecuzioni capitali: “la sentenza che secondo il disposto del citato decreto del CLNAI avrebbe dovuto essere eseguita immediatamente, forse fu rimandata d’alcuni giorni perché l’avvocato Verzone, prefetto di Cuneo, stava contattando i CLN locali per comunicare che, per ordine del Comando Alleato, le esecuzioni capitali erano sospese” ci dice il Dr. Ramella. Allora si capisce perché le soppressioni avvennero di nascosto nella notte.
Due parole solo sulla fucilazione di partigiani. (partigiani e non civili). In generale, secondo le leggi di guerra dell’epoca, i partigiani o “franchi tiratori” non avevano nessuna copertura giuridica non possedendo lo status di prigionieri di guerra. Ovvio, se da un lato il partigiano poteva permettersi forme di lotta non regolari quali l’operare in abiti civili o anche camuffarsi con divise fasciste e tedesche per meglio agire, d’altra parte sapeva che, se catturato, il suo destino era segnato. Mi pare che tutti i fucilati del marzo del 1945 citati dal Dr. Ramella fossero partigiani riconosciuti. Ciò nonostante, nei processi tenuti nel dopoguerra, contro partigiani accusati di esecuzioni extragiudiziarie fu tenuto in debita considerazione, anche per loro, “l’ordine ricevuto”. Cfr. il caso del processo sulla esecuzione di 7 prigionieri di guerra (della X Mas) a Santo Stefano Roero il 14 maggio del 1945: “Il Medogni (Medogni Creso, di Bra) eseguì la fucilazione dei sette repubblichini della X Mas PER PRECISO ORDINE (in maiuscolo nell’originale) ricevuto dal suo comandante di reparto… è indubbio che il Medogni era vincolato dalla disciplina militare, al dovere di eseguire gli ordini ricevuti SENZA DISCUTERLI (maiuscolo nell’originale) e senza aver facoltà di sindacarne la legittimità, sotto pena di denuncia per il reato di rifiuto di obbedienza. Basta questa semplice osservazione per comprendere che, se anche l’eliminazione dei detti prigionieri costituisse fatto illegittimo, di essa non è tenuto a rispondere il Medogni, per aver commesso il fatto nell’adempimento di un dovere (art. 51 C.P.)” Cfr. esposto dell’Avv. Riccardo Audisio Cocco del 20/09/1949. Proviamo a sostituire il nome di Medogni e poniamo quello di Farina. Era una linea di difesa comunemente usata dagli avvocati difensori sia dei partigiani che dai fascisti e applicata largamente dai giudici (esempio cfr. Sentenza della Corte di Assise di Cuneo del 15/05/1951 nei confronti di C. Mario, partigiano, assolto (omicidio) per l’esimente dell’Art. 51 C.P. secondo cui, per i reati militari, se un fatto costituente reato è commesso per ordine del superiore, di esso risponde colui che lo ha dato (terzo comma) e non chi lo ha eseguito). E’ pacifico che se Farina e i suoi fossero stati processati assieme agli altri cacciatori, Bidoli Vittorio e altri, avrebbero evitato la condanna a morte.
Tralascio di commentare il P.S. “Voglio infine sperare che “La Bisalta” tra “le donne dimenticate” ricorderà le partigiane Emma Biscia e Jolanda Bonfini, che dopo essere state selvaggiamente torturate per quindici giorni a Roccaforte di Mondovì dalle Brigate Nere, vennero uccise a Rocca de Baldi il 4 marzo 1945.” Ovviamente le fonti fasciste negano le torture ma comunque in rete c’è, a tutti accessibile, l’elenco delle 164 donne soppresse dai partigiani nel cuneese durante la guerra civile, inutile quindi una discussione “su chi era il più cattivo” o chi uccideva più donne se i fascisti o i partigiani, non credo sia un argomento da trattare in questa sede. Questa doveva essere una discussione sul caso specifico di una soppressione extragiudiziale di prigionieri di guerra eseguita da parte delle forze partigiane a Mondovì il 05/05/1945, nient’altro. Se poi ci si vuole dilungare su altri episodi si apra un’altra discussione. Penso che sul Tenente Farina e l'Osella e i due "ex pugili" abbiamo detto tutto quello che c'era da dire. Saranno i lettori a giudicare i fatti esposti.
Saluti Roberto
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