Filmato MAS 38

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view post Posted on 10/9/2010, 18:18
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Brutto come la fame, storto, strano...ma IMMOBILE al tiro vedere per credere..che ne dite..a questo non avrei dato un soldo!!

www.youtube.com/watch?v=NTCc4XFtcnU

ciao a tutti giacomo
 
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view post Posted on 11/9/2010, 10:41
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Ciao Giacomo, conoscevo già questi filmati, però non avevo ancora avuto occasione di vederli in sequenza.
Effettivamente, prescindendo dalle capacità dell'operatore, si nota una notevole differenza di stabilità tra le varie armi ed il MAS da l'impressione di meritare la palma.

Notavo lo strano comportamento riguardo allo sten: terminata la raffica arretra l'otturatore, toglie il caricatore, inserisce il caricatore, fa partire la nuova raffica, il tutto senza alcuna precauzione!!!!! Non sarebbe più sensato inserire una qualche sicura?

Ora me li riguardo con calma per vedere se c'è qualche altra incongruenza.
 
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view post Posted on 12/9/2010, 14:29
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Incuriosito ho dato la caccia ad altri filmati e ne ho trovato un paio: la stabilità dell'arma è nota costante. a ben vedere non c'è da stupirsi più di tanto il rapporto tra massa dell'arma e massa del proiettile e la carica di lancio impiegata rende ragione del modesto o nullo rilevamento. Certo che sparare con un mitra così stabile i suoi vantaggi li doveva avere..un caro amico armaiolo diceva che il 7,65 fench long era un buon calibro quasi pari al 7,65 Parabellum, se è comunque vero che è meglio un 22 che fa centro di un 45 che manca il bersaglio c'è forse da rivedere il giudizio su quest'arma che ho sempre valutato brutta e scarsamente efficace.

ciao giacomo
 
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view post Posted on 16/9/2010, 17:48
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Scusate ma da dove provengono i filmati che recano la scritta armi e tiro?
A parte le ditte produttrici di armi da guerra, chi può avere disponibilità di queste armi (da guerra) e provarle all'interno di un poligono?
 
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view post Posted on 16/9/2010, 18:36
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CITAZIONE (30emme1 @ 16/9/2010, 18:48)
A parte le ditte produttrici di armi da guerra, chi può avere disponibilità di queste armi (da guerra) e provarle all'interno di un poligono?

Appunto una ditta produttrice di armi da guerra. Probabilmente parliamo della Nuova Jager di Basaluzzo, però non ne sono certo.
 
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view post Posted on 17/9/2010, 07:08


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CITAZIONE (lancieri novara 5 @ 12/9/2010, 15:29)
la stabilità dell'arma è nota costante. a ben vedere non c'è da stupirsi più di tanto il rapporto tra massa dell'arma e massa del proiettile e la carica di lancio impiegata rende ragione del modesto o nullo rilevamento.
ciao giacomo

Io supporrei che anche il fatto di essere " storto " ovvero di avere la canna non in asse con la corsa dell otturatore possa contribuire a ridurre il rilevamento...

axel 1899
 
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view post Posted on 17/9/2010, 11:19
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La tua osservazione è molto corretta ed interessante. In effetti il complesso otturatore e molla di recupero angolato e alloggiato completamente nel calcio dovrebbe scaricare parte delle forze del rinculo, peraltro già modesto. Credo che quanto da te suggerito sia correttamente da considerare concausa dello scarso rilevamento.

un caro saluto giacomo
 
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view post Posted on 17/9/2010, 12:43
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Ciao, spero mi crederete senza che vada a consultare qualche testo. però ricordo di aver letto che l'inclinazione del calcio e della molla in esso contenuta era stata studiata appositamente per creare un ritardo nell'apertura dell'otturatore, consentendo così una maggiore controllabilità.
Quindi era un effetto voluto.
 
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view post Posted on 17/9/2010, 13:09
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Ti crediamo, ......è il concetto del brutto, ma buono.....
sauti app.

Edited by appuntato - 17/9/2010, 14:25
 
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view post Posted on 17/9/2010, 22:15


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CITAZIONE (kanister @ 17/9/2010, 13:43)
Ciao, spero mi crederete senza che vada a consultare qualche testo. però ricordo di aver letto che l'inclinazione del calcio e della molla in esso contenuta era stata studiata appositamente per creare un ritardo nell'apertura dell'otturatore, consentendo così una maggiore controllabilità.
Quindi era un effetto voluto.

il ritardo d'apertura su armi simili è dato in primis dalla massa dell'otturatore (inerzia) e dalla forza della molla ... a parità di cartuccia se l'inclinazione della corsa dell otturatore contribuisce a ritardare l'apertura potremo permetterci un otturatore più leggero e quindi un ciclo meno violento ....

rispondendo invece a Giacomo : un inclinazione del calcio mitiga il rinculo ma IMHO aumenta il rilevamento ... perchè la componente rinculo non scaricandosi completamente in asse con il calcio tenderà a far " impennare " l'arma ... è un po' come nelle pistole : più la canna è alta rispetto all'impugnatura (e quindi rispetto all asse impugnatura/polso/braccio) più il riculo avvertito sarà minore ed il rilevamento maggiore ...

Io credo che però nell equazione vada considerato anche il fatto che la massa dell'otturatore quando và in chiusura tende a scaricarsi sulla culatta in modo da far abbassare l'arma ... è più o meno lo stesso concetto realizzato in forma diversa da Oliani in primis con gli OG e poi dalla Franchi con il San Luigi otturatori la cui massa sovrastasse la canna ....

axel
 
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view post Posted on 18/9/2010, 11:55
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Credo che gli articoli cui fate riferimento siano questi che allego

La Pistola Mitragliatrice MAS 38
Articolo di Marco Morin pubblicato da Diana ARMI

Una fotografia, pubblicata in origine a pagina 530 del primo volume della “Storia della Guerra Civile in Italia” (Milano 1965) di Giorgio Pisanò, può essere considerata come il punto di partenza per il discorso che abbiamo oggi intenzione di fare. Scattata in Castelvecchio il giorno 10 febbraio 1944 essa ci presenta, riuniti per essere giudicati nel corso dell’ormai famoso processo di Verona, sei imputati già membri del Gran Consiglio del Fascismo.
Passando dall’espressione ansiosa e insieme attonita dell’anziano quadrunviro Emilio De Bono alla spavalda ma tesa fisionomia di Galeazzo Ciano è impossibile non percepire un’atmosfera angosciosa senz’altro presaga della ineluttabile tragedia finale.
Lasciamo agli storici del futuro, chè siamo convinti come solo il tempo può far decantare passioni ed odii e dare posto all’obbiettività, il compito di esprimere un giudizio sugli uomini e i fatti di quel tribolato periodo e, tra l’altro intimamente convinti della profonda saggezza contenuta nel proverbiale “Sutor, non ultra crepidam”, occupiamoci un po’ della nostra ciabatta, che in questo caso è rappresentata dalla pistola mitragliatrice messa di traverso al petto del milite della Guardia Nazionale Repubblicana in piedi,nella fotografia sopra citata, dietro Emilio De Bono.
L’arma in questione, facilmente riconoscibile per la sua caratteristica sagoma, è una MAS 38 francese.
Una certa quantità di queste pistole mitragliatrici giunsero in Italia insieme ad altri “generi militari” come preda bellica dopo la capitolazione della Francia. A quanto pare esse vennero prevalentemente distribuite a reparti della MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale) e dal momento che quest’ultima, con la creazione della Repubblica Sociale Italiana, si trasformò in Guardia Nazionale Repubblicana, eccone spiegata la presenza nella “Sala dei Concerti” del celebre Castello scaligero.
Abbiamo già su questa rivista in passato esaminato in un paio di occasioni della armi militari francesi ed in entrambe i casi fummo costretti a formulare dei giudizi poco lusinghieri, giudizi del resto condivisi da esperti molto autorevoli.
Questa volta ci troviamo invece di fronte ad un’arma particolarmente interessante e ben fatta, il cui unico difetto sta nel fatto che la cartuccia impiegata, la MAS 7,65 lunga, non è molto efficace alle medie e grandi distanze.
Considerando però che la pistola mitragliatrice è fondamentalmente un’arma d’assalto e quindi di impiego ravvicinatissimo, non ci sentiamo di condividere integralmente la disapprovazione facilmente avvertibile nei suoi riguardi nelle opere dello Smith e di altri autori statunitensi, senza naturalmente nulla togliere al fatto che la 9 mm.parabellum resta senza discussioni la cartuccia ideale per questo genere di impiego. Certamente lo Stato Maggiore Francese, legato ormai alla 7,65 lunga dall’adozione avvenuta nel 1935 della nuova pistola d’ordinanza, preferì saggiamente di non aumentare il tipo di cartucce in servizio.
In Francia, almeno a quel che risulta dalla letteratura corrente, non ci sono stati tra le due guerre mondiali grandi studi sulle pistole mitragliatrici. Stando al Nelson e al Lockhoven (“The World’s Submachine Gun” Colonia 1963) la prima arma di questo tipo prodotta oltralpe è stata la ETVS, un buffo aggeggio con calcio in legno ripiegabile grazie ad una cerniera verticale. A partire poi dal 1935 la Manifacture d’Armes de Saint Etienne produsse in piccola serie un prototipo denominato SE-MAS 1935, nel quale troviamo troviamo già tutti gli elementi più importanti del MAS 1938. L’unica differenza di una certa importanza sta nel fatto che il SE-MAS presenta, in luogo del calcio in legno del modello successivo, un tubo metallico con calciolo.
Esamineremo ora in dettaglio il MAS 38 smontandolo insieme. Innanzitutto si sfila il caricatore agendo sull’apposito bottone che sporge sulla parte anteriore del lato sinistro del castello. Si preme ora sul pulsante della levetta di bloccaggio situata a livello dell’unione tra calcio e castello, subito dietro l’impugnatura, si ruota il calcio di 90° in senso antiorario e lo si sfila facendo attenzione alla molla di recupero che tenderebbe ad allontanare i due pezzi con una certa energia. Tolto il calcio si afferra la molla e la si tira fuori dal castello tenendo presente che insieme fuoriesce anche la massa battente. Questa sistemazione è abbastanza interessante e vale pertanto la pena di descriverla.
La massa battente, di forma cilindrica, presenta anteriormente il recesso destinato ad accogliere la base della cartuccia. Dato che, come vedremo più avanti, l’asse della canna e l’asse di scorrimento della massa battente (qui dobbiamo ricordare che la massa battente oltre che scorrere nell’apposito alloggiamento cilindrico ricavato nel castello, prosegue la sua corsa retrograda in un lungo cilindro di acciaio sistemato nel calcio) sono inclinati l’uno rispetto all’altro di circa 4°, la superficie di detto recesso presenta una inclinazione tale da risultare ortogonale rispetto all’asse della canna. Mentre sotto alla parte anteriore notiamo il solito grosso sguscio destinato a lasciare lo spazio al caricatore, sul lato sinistro è sistemato l’estrattore, opportunamente alloggiato in un recesso. Subito dopo vi è un perno passante che, se sfilato, libera un corpo cilindrico lungo 115 mm. e del diametro di 13 mm. che risulta infilato nella cavità posteriore della massa battente. Questa parte ha una triplice funzione:
a) mantiene in sito il percussore, che, infilato a sua volta in un alloggiamento più sottile, sporge costantemente dalla faccia anteriore della massa battente;
b) serve per collegare la massa battente con la molla di recupero;
c) aumenta il peso complessivo della massa battente.
Lungo il fianco destro della parte anteriore della massa battente vi è un solco per il passaggio dell’espulsore mentre lungo il lato inferiore si può notare una nervatura piatta con un recesso cilindrico per la sicura e il gradino di ritegno su cui va a contrastare il dente di scatto.
Ultimo particolare degno di nota è una spigolo vivo al di sotto dell’estrattore: su di esso agisce il dente di aggancio del pomello di armamento.
Esaminando il calcio vediamo come nel suo interno, lo abbiamo già accennato, vi sia un lungo tubo che funge da proseguimento del canale di scorrimento della massa battente. La sua estremità anteriore, opportunamente sagomata, serve per il collegamento tra il calcio e il castello.
Continuando lo smontaggio possiamo, battendo leggermente con un martello di legno, sfilare verso l’indietro l’impugnatura a pistola completa del sistema di scatto e di sicura.
Dal momento che, durante lo sparo, la massa battente arretra di molto (circa 20 cm.) e ritornando avanti sotto la spinta della molla di recupero acquista una notevole energia cinetica, si è reso necessario molleggiare il dente di scatto in senso longitudinale.
Il sistema di sicura è probabilmente unico nel suo genere; consiste infatti in una leva, imperniata nel suo centro, il cui braccio posteriore è dotato di un dente cilindrico rivolto verso l’alto. Piegando opportunamente il grilletto in avanti, la leva si inclina e il dente cilindrico va ad infilarsi nel corrispondente recesso che abbiamo visto nel corso della descrizione della massa battente. Quest’ultima rimano saldamente bloccata in posizione avanzata.
E’ possibile inserire la sicura (cioè piegare avanti il grilletto) anche con la massa battente pronta allo sparo. In questo caso, sempre senza avere alcun effetto sul sistema di scatto, il dente cilindrico sporge ed è quindi in grado di intercettare e bloccare la massa battente nel caso che la stessa si sganci per una qualsiasi ragione dal dente di scatto.
Arrivati a questo punto non è consigliabile proseguire oltre nello smontaggio e passiamo pertanto ad esaminare il gruppo canna-castello. Particolare saliente della prima, che risulta saldamente collegata al secondo per avvitatura, è il mirino sistemato fuoricentro a sinistra. A questo fa riscontro sulla superficie superiore del castello un sistema di alzo con due ritti a diottra graduati rispettivamente per i 100 e i 200 metri. La sistemazione fuoricentro del sistema di mira può essere spiegata con la sagoma lineare dell’arma per la quale risulterebbe particolarmente difficile portare l’occhio sull’asse della canna.
Sul lato esterno sinistro del castello troviamo incisi i dati di identificazione e cioè “CAL 7,65 L MAS Mle 38” seguito poi dal numero di matricola. Tra il “CAL 7,65 L” e il “MAS” è avvitato un perno passante che sul lato esterno regge l’anello-maglietta mentre nell’interno del castello, opportunamente sagomato, funge da espulsore. Sul lato destro è invece praticato il foro di eiezione che, ad arma chiusa, risulta coperto dalla piastrina scorrevole su cui è fissato il pomello di armamento. Detto pomello risolta forato e nel suo interno troviamo il gancio di armamento tenuto sotto pressione da una molla a spirale. Il gancio, quando si agisce sul pomello per portare l’arma in posizione di tiro, contrasta contro il già notato spigolo vivo sul lato anteriore destro della massa battente che viene quindi trascinata indietro fino a quando il suo gradino di ritegno non si viene a trovare a livello del dente di scatto. A questo punto il pomello e la lastrina su cui è fissato possono ancora retrocedere per alcuni millimetri ma il gancio viene costretto a rientrare nel pomello dal momento che, giunto al termine del foro di eiezione, va a strisciare sulla superficie esterna del castello. Questo fatto oltre a bloccare in posizione arretrata la lastrina copri apertura, svincola la massa battente che, nello sparo, non è pertanto costretta a trascinare avanti e indietro il pomello e la lastrina stessa. Il “rientro” del gancio è facilmente riscontrabile dall’esterno (vedi fotografie) osservando la posizione della sua estremità che si intravede nel foro del pomello.
Il caricatore in lamiera d’acciaio e con una capacità di 32 cartucce su due file, risulta naturalmente alquanto più piccolo di quelli analoghi per armi in calibro 9 mm.parabellum.
Abbiamo visto come asse della canna e asse di scorrimento della massa battente formano tra loro un asse di 4°. E’ opinione dello Smith, opinione non ripresa però dal Nelson e dal Lockhoven, che al momento dello sparo questa angolazione provochi un’azione di ritardo o meglio di “esitazione” al moto retrogrado della massa battente. Un semplice calcolo matematico che tenga conto oltre che dell’angolazione minima anche dello stato normale di lubrificazione del sistema ci permette di vedere come il supposto effetto di esitazione può a tutti gli effetti pratici essere considerato nullo.
Abbiamo avuto alcuni anni or sono l’occasione di sparare con quest’arma un certo numero di caricatori. Sul filo della memoria ci sembra di ricordare che il MAS 38 abbia funzionato benissimo e che, malgrado il suo peso relativamente basso, l’impennata non fosse eccessiva. La lavorazione, paragonata a quella riscontrabile su armi della stessa categoria, è senz’altro ottima e non possiamo non condividere l’opinione espressa nel seguente periodo dal Nelson e dal Lockhoven nella loro opera citata:”Sfortunatamente, il Modello 1938 non venne prodotto in calibro 9 mm.Parabellum, Se fosse stata usata questa cartuccia, il Modello 1938 si sarebbe classificato come una delle migliori pistole mitragliatrici impiegate durante la seconda Guerra Mondiale”.
Fabbricata ininterrottamente dal 1938 al 1949 (dopo il crollo della Francia venne anche impiegata dalle forze di polizia nel Governo di Vichy) oltre che nel conflitto mondiale quest’arma vide un esteso uso in Indocina. Dopo la catastrofe di Dien Bien Phu e il conseguente sgombero francese, molte migliaia di MAS 38 rimasero nelle mani dei Viet-Min del generale Giap. Così, con lo scoppio della crisi vietnamita ecco i “consiglieri” statunitensi trovarsi di fronte queste pistole mitragliatrici dalla parte sbagliata, cioè dal vivo di volata. Ancora nel 1966 in un articolo di GUNS (luglio) dedicato alle armi impiegate dai belligeranti nel Vietnam, troviamo elencato e fotografato tra AK 47 e carabine SKS anche il vecchio MAS 38. Non sappiamo se ancora oggi nelle jungle o nelle risaie indocinesi si aggira qualche “Charlie” armato di questa pistola mitragliatrice, ma se così fosse, sarebbe veramente interessante sapere come è stato risolto il problema del munizionamento. Considerando che la quasi totalità dei MAT 49 (nati in calibro 9 mm parabellum) catturati dagli americani sono risultati adattati per la cartuccia sovietica 7,62 Tokarev, non è da escludere che la stessa modificazione sia stata praticata ai sopravvissuti MAS 38.


Scheda dall’arma


Lunghezza totale: 633 mm.
Lunghezza della canna: 225 mm.
Peso con arma carica: 3,350 kg.
Tipo di funzionamento: a chiusura labile (blowback)
Tipo di fuoco: solo a raffica
Cadenza teorica di tiro: 600 colpi/minuto
Calibro: 7,65 mm.
Numero delle rigature: 4 destrorse
Velocità iniziale: 350 m/s
Capacità del caricatore: 32 cartucce
Peso del caricatore pieno: 500 g.
Sistema di puntamento a) anteriore: mirino con fessura centrale
b) posteriore: due ritti a diottra


Dati principali della cartuccia “7,65 Longue pour pistole et pistolet mitrailleur”
Lunghezza : 30,2 mm.
Peso totale : 8,57 g.
Lunghezza del bossolo: 19,3 mm.
Diametro massimo della palla: 7,75 mm
Diametro massimo del bossolo: 8,45 mm.
Peso della carica di lancio: 0,32 g.
Peso della pallottola: 5,7 g.


Modello 1938 “il MAS”
Articolo di Vittorio Balzi pubblicato da Diana ARMI

La necessità di aumentare il volume di fuoco erogabile dal fante in particolari situazioni tattiche portò, durante la Prima Guerra Mondiale, alla nascita ed all’affermazione del mitra. Prima di questo “lieto evento”, la cui paternità è contesa tra italiani e tedeschi, e prima che venisse ben compreso il ruolo tattico della nuova arma, altre soluzioni furono proposte e tentate. Fra le più originali e macchinose possiamo sicuramente annoverare il Pedersen Firing Device destinato a convertire, al bisogno, gli Springfield 03 in carabine automatiche utilizzanti la cartuccia .30 Pedersen. Venne prodotta, sembra su vasta scala, ma lo Stato Maggiore dell’U.S.Army cambiò subito opinione sulla sua reale utilità e le unità di conversione finirono in qualche magazzino per essere poi distrutte. Il Pedersen Firing Device è oggi una vera rarità (personalmente ne ho visto uno solo in fotografia) e risulta parimenti raro trovare una cartuccia .30 Pedersen, questa munizione ha però lasciato un’eredità: la 7,65 Long di ordinanza francese.
Che la 7,65 Long sia derivata dalla .30 Pedersen è fatto accettato dalla maggioranza degli autori e contestato solo da alcuni. Non ho motivo per sposare una delle due tesi ma ritengo che la prima sia abbastanza attendibile visto che, durante la Prima Guerra Mondiale, i soldati dello Zio Sam hanno operato in netta prevalenza sul fronte francese e sono stati i francesi che, più di altri europei, hanno avuto la possibilità di esaminare il Firing Device e la sua munizione.Sia come sia, Barnes, il cui Cartridge of the World, è la Bibbia del ramo, afferma categoricamente che il 7,65 per 20 (per l’esattezza 7,65 per 19,5) deriva dal .30 Pedersen, tanto che le due cartucce hanno il bossolo assolutamente identico.
Derivata o meno dalla .30 Pedersen, la 7,65 Long è stata, dall’inizio degli anni ’30 fino al 1950 (pur affiancata dalla 9 Parabellum, la 7,65 Long è comunque rimasta ancora in uso bel oltre l’inizio degli anni ’50), munizione di ordinanza francese venendo impiegata in tre armi transalpine di quel periodo storico: le pistole 1935 A e 1935 S ed il mitra MAS 1938 che costituisce l’oggetto di queste note.
Le origini del MAS 1938 devono essere fatte risalire all’inizio degli anni trenta quando ai servizi tecnici dell’Armée furono proposti due differenti mitra in 7,65 Long: lo E.T.V.S. ed il SE-MAS 1935. La prima arma è abbastanza sconosciuta visto che venne prodotta in un numero ristretto di esemplari usati piuttosto raramente e solo prima della guerra. Per quanto se ne conosce lo E.T.V.S. era un mitra di disegno piuttosto convenzionale pienamente in linea con i canoni dell’epoca in materia di moschetti automatici; aveva però una peculiarità costituita dal calcio, peraltro di foggia tradizionale, incernierato alla carcassa e ribaltabile sul fianco sinistra dell’arma. Lo E.T.V.S. è stato una dei primi mitra, se non forse il primo in assoluto, dotato di calcio ribaltabile.
Il SE-MAS 1935 può essere considerato a tutti gli effetti come la prima versione del MAS 1938 visto che differisce da questo solo per il calcio tubolare in metallo, calcio che non poteva essere reso ribaltabile perché, come vedremo poco più avanti, ospitava la molla dell’otturatore. L’anno di inizio della produzione del MAS 1938 è ufficialmente quello riportato nella denominazione dell’arma e che vide l’adozione formale da parte dell’esercito francese. L’occupazione tedesca conseguente alla sconfitta del 1940 non portò all’arresto della produzione del MAS 1938 che continuò, sia pure a ritmo ridotto, per tutta la durata della guerra, terminando definitivamente solo nel 1949.
Inconsueto, questo il primo aggettivo che viene spontaneo guardando un MAS 1938; arma la cui linea si può definire quanto meno inusuale, con quel calcio diritto e la canna che pare innaturalmente inclinata verso il basso. Ma una tale linea non è stata dettata dal caso o dal capriccio, bensì da precise scelte concettuali. Come vedremo insieme, ancora una volta la forma segue la funzione.
I progettisti del mod.1938 si sono posti l’obiettivo di realizzare un mitra che fosse robusto, leggero e compatto. Visto l’allora esistente “stato dell’arte”, era scarsamente praticabile il ricorso a soluzioni oggi consolidate e ci si affidò a tecniche di fabbricazione tradizionali basate sulla lavorazione dal pieno che offriva indubbi vantaggi quanto a caratteristiche meccaniche (la carcassa monolitica, in particolare, è veramente un pezzo di bravura sotto tutti gli aspetti e veniva realizzata macchinando un forgiato).
Per quanto riguarda la chiusura fu scelta, all’insegna della massima semplicità; la tradizionale soluzione della massa battente che, come tale, inizia il ciclo di fuoco ad otturatore aperto. Allo scopo di ridurre la lunghezza dell’arma pur mantenendo una corsa dell’otturatore piuttosto lunga, venne deciso di alloggiare la molla di recupero, che nelle armi a massa battente è anche molla cinetica, all’interno di una guida tubolare alloggiata nel calcio, guida che ospita anche parte dell’otturatore quando questo è al fondo della sua corsa retrograda. Se la guida tubolare, l’otturatore e la canna fossero stati tutti coassiali (come accade ad esempio nell’M 16) il calcio non avrebbe avuto piega con la conseguenza di una linea di mira innaturalmente alta. A questo inconveniente si è ovviato inclinando l’asse dell’otturatore e di conseguenza quello della guida tubolare; infatti, l’otturatore scorre nella carcassa dal basso verso l’alto ed il suo asse forma un angolo con quello della canna. Per fare sì che il piano passante per la faccia dell’otturatore sia parallelo a quello passante per il vivo di culatta, la faccia dell’otturatore è inclinata rispetto al corpo di un angolo pari a quello tra gli assi di canna ed otturatore.
La soluzione adottata ha, almeno sul piano teorico, un altro vantaggio oltre quello di contenere la lunghezza dell’arma: permette di disperdere parte dell’energia di rinculo ed offre quindi un ritardo di apertura. Infatti se applichiamo la regola del parallelogramma vediamo che la Forza, F, applicata dal fondello del bossolo (diretta secondo l’asse della canna e di verso ovvio) si scompone in due Forze, una, F1, diretta lungo l’asse dell’otturatore e l’altra, F2, con una direzione e verso supero posteriore; per vincere l’inerzia dell’otturatore viene sfruttata solo F1 che sarà sempre inferiore ad F. Se poi tutto questo abbia una reale importanza pratica può essere oggetto di discussione, ne resta comunque la validità teorica.
La munizione adottata (abbastanza anemica rispetto al più diffuso 9 Parabellum), la piega contentissima del calcio ed il tipo di otturatore, fanno del MAS 1938 un mitra dallo scarso rilevamento e ben controllabile nel tiro a raffica (600 colpi al primo teorici); questo a dispetto di un peso pari a 2.870 grammi ad arma scarica, peso che sale a 3.350 grammi col caricatore ed i 32 colpi che questo contiene. Visto il tipo di arma ed il prevedibile impiego, lo scarso rilevamento e la cadenza di tiro relativamente bassa (comunque ideale per un mitra) i progettisti non hanno previsto la possibilità di tiro in semiautomatico; scelta giusta e congrua con le richieste dell’Armée che voleva un mitra robusto, semplice, affidabile e leggero.
In merito all’affidabilità di funzionamento giova ricordare che questa trae grande vantaggio da una corsa dell’otturatore piuttosto lunga (si diminuiscono così anche gli scuotimenti e la cadenza di tiro) ed il MAS 1938 è, grazie alla guida tubolare nel calcio, un mitra con la corsa dell’otturatore veramente lunga. Tanto lunga che quando, dopo aver compresso la molla di recupero, l’otturatore inizia a tornare in avanti, il tratto di corsa fino al dente della leva di scatto sarebbe tale da fargli raggiungere una Ec sufficiente a danneggiare la leva di scatto se questa non fosse caricata da apposita molla che assorbe l’urto. La leva di scatto caricata da molla è peculiarità unica, fra i mitra, del MAS 1938 ed è stata imposta proprio dalla lunga corsa dell’otturatore. Sempre in tema di corsa dell’otturatore, è da rimarcare che l’arresto della corsa avviene solo per dissipazione dell’Ec otturatore da parte della molla e senza che questa vada a pacchetto.
Nella progettazione del MAS 1938 è stata posta la massima cura per prevenire l’ingresso di corpi estranei. A tale scopo il bocchettone del caricatore è dotato di apposito sportellino di protezione che deve essere ribaltato in avanti prima di poter introdurre il caricatore. Inoltre, la finestra di espulsione rimane chiusa da uno sportellino scorrevole quando l’otturatore non è armato. La manetta di armamento è fissata allo sportellino e questo, con un apposito arpionismo, aggancia l’otturatore armato lo porta fino ad impegnare la leva di scatto. Ad otturatore armato lo sportellino è svincolato dall’otturatore e rimane in posizione arretrata durante il ciclo di fuoco. Sia ad otturatore armato che disarmato è possibile inserire una sicura che blocca ogni movimento: basta spingere avanti il grilletto.
L’asse dell’otturatore inclinato rispetto a quello della canna ha permesso di dare una leggera piega al calcio, ma la linea di mira è rimasta comunque abbastanza alta. Da notare, sia sul piano estetico che su quello funzionale, l’insieme costituito dai due alzi abbattibili (in uno è ricavata una diottra per i 100 metri, nell’altro per i 200 metri) e dalla relativa base ottenuta sagomando a mo’ di cuneo la parte superiore della carcassa. Gli alzi ed il relativo mirino sono spostati sulla sinistra dell’arma per rendere più naturale la posizione di testa e collo del tiratore. Evidentemente, a quei tempi, nessuno pensava ai mancini.
Messo ufficialmente in servizio solo dall’Armée il MAS 1938 è stato usato anche da FF.AA. di altri paesi e da vari movimenti di guerriglia. Durante la Seconda Guerra Mondiale sia la Wehrmacht che il Regio Esercito hanno ricevuto dei mod.1938 di preda bellica; probabilmente, parte di quelli impiegati dai tedeschi erano armi nuove di fabbrica prodotte durante l’occupazione della Francia. Dopo l’8 settembre diversi MAS 1938 sono stati usati sia dall’esercito della R.S.I. che dai partigiani ed è proprio con uno di questi mitra che venne ucciso Mussolini.
Si legge con frequenza di MAS 1938 convertiti dai Viet-Minh e dai Vietcong al 7,62 Tokarev; tale trasformazione sarà forse anche possibile, ed al proposito mi permetto di sollevare più di qualche dubbio, ma comunque non facile né economica. La lunghezza totale della cartuccia 7,65 Long è mm. 30,2 mentre quella del 7,62 Tokarev risulta pari a mm. 35,1; i corrispondenti diametri di fondello sono mm. 8,55 (7,65 Long) e mm.9,65. Come si vede gli ingombri sono ben più sostenuti per la cartuccia sovietica e renderebbero necessario un nuovo caricatore (con le eventuali modifiche a bocchettone e ritegno) oltre ad una revisione della faccia dall’otturatore, dell’estrattore e dell’espulsore. Ammesso e non concesso che tutto questo sia possibile ci troveremmo di fronte ad altri problemi connessi con le pressioni di esercizio e le energie di rinculo, pressioni ed energie sicuramente ben maggiori per la cartuccia sovietica che spinge una palla da 86 grani a circa 1.390 piedi al secondo (caricamento standard militare sparato nella pistola Tokarev) contro i 1.120 f.p.s. per una palla da 85 grani del 7,65 Long (pistola 1935 A). il ritardo di apertura dovuto all’inclinazione dell’otturatore basterebbe per compensare maggiori energie e pressioni? Non sarebbe necessario appesantire l’otturatore oltre alla ovvia sostituzione della molla di recupero?
Tutti i MAS 1938 prodotti sono in calibro 7,65 Long e, a parte poco probabili trasformazioni al 7,62 Tokarev, non mi risulta che siano state tentate altre varianti. Peccato, il mitra di cui abbiamo “chiacchierato” insieme aveva tutti i numeri per essere un’arma eccellente anche se di fabbricazione costosa (comunque, sotto questo aspetto, in linea con i tempi) ed ha trovato il suo limite principale solo nella munizione intorno al quale è stato disegnato.


Un caro saluto
 
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view post Posted on 18/9/2010, 13:21
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Ciao Giacomo, non spreco tempo con i complimenti, tanto cosa penso lo sai.

Solo un'annotazione, perchè l'articolo di Morin è ormai irrimediabilmente datato. Da pubblicazioni più recenti del N&L sappiamo che gli studi francesi per la creazione di una PM si protrassero per almeno vent'anni, dapprima stancamente e con un'accellerazione dopo la conclusione della guerra di Spagna, quando i francesi vennero in possesso di migliaia di pistole mitragliatrici di origini più varie, grazie al disarmo dei miliziani che volevano traversare il confine.
Il divertente è che per tutti questi venti anni le prove di tutte le PM in 9mm vennero utilizzate munizioni preda bellica tedesca, residuate dalla 1GM. Per fortuna oggi si sente dire che dopo cinque anni le munizioni sono da buttare.
In sequenza furono provati lo STA 1924 fabbricato comunque dalla MAS, i CEI 1 e 2, il MAC 1923, il MAS S.E. 1, 1bis e 3, il MAS 1925, 1931, 1934, 1935, il CEV, l'ETVS, il Petter.
Questo per restare ai soli modelli francesi. Sino al 1935 tutte queste armi erano in 9mm, per passare poi al 7,65L, dopo la sciagurata decisione.
Tutti i vari modelli di MAS sono via via miglioramenti del STA e dal MAS S.E. 1 presentano tutti lo stesso disegno inclinato.

Varie MAS38 erano presenti in provincia di Savona, riconoscibili in parecchie foto, e rintracciabili anche nella corrispondenza. C'è ad esempio una lettere da un distaccamento ad un altro in cui si chiede il prestito di un caricatore per poterlo riprodurre, in quanto si dispone di cartucce ma non di caricatore.
Troviamo tracce di un MAS38 in un libro di Bocca, che lo mette in mano a Duccio Galimberti, però con l'avvertenza che lo usa solo per figura in quanto non ha munizioni.
Fenoglio ne arma Pierre, l'amico di Johnny.

Una cosa che nessuno ha mai spiegato: Mussolini sarebbe stato ucciso con il famosissimo MAS con un nastrino rosso legato alla canna, però né nel corpo di Mussolini, né in quello della Petacci, furono rinvenuti colpi in 7,65. Mah?
 
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view post Posted on 18/9/2010, 18:39
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Esistono numerose foto dei primi mesi di guerra con soldati francesi armati con i Vollmer EMP 9 mm sequestrati ai repubblicani spagnoli o con copie spagnole dello stesso, certo si erano resi conto che il 9mm era meglio, ma la frittata era già fatta..abbiamo già parlato del nefasto amore dei francesi per il 7,65 Pedersen e successivo french long.

Venendo alle MAS 38 nel savonese e più genericamente in mani partigiane devo confessare che in realtà il post era una sorta di invito a nozze per ghirghi. Non ho visto un MAS 38 se non in fotografia, figuriamoci spararci! speravo avere testimonianze di prima mano da chi l'arma l'ha avuta in mano. Qui in zona non me ne risultano..chiacchierando con i partigiani rimasti sento parlare di Sten, Thompson, Beretta, MP 40 e soprattutto del celebratissimo UD M42 che pare fosse un gioiello (e ho motivo di pensare di sì..), ma niente MAS 38!!

Un caro saluto giacomo
 
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view post Posted on 18/9/2010, 19:16
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Con Ghirghi si era parlato del MAS insieme alla corrispondente pistola in 7,65L qualche tempo fa.
Dovrei cercare nei vecchi post, perchè non ricordo bene cosa avesse detto, forse però non deve averne visti molti neppure lui, perchè mi pare che avesse dovuto dar via la 1935 per mancanza di munizioni.

Ormai dovrebbe tosto tornare dalla montagna, con questo tempo non credo si diverta molto.
 
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ghirghi
view post Posted on 18/9/2010, 22:05




Ben ritrovati, Ragazzi :D
Scusatemi per la lunga assenza, ma sono affetto da "montagnite" acuta e debbo approffittare delle mie ultime cartucce. :angry:
Sentivo che mi sarei perso un sacco di belle discussioni e ora faccio fatica ad aggiornarmi.

Della MAS 35 per la prima volta ne parlammo in questa stanza con la discussone "dilemma su una Steyr 1912" . Un'arma bellissima, ma in 7,65 lungo! Introvabile.

In seguito ne parlammo ancora, anche con Lancieri Novara 5, che, ricordo, postò pure delle belle fotografie.
Oltre alla mia, in Provincia di Savona, ricordo soltanto una seconda MAS 35, ed era in dotazione a "KID" (Enrico De Vincenzi, l'autore di molti libri sul partigianato savonese).
Ne ha riferito in uno dei suoi libri, ma non ricordo quale.

Del MAS 38, invece nebbia fitta. L'unico riferimento che abbiamo è la famosa lettera di quel comandante che richiedeva un caricatore campione per poterne costruire un'altro. Se necessitava di un campione significa che almeno due armi dovevano pur essere presenti.
Personalmente non ne ho mai visto uno, solo fotografie.

 
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16 replies since 10/9/2010, 18:18   992 views
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