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| Milano, insieme a Torino, era la città industriale più importante d'Italia e quindi era del tutto logico che rientrasse nella lista degli obiettivi strategici del Bomber Command inglese. I bombardamenti più pesanti avvennero nell'agosto del 1943: nella sola notte tra il 12 e il 13 agosto la RAF sganciò su Milano quasi 2000 tonnellate di bombe facendo largo uso anche di spezzoni incendiari. Le missioni di bombardamento sull'Italia del nord presentavano notevoli difficoltà per gli equipaggi della RAF: si trattava infatti di partire dalle basi in Inghilterra, attraversare in volo i cieli della Germania o i territori occupati della Francia affrontando le difese aeree e contraeree tedesche, sorvolare le Alpi (cosa estremamente rischiosa in condizioni di maltempo e con gli aerei sovraccarichi di bombe e carburante) e quindi fare il percorso inverso lungo la rotta di rientro, il tutto volando di notte e senza alcuna scorta dei caccia. Nell'estate del 1943 però il Bomber Command decise che valeva ormai la pena di correre tali rischi approfittando della situazione precaria del regime di Mussolini: un'efficace campagna di bombardamento sulle città del nord Italia avrebbe dato una spinta ulteriore alla caduta del fascismo e spezzato definitivamente la volontà degli italiani di proseguire la guerra. Gli obiettivi prioritari delle incursioni aeree su Milano erano naturalmente i grandi impianti industriali, specialmente nei quartieri a nord e ad est della città, ma la RAF non mancò di colpire deliberatamente le zone centrali della città: gravissimi furono i danni riportati da alcuni insigni monumenti come ad esempio la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, il Cenacolo Vinciano, il teatro alla Scala, la galleria Vittorio Emanuele solo per citarne alcuni, ma i bombardamenti colpirono indiscriminatamente praticamente tutti le aree cittadine compresi i quartieri più popolari in zona semi-centrale e periferica.
Mia nonna mi raccontava sempre che proprio in quei giorni, durante un'incursione aerea, la villetta nella quale abitava con tutta la famiglia in zona viale Marche - viale Brianza venne colpita da uno spezzone incendiario: l'ordigno sfondò la copertura del tetto, attraversò l'intero edificio piano per piano e terminò la sua caduta nella sabbionaia in cantina: si trattò di un vero e proprio colpo di fortuna, perchè la sabbia estinse l'innesco dell'ordigno e l'abitazione venne salvata dall'incendio. La paura di quella notte convinse in ogmi modo tutta la famiglia a sfollare a Concorezzo, in Brianza, seguendo l'esempio di moltissimi milanesi che, nel corso di quelle drammatiche giornate, decisero di lasciare la città rifugiandosi in campagna presso amici o parenti.
Per quanto riguarda i resti degli edifici sottoposti a bombardamento, concordo con l'intervento di Lavaapochi. Quand'ero bambino, negli anni '70, le ferite della guerra erano ancora ben visibili in tutta Milano. Mi ricordo i resti delle case sventrate in piazza Fontana, in via Molino delle Armi e in zona parco delle Basiliche, in zona Farini-Porta Garibaldi, in zona Stazione Centrale, ma rammento benissimo una volta di avere accompagnato mia padre per una commissione in zona corso Sempione e di essere entrato in un cortile dove un grande edificio bombardato, di cui erano rimasti in piedi i soli muri perimetrali, si elevava ancora in tutto il suo aspetto spettrale. Negli ultimi dieci anni Milano ha subito un processo di restyling architettonico e urbanistico selvaggio, di conseguenza anche gli ultimissimi resti delle testimonianze dei bombardamenti del tempo di guerra sono spariti sotto le gru e i ponteggi per fare posto a nuove costruzioni.
RIP-STOP
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