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| Credo che le posizioni fin qui espresse siano abbastanza chiare.
Male ha fatto la televisione nazionale a non citare i reparti italiani che su quel fronte combatterono contro gli Alleati: sarebbe stata una notazione storica assolutamente doverosa visto il contributo di sangue versato da quegli stessi reparti nel corso dello svolgimento della battaglia che si svolse intorno alla testa di ponte di Anzio-Nettuno. Ovviamente è molto difficile stabilire se questa "dimenticanza" sia dovuta ad una scelta intenzionale o solo a superficialità nell'esposizione dei fatti. Non ho visto il servizio e quindi non ho elementi in mano per confutare l'una o l'altra ipotesi.
Ghirghi è uno dei pochi, pochissimi amici e forumisti di Miles che possano vantare una esperienza diretta di quei giorni e di quei tempi: una esperienza di parte, ovviamente, ma a che mio parere nulla toglie al valore prezioso, preziosissimo, della sua diretta testimonianza. Perchè quando parliamo di uomini in guerra non dobbiamo mai dimenticare le circostanze sempre e comunque eccezionali nelle quali quegli uomini devono, in guerra, fare le proprie scelte. Scelte eccezionali in tempi eccezionali, dove si decide per la vita e la morte, la propria e quella di altri uomini. Allora, a mio parere, assume grande importanza l'insieme dei valori per i quali si fanno quelle scelte: intendo valori umani, valori veri e condivisi, quali la giustizia, la libertà, la democrazia, la solidarietà, l'autodeterminazione delle genti e dei popoli. Vorrei dire: valori eccezionali per tempi eccezionali. Ed è veramente difficile, in guerra, fare questo tipo di scelte, anzi, a volte è assolutamente impossibile. Non penso, alla luce di tutto ciò, che un giovane a 20 anni scelga consapevolmente e in piena coscienza si combattere dalla parte sbagliata certo della sconfitta: questo non è coraggio, questa è stupidità o incoscienza. Moltissimi giovani italiani combatterono dalla parte tedesca o fascista per le più svariati ragioni: perchè non avevano altra scelta, perchè fuggire o disertare equivaleva a finire davanti al plotone d'esecuzione, perchè vent'anni di regime li avevano ingannevolmente convinti della giustezza della propria causa, per un mal riposto sentimento di onore e di fiducia nei confronti dell'alleato tedesco, o semplicemente per riempire la pancia o la gavetta. Altri, invece, si diedero alla macchia: e fu la scelta senz'altro più difficile, e più pericolosa, perchè tutti coloro che scelsero questa via sapevano che non avrebbero avuto quartiere, nè pietà, nè misericordia da parte del nemico: e che la lotta sarebbe stata lunga, e cruenta, ed odiosa, come solo può essere la lotta di fratelli contro altri fratelli. Lo fecero, forse non tutti, questo bisogna ammetterlo, per quell'insieme di fini e di valori eccezionali di cui ho parlato poc'anzi. Noi siamo gli eredi di quei ragazzi: non gli eredi dei marò della Barbarigo, non gli eredi dei parà della Nembo, non gli eredi degli artiglieri della flak. Che essi si siano battuti con determinazione e coraggio è cosa che può essere valutata solo alla luce delle virtù e delle capacità militari. Che i morti, tutti i morti, meritino pietà è cosa che compete alla sensibilità umana di cui tutti noi dovremmo essere per primi artefici e testimoni. Ma per quanto sia odioso e pretestuoso compiere qualsiasi distinzione manicheistica tra il bene e il male, ognuno valuti in piena serenità e coscienza quale fu il valore del loro operato e del loro sacrificio. Noi, venuti dopo di loro, possiamo farlo proprio perchè non coinvolti direttamente nei fatti. Noi, venuti dopo di loro, possiamo farlo alla luce della Storia. Spesso tale luce non è limpida come vorremmo: ma è l'unica luce che abbiamo.
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