| "Il passato è morto",diceva il grande critico d'arte Federico Zeri,e non si può ricostruirlo alla perfezione,perchè ci sono dettagli che ci sfuggono,particolari estetici ormai lontani dal nostro gusto e che,anche incosciamente,tendiamo a rettificare,modificare. Detto questo secondo me su "Il Gattopardo" c'è molta leggenda. Si è raccontato che i cassetti dei comò del Principe di Salina fossero pieni di camicie e biancheria ottocentesca perfettamente ricostruita,e destinata a non essere inquadrata,che era lì solo per creare l'atmosfera ("tu sai che c'è" avrebbe detto Visconti a Burt Lancaster),ma io,ad una mostra tenutasi alcuni anni fa, ho avuto modo di vedere da vicino (vicinissimo,considerando che praticamente non c'era sorveglianza) alcuni costumi de "Il Gattopardo",e il frac di Tancredi-Alain Delon,era "finto", ossia,aveva asole posticce,cravattino a fascia chiuso sul retro da bottoncini a pressione,ecc. Intendiamoci,era un lavoro che sullo schermo faceva la sua bella figura,ma che cozzava contro certi racconti sul perfezionismo Viscontiano (gli abiti dei protagonisti maschili fatti realizzare dall'antica sartoria Farè,fornitrice della corte Pontificia,su figurini originali,ecc). Circa le divise,sono più parenti delle uniformi da visita degli anni 30,o al massimo di quelle primo 900 che delle autentiche tenute del 1860-61. Dubito che in questo campo vi sia stata una ricerca approfondita o che abbiano ingaggiato un consulente esperto di queste cose. Tirelli avrà preso delle tavole del Cenni,e avrà schizzato qualche disegno,senza badare troppo al taglio dell'epoca.
Detto questo però,il nostro casco non è nemmeno lontanamente al livello di una ricostruzione cinematografica o televisiva (confrontate le divise dello sceneggiato TV "Adua",che mi pare reperibile su youtube). Siamo a livello di filodrammatica,o di una comparsa posizionata sullo sfondo di una scena.
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