SAN MARTINO 1859

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view post Posted on 31/8/2017, 12:20
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«Il 14 mattina, in compagnia di mio padre e del fratello Stefano, uscivo in carrozza da Porta Ticinese, eludendo la polizia che ci credeva diretti al paterno podere. Alla Barcella, oltre Abbiategrasso, un abile contrabbandiere ci attendeva: a lui ci affidò il nostro commosso genitore. Dopo mezz’ora di cammino assai cauto lungo i fossi e i filari d’alberi,per non essere avvistati dalle pattuglie austriache, già vigili e numerose, raggiungemmo la sponda del Ticino nel punto convenuto. Una barca da caccia ci attendeva al largo, si accostò al segnale fissato, e con gioia nostra ci depose dopo pochi minuti sulla terra piemontese.
(…)
Ma giunti a Vigevano, amici e parenti ci indussero ad arruolarci nei cavalleggeri che vi erano di stanza, e tanta era la fede nella guerra e nel suo buon esito, che si assunse ferma d’ordinanza per anni otto.
(…)
Il reggimento, cavalleggeri di Monferrato, nel quale mi ero arruolato fino dal 18 febbraio, trovavasi di guarnigione a Vigevano. Ero nel 1° squadrone.
(…)
22 giugno. Alle due ci viene l’ordine di imbrigliare e di montare a cavallo. Abbiamo il mantello indosso ancora fradicio; i cavalli stanchi perché non ancora dissellati dal giorno innanzi; alla partenza da Ponte San Marco. Giunge accanto a noi una compagnia di bersaglieri, e il tenente De Michelis ci fa sapere che con essa dobbiamo spingerci in ricognizione su Pozzolengo; il plotone sarà in avanguardia. Il tenente chiama in punta due cavalleggeri di buona volontà, che conoscevano già la strada. Si presentano l’appuntato Peyron, savoiardo, ed io. Ci mettiamo in marcia alle 3. (…) Si marcia adagio per dar tempo a noi di perlustrare i cascinali essendo ai primi albori. Erano circa le 4 quando all’altezza di Cascina Chiodino, in uno svolto, appaiono a noi due di punta, altrettanti usseri austriaci in mantello bianco. Dalle due parti si scaricano le armi che tenevamo alla mano, alla distanza di 100 metri circa. Nessun effetto tranne quello di avvisare il comandante dell’avanguardia. Poi, ignaro del dovere dei cavalieri di punta e spinto dal desiderio di misurarmi col nemico, prendo il galoppo, non seguito però dall’appuntato, che, dopo aver fatto un breve tratto, lentamente ripiega sul drappello di testa.
Ne venne che il tenente austriaco comandante dell’avanguardia di uno squadrone nemico, avendo raggiunto nel frattempo le proprie punte, mi venne incontro con buon nerbo di usseri, che mi avvolsero rapidamente, menando sciabolate da ogni parte, che a stento paravo, tagliandomi il kepy, la carabina, il mantello e procurandomi una ferita leggera alla mano destra. Fu allora che il sergente Marmont, pure savoiardo, trovandosi alla testa dell’avanguardia, venuto a conoscenza che il plotone si ritirava, per attirare gli usseri in un’imboscata tesa dai bersaglieri, pensò a me, e con molta generosità e maestria accorse in mio aiuto. Buon cavaliere e forte sciabolatore, si fece largo fra i nemici e m’invitò a seguirlo verso il plotone, che si raggiunse frammisti agli usseri, quando il crepitìo delle fucilate ci faceva avvisati che ci trovavamo fra i bersaglieri, appiattati dietro le siepi, e più sotto anche dietro le sbarre della ferrovia che avevano chiuse.
Le palle dei bersaglieri fecero cadere diversi cavalli e cavalieri, fra questi il primo tenente austriaco Toussaint de la Motte; gli illesi ripiegarono e raggiunsero lo squadrone; noi li inseguimmo per buon tratto facendo alcuni prigionieri e prendendo due cavalli scossi. Poi ci arrestammo, avvisati dagli abitanti, che sotto San Martino v’erano anche ulani e due cannoni.
(…)
Attraversati gli avamposti, allora tenuti dal 2° squadrone, giungiamo all’ingresso di Rivoltella, dove in un prato eravi il generale Mollard, comandante della divisione, a cavallo, (…) Informato dal capitano Brunetta dello scontro avuto, e del felice suo esito, fece chiamare avanti a sé il sergente Marmont e me, prese in mano le sciabole per vederne le tacche, vide la carabina a tracolla pure tagliata, e il kepy piegato da due fendenti benché cinto di ferro, e chiestomi della lieve ferita riportata alla mano, dopo averci domandato sorridendo se gli Austriaci picchiassero sodo (anche il sergente Marmont era senza kepy, toltogli di testa da una sciabolata) ci lasciò dicendoci: bravi, cercherò di ricompensarvi. (…)


L’autore di questo brano di Diario era il milanese conte Luigi Majnoni d’Intignano che per quel fatto d’armi si meritò le spalline di sottotenente mentre Marmont ebbe la medaglia d’argento al VM.

L’arma con la quale si difesero i due coraggiosi cavalieri era la SCIABOLA DA CAVALLERFIA LEGGERA MOD. 1834 E DA CARABINIERI REALI A CAVALLO. Eccone un esemplare:

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vista d'insieme…


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… e sguainata


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jpg


Due viste dell’elsa



Il fodero dell’arma in questione presenta già la modifica secondo le disposizioni del 1858 che prevedeva l’avvicinamento delle campanelle reggi sciabola, prima più distanziate.

Ecco l’episodio riprodotto in un celebre dipinto di Quinto Cenni conservato nel Museo della Battaglia di San Martino. Sulla sinistra sta arrivando di gran carriera il sergente Marmont a dargli man forte.

Maj.3


Maj.1


Il giovane Majnoni quando fu trasferito nelle Guide il 17.3.1860

Maj.4


E in età matura


MJ.2


volontari appena arruolati


La prossima volta, la conclusione.
 
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view post Posted on 31/8/2017, 22:01


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Molto interessante.

Non tenerci sulle spine... :o:

Giorgio
 
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view post Posted on 1/9/2017, 06:11
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Bello il tutto,grazie della condivisione :wub: :wub:
 
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view post Posted on 1/9/2017, 17:14
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Intanto do le misure della sciabola che ho dimenticato:

lunghezza totale con fodero, mm 1060;
lunghezza lama, mm 895;
larghezza al tallone, mm 32;
peso della sciabola, kg 1030;
peso con fodero, kg 2,600.

E poi una nota geografica. La Barcella, nominata dal volontario Majoni, è una cascina tuttora esistente nella valle del Ticino che fa parte del Comune di Robecco sul Naviglio a un chilometro circa da Magenta. La casa colonica in questione è ubicata a poche centinaia di metri dal fiume, allora confine di Stato, ma è grosso modo la stessa distanza che la separa dall’allora caserma austriaca ubicata nella Frazione di Casterno. Un grosso rischio per chi si accingesse a passare da quelle parti per farsi traghettare sulla sponda piemontese. Non pochi furono infatti chi non ce la fece a eludere la vigilanza austriaca e qualcuno finì al muro e altri in galera.

L’ufficiale austriaco attirato nell’agguato dei bersaglieri, il tenente Thoussaind de la Motte era figlio di famiglia francese fuggita in Austria durante la Rivoluzione Francese. Nel luogo ove fu ucciso, la madre fece erigere una Cappelletta, tuttora esistente, dove a ogni anniversario era solita venire in Italia e far celebrare una Messa in ricordo del figlio e anche quando lei non ci fu più si continuò ancora, e come si continua tutt’oggi nell’annuale ricorrenza..

Una ventina di anni fa, poco più poco meno, ci fu chi pensò di dare un’occhiata alla vetusta sepoltura e riesumare le spoglie dell’allora nemico e con grande sorpresa si trovò davanti a tre scheletri diversi. Oltre a quello dell’ufficiale c’erano, come si seppe poi, anche quello del suo attendente e del fedele suo cane sicuramente periti in quello scontro e che qualcuno all’epoca non volle separare.

Io non so se la sciabola qui presentata fosse stata presente su quel campo di battaglia, ma visto che in questo racconto si parla di cavalleria e bersaglieri, ecco due reperti, ritrovati parecchi anni dopo, che sicuramente quel campo di battaglia lo videro.

fregi.1fregi.2

placca da cavalleria e fregio da bersagliere. Chissà se il figlio di Lamarmora ebbe modo di raccontarla!



Grazie per l'attenzione.
Giusepin
 
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view post Posted on 1/9/2017, 22:21


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se non sbaglio é proprio vedendo i caduti di questa battaglia che Henri Dunant fondò la croce rossa
 
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view post Posted on 2/9/2017, 07:23
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Sì, graz., è così.
 
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view post Posted on 2/9/2017, 07:52


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Stupendi reperti.

Si respira aria di casa, o meglio di vicinato ;) , in questo tuo interessante resoconto storico.

La tradizione della Cappelletta è particolare per come sia stata tramandata in quel luogo.

Giorgio
 
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view post Posted on 2/9/2017, 15:06
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Grazie Giorgio.

graz. Rettifico, più che San Martino il Dunant si riferì nel suo libro, che mi par di ricordare si intitolasse Ricordi di Solferino, ciò che vide, appunto, a Solferino.
La CRI sarà realtà più di 40anni dopo anche se l'idea e le basi sortirono da ciò che lo svizzero vide su quel campo di battaglia.
 
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view post Posted on 2/9/2017, 16:08
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Anche questa non e' nella stanza giusta ma nella cavalleria piemontese era in dotazione.... ed anche nell''artiglieria. Pistola mod 1833/44 (scusate ma non ho resistito)
 
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view post Posted on 2/9/2017, 17:35
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... da truppa, perché gli ufficiali ne avevano una particolare ...
 
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view post Posted on 2/9/2017, 19:17
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Eccola ;Pistola da ufficiale di cavalleria mod 1848 foto presa da una venduta dalla casa d'aste Von Morenberg
 
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view post Posted on 4/9/2017, 08:43


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Le mie competenze in materia non mi permettono di apprezzare al meglio la sciabola,ma il resoconto lo trovo molto interessante!
Chi veniva sorpreso a entrare di nascosto in territorio piemontese era considerato un traditore?
 
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view post Posted on 4/9/2017, 12:41


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Grazie della precisazione. Graz.
 
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view post Posted on 9/9/2017, 17:27
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Amici Utenti del Forum, il mio amico Giusepin ( ora Cleombroto ) mi ha informato che per l'ennesima volta, senza nessun motivo apparente, si trova escluso dal forum, in attesa di chiarimenti da parte degli amministratori, che sollecito caldamente, è impossibilitato a rispondere alle varie discussioni da lui attivate. Si scusa e tutti speriamo che la momentanea esclusione si risolva al più presto. Grazie dell'attenzione.
 
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view post Posted on 13/9/2017, 09:23
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Eccomi di nuovo.

sciatore91. I Piemontesi, sapendo che una moltitudine di volontari voleva partecipare a ogni costo alla guerra ormai nell'aria, chiudevano non un occhio, ma due e li facevano entrare nello Stato senza troppo chieder loro.

Gli Austriaci invece non volevano permettere una tale migrazione e facevano di tutto per sorvegliare i loro confini con il fine di impedire questo espatrio di giovani che un domani si sarebbero trovati di fronte e doverli combattere.
 
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