La Campagna garibaldina del 1860 bisogna dividerla almeno in due periodi: quella che passò alla storia come «La Spedizione dei Mille» e il suo proseguimento come «Esercito Meridionale».
I Volontari che salpano da Quarto la mattina del 6 maggio hanno a disposizione un armamento composto da vecchi fucili trasformati a capsula dalla pietra focaia, scarto dell’esercito Piemontese che di solito scartava ben poco, e in numero tale da non bastare per tutti trattandosi di 1.019 fucili inglesi a canna liscia (del modello «India Pattern musket», meglio noti come Brown Bess, che erano, appunto, del modello smesso dall’esercito inglese in India, forniti al Governo Sardo nel 1815, trasformati poi a capsula dalla pietra focaia), senza munizioni tanto che Garibaldi dovette fermarsi a Talamone per provvedervi.
Le palle che però trovarono e quelle che dovettero fondersi durante la traversata erano di calibro «piemontese», cioè di mm 16,6 che con più giri di carta andavano bene per i fucili d'ordinanza di mm 17,5 contro i mm 19,3 dei fucili inglesi. Un "vento" enorme che non poteva che dare risultati pessimi in fatto di tiro. Questo particolare sarà ricordato da alcuni volontari nelle loro Memorie, come per esempio il bergamasco Sylva:
«… Le munizioni erano a palla sferica di calibro minore di quello de la canna e quindi, per impedire che capovolgendo l’arma carica, la palla ne scivolasse fuori, bisognava raccomandarsi a l’abbondanza de lo stoppaccio. [...] noi ridiamo de la miseria morale dei Cavour e compagnia bella, i quali ci sequestrarono le carabine Enfield, per gabellarci queste specie di pesanti scope».
E se a ciò aggiungiamo anche lo stato pietoso in cui versavano dove la ruggine la faceva da padrone, beh non si può se non ammirare questi coraggiosi armati soprattutto della loro incoscienza e coraggio.
Solo i Carabinieri Genovesi
«vestiti come tutta la spedizione dei loro panni alla paesana» partono con le loro amate e collaudate carabine svizzere con le quali da anni si esercitavano al tiro in vista proprio delle future Campagne risorgimentali. Non tutte però erano del modello Federale 1851, alcune erano delle Cantonali, sempre comunque rigate e precise.
Il loro abbigliamento era dunque quello di tutti i giorni come viene ben evidenziato in questo quadro conservato nell’Istituto Mazziniano – Museo del Risorgimento di Genova.
L'alba del 6 maggio e il particolare che mostra due Carabinieri Genovesi armati di carabine svizzere.
Le camicie rosse si videro solo a Talamone ma in numero insufficiente essendo solo 280, che crearono qualche tafferuglio.
Solo il 17 giugno arrivarono i primi aiuti con la «Spedizione Medici» che sbarca con circa 3.500 uomini, 8.848 fucili di riserva (3.429 erano Enfield inglesi, di cui 1.428 donati dal Municipio di Firenze e definiti «carabine» perché a canna rigata; 4.850 francesi M° 1822; 200 belgi e 369 di varia provenienza) e 8 obici da montagna. Arriveranno anche revolver e carabine-revolver di Colt e poi anche i fucili Prussiani a canna liscia. I fucili Prussiani così come gli Enfield erano punzonati sulla culatta: « FONDO GARIBALDI N°».
Possiamo quindi supporre che i vari «bersaglieri» fossero stati armati con fucili rigati, ma di quale modello è difficile a sapersi.
Non va dimenticato che anche un reparto borbonico era armato di carabine svizzere come ci dice questa testimonianza e la foto che segue:
« Il 13° Battaglione Cacciatori, composto di mercenari svizzeri, ebbe in dotazione una carabina modello Federale Svizzero 1851, a percussione, con canna rigata a sei righe (sic), calibro mm. 10,5»
e tutta la fanteria e i Battaglioni Cacciatori erano equipaggiati con armi rigate.
A te le conclusioni.