| È vero, uno degli oggetti più semplici e umili che ci possano essere… ma non essere infelice per il target. Ogni volta che ne analizzo o le considero, penso a queste parole di Guareschi:
“ Nemico acerrimo del militarismo, queste piccole stelle io me le sento avvitate alla carne, e perderle sarebbe come dover rinunciare a un po’ di me stesso. L’Italia, la bella donna che si assideva maestosa nel fregio dei diplomi di benemerenza e delle pergamene, impugnasse essa il martello o la spada, o facesse mostra di ingranaggi o di stemmi, aveva sempre una stella che le brillava sopra la corona turrita, o sulla fronte nuda, se la sua posizione di proletaria le consigliava di andare senza cappello. Odiatore di stelle, l’inventore d’un nuovo ordine cancellò quella stella che definì “stupido stellone”, e l’Italia, senza stella, non fu più la mia Italia. Ora ha tolto la stella anche ai soldati italiani, e per questo io non li sento più fratelli, ma stranieri e nemici.
Le stellette che noi portiamo…
Vittime della guerra, l’orrendo male che l’umanità si sforza di rendere inguaribile e inevitabile, uomini italiani insanguinarono tutto questo secolo. E quando un soldato italiano muore, il suo corpo rimane aggrappato alla terra, ma le stelle della sua giubba si staccano e salgono in cielo ad aumentare di due piccole gemme il firmamento. Per questo, forse, il nostro cielo è il più stellato del mondo.
“Le stellette che noi portiamo” non rappresentano soltanto “la disciplina di noi soldà”, ma rappresentano le sofferenze e i dolori miei, di mio padre, dei miei figli e dei miei fratelli.
Per questo le amo come parte di me stesso, e con esse voglio ritornare alla mia terra e al mio cielo.”
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