Posts written by CulturalHeritage

view post Posted: 13/5/2023, 23:41 Martello con fascio littorio - VARIE DA IDENTIFICARE
Dopo ulteriori verifiche, mi sento di confermare l'ipotesi di kanister. La presenza di un "attacco" per l'asta nel marchio rimanda ad un'alabarda. Ma allora - e questa è una curiosità - a parte il modo in cui sono inastate, cosa distingue un'alabarda (che è inserita in cima) da una scure/ascia/appia littoria? Le forme sono identiche.
view post Posted: 13/5/2023, 22:47 Martello con fascio littorio - VARIE DA IDENTIFICARE
CITAZIONE (kanister @ 13/5/2023, 23:17) 
Dove vedi il fascio? a me sembra un'alabarda, come compare nei gonfaloni di molti comuni, Trieste il primo che m viene in mente.

Ho fatto una rapida verifica su alabarda e gonfaloni e i dubbi rimangono...è vero, non è presente il fascio ma la foggia della scure rimanderebbe al periodo. Impressionante comunque la coincidenza con i fasci del primo periodo.
crv

Anche se probabilmente non c'entra nulla, curioso anche il "martello" di Boccasile, ovviamente indicativo solo del tipo di attrezzi in uso in quegli anni.

Gino-Boccasile-09

Edited by CulturalHeritage - 14/5/2023, 00:08
view post Posted: 13/5/2023, 21:56 Martello con fascio littorio - VARIE DA IDENTIFICARE
Salve, vorrei proporre per l'identificazione un pezzo non consueto. Si tratta di un martello con impresso un fascio littorio che per simbologia rimanda ai primissimi anni dei fasci di combattimento o del pnf. L'attrezzo per tipologia è compatibile con quelli prodotti negli anni venti ma essendo abbastanza strano volevo chiedere le vostre opinioni in merito. Secondo voi è materiale di produzione privata e, in generale, che storia potrebbe avere? Grazie e saluti.

Whats-App-Image-2023-05-13-at-21-34-11
Whats-App-Image-2023-05-13-at-21-34-19
view post Posted: 19/5/2020, 19:16 Avanguardisti ONB e FGC oppure Avanguardisti GIL e Giovani fascisti? - Uniformi e Copricapi 1933 - 1946
CITAZIONE (carpu @ 19/5/2020, 19:09) 
Quelli con il cappello alpino dovrebbero essere Avanguardisti; hanno anche la tipica giubba.
Da quel che so io questa configurazione rimase almeno fino al 1938,se non 39.

Continuarono ad usare la divisa ONB con insegne GIL?


CITAZIONE (carpu @ 19/5/2020, 19:09) 
Dovrei consultare qualche testo.

Mi piacerebbe sviluppare la questione se puoi aiutarmi ad approfondire.
view post Posted: 28/4/2020, 15:43 Avanguardisti ONB e FGC oppure Avanguardisti GIL e Giovani fascisti? - Uniformi e Copricapi 1933 - 1946
Salve, sottopongo agli amici del forum un frammento tratto da una foto di piccolissime dimensioni ma che ritengo, con il vostro aiuto, di poter datare con precisione.
Veniamo agli elementi certi per la datazione. Sullo sfondo si intravedono due striscioni che fortunatamente sono riuscito a leggere. A sinistra "Viva il RE IMPERATORE", a destra "Viva il Fondatore dell'Impero". Abbiamo quindi un termine iniziale a quo che è il 1936, anno di conquista dell'Etiopia, oppure il 1937 come ci dicono altri indizi. Qui viene il bello, gli avanguardisti mostrano un cappello all'alpina, il quale dovrebbe essere stato usato fintanto che è esistita l'ONB, o meglio fino al 1938 anche se l'ONB cessa nel 1937 (come ho letto qui http://spazioinwind.libero.it/littorio/org/copriorgonb-i.htm ) mentre poi successivamente venne adoperato il fez (vedi qui http://spazioinwind.libero.it/littorio/org/avagil-i.htm ). Ma a questo punto faccio una domanda.
E' effettivamente corretto dire che nel 1938 fosse ancora in uso il cappello all'alpina ONB dato che alla fine del 1937 era già stata istituita la GIL?


In definitiva siamo di fronte a ONB e FGC, quindi fino al 1937....oppure siamo già in periodo GIL, quindi 1938?

Un saluto e grazie.

P.s. l'assenza di ghette degli avanguardisti può essere un indizio?


Cattura

altro particolare della foto dove si intravede la parte restante dell'organizzazione giovanile fascista presente nello scatto, evidentemente schierata al completo per l'occasione.
Cattura2

Edited by CulturalHeritage - 18/5/2020, 19:43
view post Posted: 28/8/2019, 15:52 Lavoratori in divisa da fatica coloniale - Uniformi, Copricapi, Equipaggiamenti
CITAZIONE (militaria lupo @ 28/8/2019, 15:13) 
Appena mi è possibile vi posto le foto di un libretto personale di un lavoratore in AOI e le sue foto :)

Vi è anche scritto tutto l'equipaggiamento avuto in dotazione

Bene, anzi benissimo.
view post Posted: 9/6/2019, 15:52 Autogruppo Galla e Sidamo - Foto, Documenti, Personaggi
Ringrazio guidopiano per le indicazioni fornitemi. thumbup1
view post Posted: 8/6/2019, 18:35 Autogruppo Galla e Sidamo - Foto, Documenti, Personaggi
CITAZIONE (guidopiano @ 5/3/2009, 11:37) 
Ho chiesto all'Ufficio Storico dell'Esercito notizie sull'autogruppo Galla e Sidamo - 2a compagnia autieri - fucilieri, dove era inquadrato mio padre, dopo essere stato richiamato alle armi nel 1940. Ho ricevuto questo fascicoletto di otto pagine di cui posto la prima pagina.

relazionemaggcarmagnolaz


Salve, riprendo questa vecchia discussione nella speranza di ottenere indicazioni bibliografiche o archivistiche sull'opuscoletto citato da guidopiano. Dopo lunghe ricerche sono riuscito a reperire il volume del Gen. Pietro Gazzera "Guerra senza speranza. Galla e Sidama 1940-1941", alla ricerca di notizie sul 6° autoreparto dell'Autogruppo Galsida ma credo che la medesima debba partire più a monte, dall'Autogruppo di appartenenza, appunto. Mi rivolgo dunque ai partecipanti alla discussione per chiedere informazioni sui riferimenti citati nel post di cui sopra. Porgo i saluti.

P.s. qualsiasi ulteriore informazione sull'esistenza di fonti relative al tema ricercato sarebbe molto gradita.

Edited by CulturalHeritage - 10/6/2019, 07:14
view post Posted: 28/6/2018, 17:47 Lavoratori in divisa da fatica coloniale - Uniformi, Copricapi, Equipaggiamenti
CITAZIONE (Ghebret_ @ 28/6/2018, 17:38) 
Qualcosa ho trovato. Ma mi fermo, è una ricerca che meriterebbe ben altro tempo rispetto a quello che posso dedicarvi.
Ci sono qui alcuni riscontri ai documenti e ai FM visti finora, ma la questione in effetti è piuttosto complessa. E siamo solo al giugno 1936...

:o: Che documenti! Grazie. Bisognerebbe curare una pubblicazione sul tema che, oltre ad essere inedita, non sarebbe certamente di nicchia riguardando un gran numero di coloro coinvolti nell'avventura africana tra il 1935 e il 1940.
view post Posted: 28/6/2018, 16:26 Lavoratori in divisa da fatica coloniale - Uniformi, Copricapi, Equipaggiamenti
Non so se conoscete già la storia di Vincenzo Rabito, un signore siciliano cl.1899, che intorno agli anni ’70 si chiude in una stanza e scrive le sue memorie come può e come sa fare. Anni dopo le sue carte saranno raccolte e pubblicate postume sotto il titolo di "Terra Matta". La sua vita attraversa tutti i principali eventi del XX secolo e, se avrete la pazienza di leggere, potrete cogliere alcune sfumature della questione dibattuta nel thread. Ho selezionato la parte di racconto relativo alla sua esperienza in Africa, ed ho espunto ciò che non era strettamente necessario, anche perchè si tratta di un flusso ininterrotto di considerazioni per lo più in un italiano assai stentato, ma verace e, secondo me, efficace. Insomma è una testimonianza che completa il nostro quadro e qualcosa aggiunge.
La vicenda prende avvio dal momento in cui Rabito, chiesta inutilmente una raccomandazione per trovare lavoro in Italia, si rivolge nuovamente ad un tale Cavalier Isola e poi ad un commendatore per essere inviato in Africa. Il racconto prosegue dopo ogni nota numerata.

Camicia nera

Ma il cavaliere Isola si aveva informato come avevino stato li fatte e mi ha detto: - Caro Rabito, ora l'Italia prente l'Impero, e tutte l'italiane avoglia di lavorare E io, tra di me, diceva: «Cosı̀ solo mi ne posso antare di questa maledetta terra...» Perché tutte li ciornale portavino che chi voleva partire volentario, parteva camicia nera. Ma io penzava che soldato nella querra del 15, 18 ni aveva fatto 5 anne e, se parteva, non doveva partire per fare il soldato, che moglie e figlie non ni aveva, perché c'erino tante asegne, e quente solo a quelle sposati conveneva. Io, se faceva domanda, la faceva solo per antare allavorare. Perché di camicia nera si quadagnavino lire 5 al ciorno, mentre per lavorare si ne quadagnavino 40. Io penzava che aveva 35 anne e non aveva neanche un soldo messo da parte, penzava che aveva 4 anne che era a Recalbuto che lavorava nella linia e non aveva fatto un cazzo, e quinte penzava che la bellissema vita di ciovenotto sta per fenirese e non aveva concluso niente, e aspetava questa partenza per potereme salvare o pure potere farla fenire ancora più peggio della vita che io aveva passato. Così, una mattina, vado in piazza per entrare al comando del fascio, quanto vedo che entra a quello comando quello commendatore bastardo di Castrenze Nascarossa di Chiaramonte. Io sapeva che era una spia del grante Conziglio del nostro amatissimo Doce. E cosı̀, io sapeva che se ci domantava un favore lo faceva lo stesso, e anzi miglio del cavaliere Isola, perché Mussoline era attorniato di tutte queste mascanzona. E cosı̀, mi ce sono presentato, e mi ha detto: - O Vincenzo, chi ti ce porta qui? - E io ci ho detto che lavoro in questa linia, ma ora si sta fenento questo lavoro -.Cosı̀, mi ha detto: - Che haie bisogno cosa, Vincenzo? Sono a tua completa disposezione. Tutte la cente mi quardavino che io aveva compedenza con questo crante personaggio e si merevigliavino tanto. Cosı̀, ci ho detto: - Commentatore, io volesse antare all'Africa come lavoratore, che qui ave 4 anne che lavoro e sono sempre senza solde -. E luie mi ha detto: - Ora, caro Vincenzo, ti ne viene comme in machena, che ti porto a Enna e ti faccio partire fra 4, 5 ciorne. Cosı̀, subito subito, antammo a Enna, mi ha fatto parlare con quello che ci aveva queste desposezione che faceva partere per l'Africa. - E così, ti assecure che parte. Io certo lo sapeva che questo era importante con il fascismo, ma non sapeva che macare il profetto si ha messo sol'atente di fronte a questo Castrenze Nascarossa. Cosı̀, mi ha portato in questo officio, mi ha fatto mettere 2 o 3 che forino firme, e mi ha portato alla stessa sera a Recalbuto. Ci abiammo salutato, con questo crante mulo: lui partio per Catania e io mi ne sono antato a cercare al mio fratello Paolo a portarece questa bella sopresa, che io mi aveva fatto racomantare di questo Nascarossa per fareme partire per l'Africa. Io, alla matina, quanto antava allavoro, tutte avemmo lo bommolillo {15} {15} bommolillo: borraccia, con l'acqua, ognuno di noie. Recordo che faceva cardo, tutte si n'antavino sotta li albere, tutte mitevino l'acqua al fresco, ma io niente, per allenareme. E io, Vincenzo Rabito, cominciava a fare sacrifizie, perché da uno momente e l'altro mi veneva la chiamata per antare all'Africa allavorare e fare solde. E tutte si metevino il capello per non zi abruciare la testa e Vincenzo Rabito niente, e camminava scucuzone {16} {16} scucuzone: con la testa scoperta. sempre, per allenarese per quanto lavorava all'Africa. E in 8 ciorne davero ho partito, che lasciaie a mio fratello piancento. Cosı̀, revaie a Enna, come per partire per lavoratore, e invece c'era un battaglione di camice nere che dovevino partere per l'Africa, tutte volentarie. E io, come mi ho inteso chiamare: - La camicia nera Rabito Vincenzo, qui ene il tuo zaino, il tuo fucile, - mi ha parso che mi avessero dato una pugnalata nella schiena. Io non potte parlare, perché mi avevino fatto mettere 3 firme con li mieie propia mane. Cosı̀, in quello momento, se io avesse visto a quello mulo di Castrenze, ci avesse sputato in facia, magare davante al prefetto, perché io aveva magare il testimone che io aveva fatto la domanta per lavorare. Poi che era tempo di dettatura e doveva obidire e combattere, e poi che tutte li comantante ci facevino coraggio che ci dicevino: «Per ora partiemmo, e poi quanto siammo in Abissinia ci gongedammo», cosı̀, io, per forza, mi dovette fare convinto, perché altremente veneva denonziato come ante fascista. Aveva tanta rabia che mi sono muzicato le mane che erino li mano che ci avevino messo la firma, e quinte mi aveva pognalato con li mieie mane. Cosı̀, mi hanno destenato a uno battaglione che il comantante era un maggiore di Palermo. Che questo maggiore, quanto l'abiammo visto per la prima volta con quella lonca barba e quelle occgie crante, per me mi apparso non uno maggiore padre di famiglia, ma per conto mio mi apparso uno dei più potente brecante della delenquenza della nostra delequente Sicilia. E queste battaglione è che erimo scerte, e dovemmo antare a conquistare Adissa Bebba. E provesoriamente dovemmo antare a raggioncere Palermo. Cosı̀, ci hanno portato alla stanzione di Enna con una bellissima manefestazione e con una crante folla di acompagnamento di tutte li cagliadette di tutte le ciovine fasciste maschile e fiminile di tutta la provincia, e tutte li auturetà della provincia, e tutte li professore e maistre; poi ci ha venuto il profetto e la moglie, il costure e la moglie del custure. Cosı̀, d'ognuno ci hanno fatto il suo dono. Tutte ci hanno recalato pachette di dolce, pachette di sicarette, borse di polizia, magare solde ci hanno recalato, e magare, per farene partire allecre, ci hanno baciato, tutte quelle ragazze, per l'amore di Patria. E cosı̀, in ciornata fuommo a Palermo, che a Palermo trovammo la stanzione piena di bantiere e cagliadette di tante paese, che spetavino cammice nere di tutte i paese della Sicilia. Io era remasto molto contento di questa bellissema manefestazione, perché in vita mia tante recale non li aveva visto maie, neanche quanto avemmo venciuto la querra del 1915, che avemmo destrotto li 2 crante impere del monto, Austria e Cermania, che ci hanno tratato, alla fine, peccio dai pricioniere austriece. Mentre oggi li tempe sono campiate: era una propaganta troppo patriottica che, di dove si passava e pasava, ci batevino li mane. Quinte, noi camice nere partente avemmo tante prevaleggie:camminammo fascisticamente con un bellissemo pugnale, con una bellisema tenuta coliniale, il casco con un paio di uchiale, che erimo per quattro volte d'atoritate della polezia. Annoie non ci deceva nessuno niente, faciammo bordello per tutte li parte: nei cine, nei tiatre, nei casine, e per tutte li parte avemmo fatto raggione, perché dovemmo antare all'Africa a combatere e prentere la capitale abesinia, e perché erimo e faciammo parte della devesione Starace, che, questa divesione, ci facevino capire che era la più valorosa devesione di tutta la Milizia di sicurezza nazionale del nostro amatissemo Mussolino. Poi che erimo armate come tempo delli Ardite della prima querra, quaie che ci diceva cosa! Noi, magare che erimo dalla parte del torto, con quella devisa, sempre avemmo raggione; avemmo il pognale e la pistola. [...] Poi, tutto il battaglione ci hanno messo sopra a una nave e lasciammo Palermo, e il battaglione partio per
Napole. Come revammo anNapole, ci hanno fatto più festa ancora della Sicilia. C'era un altro battaglione napoletano che doveva venire pure all'Africa orientale. Cosı̀, ci hanno destribuito un altro tessereno, che c'era scritto: «devisione Starace». E questo tesserino era lo stesso come quello che ci hanno dato a Palermo: cinema franche, teatre franche e l'autobosse e tirampe tutte franche, e potemmo viaggiare senza solde, e magare che prentemmo il tranfe potemmo antare per 15 e 20 chilomitre di lontananza senza pagare. [...] Così, la nave partio. Io sempre mi la faceva sopra coperta per quardare il mare: e come revammo alla derezione di Trapone e io quardava, e come revammo nella derezione di Cela io vedeva magare li montagne di Chiaramonte, che c'era la visabilità di 50, 70 chilomitre, e diceva: «Addio Chiaramonte, chi lo sa se ci vediammo». Perché la querra io l'aveva fatto e nella querra ci sarà il 60 per cento di potere retornare. Cosı̀, sempre in giornata, ho visto Siraqusa, e poi non si ha veduto niente terra più, tutto acqua. Ma, quanto passavino 4 ciorne, li marenaie dicevino che dovemmo arrevare al Porto Saite {19}{19} Porto Said, ma chi diceva 8 ciorne, chi diceva 7 ciorne, per arrivare al canale di Suvezzo {20}{20} Canale di Suez. Ma io non so, tutte non sapemmo che fommo tradite, perché a la nave ci hanno fatto campiare rotta, e invece di antare all'Africa orientale, ci hanno portato nel porto di Tobruch, che non aveva niente che fare con l'Abissinia. Cosı̀, tante sperte, che ci avevino stato a Tobruche, dicevino: «Che bella cosa che ci hanno fatto, che tradimento che ci hanno fatto, che avemmo fatto la domanta per l'Africa orientale, e inveci ci hanno portato nella più abruciata terra che aveva l'Italia...» Perché era uno miserabile deserto. Poi, piano piano, ha salito il comantante della devesione Cirene - che noie più non facemmo parte alla devesione Starace, ma faciammo parte alla devesione Cerene - e ci ha detto: - Camicenere! Vialtre, perché siete partite dall'Italia, certo che siete
partite per defentere la Padria! E la Padria si defente ovunque il soldato si trova! Quinte, il Duce ci ha voluto qui e dovemmo obidire di stare qui! E tutte cridammo: - Siate desoneste, che ci avete portato qui! - Magare che diciammo «desoneste» non ci decevino niente, perché li superiore lo sapevino che avemmo raggione. Cosı̀, tutte abiammo fatto la volentà di Dio, e io, da parte mia, ho detto: «Ormaie fui condannato innucente e devo bestimiare sempre». Cosı̀, c'erino pronte 50 camie, e ci hanno carrecato e ci hanno portato 50 chilomitre lontano di Tobruche, nel deserto marmarico. Tobruche era pieno di soldate di tutte li corpa, si vedeva che c'era uno prencipio di una querra. Ma che ni poteva capire ?{21}{21} la Gran Bretagna aveva inviato nel Mediterraneo la sua Home Fleet, minacciando direttamente il territorio italiano della Libia. Mussolini aveva cosı̀ dovuto rinforzarne la difesa. Cosı̀, nel deserto marmareco c'era uno campo di aviazione, tutte li terre erino sabia, tutte stavino male chi è che antava lı̀, ma pacienza. Ci hanno fatto fare li tente, l'acqua ci la portavono con li botte. C'era, nell'acqua, uno pechetto armato di 10 milite, e poi c'era l'olario quanto si doveva destribuire l'acqua, che ci ne tocava 4 litra al ciorno per lavare e per bire, e quello era tutto il bene che noie avemmo. Poi, c'erino tante moschie, che sempre l'avemmo adosso, pare che noie fossemo tutte vontate {22} di zuchero{22} vontate: pieni. [...] Cosı̀, venne un ordine di fare un'altra linia di difesa nella stessa zona marmareca, con crante ante carre e piazole di mitragliatrice e di cannone. Così, mi hanno fatto camicia nera scerta per anzianetà, che questo crado nell'esercito voleva dire «caporale maggiore». E mi hanno dato una scuadra per fare questo lavoro. Ma amme il lavoro
mi piaceva. E poi che mi avevino detto che lo pagavino bene e poie che il Cenio ci aveva detto che magare c'erano lire 500, che lo davino al capo scuadtra che lavorava più asaie di tutte li scuadre, e cosı̀, io fu il più contente di tutte li capo scuadre, e diceva: «Menomale che ci pagono, e menomale che c'ene questa leggie». E così, poteva prentere solde. Recordo che offatto 4 mese di lavoro, e altri 10 mese che io aveva fatto in Libia, e si parlava che il nostro compito cià di noie camice nere era fatto, che di lı̀ ci avevino a portare o concedate in Italia o in Africa orientale come cammice nere. E poi, un ciorno, venne il cenerale che comandava la nostra devesione. E con la venuta di questo cenerale si doveva sapere a chi davino il primio di lire 500 e ci dovevino magare pagare, perché questo lavoro era stato sotta la derezione del Cenio militare. [...] E propia quelle che hanno chiamato per darece il premio erino propia li 2 camice nere che lavoro non avevino voluto maie [...] Così, aspetammo il congedo. Poi c'era uno capitano che sempre aveva il piacere che io mi n'antasse all'Africa orientale con luie, come camicia nera. Ma io scandalizzato della prima partuta di Enna, quanto mi avevino assecurato che io, partento per camicia nera all'Africa, mi congedava e mi n'antava allavorare, e mi hanno fotuto 2 volte, e cercava di non mi fare fottere un'altra volta. Ma il capitano sempre mi lo repeteva: «Rabito, ascolta amme, viene in Africa comme, che poi io ti faccio congedare». Ma io sempre ci diceva di no. E poi sempre mi diceva: «Mi carentiscio {26}{26} carentiscio: garantisco. io, che ci ho umparente nel Cenio civile, e subito ti faccio antare allavorare». Ed io sempre dicenduce di no. Ma questo figlio di butana capitano, la firma nello recistro dei partente, ci l'ha messo luie, facendo ficurare che ci l'aveva messo io, questa firmma, perché c'era l'ordine che li oficiale, che ene che voleva antare in Africa dell'oficiale, prima dovevino avere il numero delle camici nere, per partire. Cosı̀, io ho detto tra di me, senza che non lo sapesse nesuno, di carrecareme tutta la mia robba di notte e scappare a piede e antare a Tobruche - che c'era uno amico mio siciliano che come borchese lavorava a Tobruch, che ci aveva magare la famiglia -, e io pensava di scaparaminne {27}{27} scaparaminne: scapparmene. e nascontereme in uno casino di butane, e quanto parteva la nave per l'Africa orientale, io usceva... senza penzare però che io, quanto mi n'antava, segnifecava che mi davino desalture, che poteva antare a fenire in calera. E cosı̀, davero, fece. Cosı̀, hanno passato 5 ciorne e io uscie da quella butana che mi ha salbato, e partie. E mi ne sono antato dal siciliano a prentereme li robe e mi ne sono antato al porto per imparcareme per Palermo. E cosı̀, a Palermo revammo alla fine di acosto, con il prime di setembre del 1936.


Li cantiere dell'Ogadenne


Io, che aveva quella testa di antare affare solde all'Africa, non lo perdeva maie quello penziero d'antare all'Africa. Macare che antava a morire di fame, era tanto impresionatto di questa Abissinia che per forza voleva partire. Cosı̀, offatto la domanda e mi ha venuto subito accetata. E tutte mi decevino che io antava cercanto la morte con la lainterna. E poi, tutte mi decevino che aveva stato a Tobruch e aveva dimacrito 6 chile: «E ora che ti staie remetento, ti vuoie rovenare un'altra volta?» Ma io sempre ci deceva che: «Voaltre coraggio non ni avete di antare, se bisogno c'è, magare a casa del diavolo, bastica si fanno solde». Poi, mi dicevino che ancora all'Abisinia c'era la querra, e io questo non lo voleva sentire. [...] Quanto ho partito, mia madre mi ha chiamato «figlio perso», perché si credevino che io di l'Africa non turnava più, perché se senteva dire che all'Africa si moreva. Ma io non mi ne corava, perché diceva che la terra di l'Abissinia non poteva essere più miserabile di quella di Tobruch, epure io ci sono stato più di uno anno e retornaie vivo. Cosı̀, ho baciato a tutte e partie. AnNapole c'era li nave pronte, e abbiammo imparcato. E recordo che era il primo febraio, che il Carnevale quello anno veneva il ciorno 8. E abiammo imparcato in una nave crante che portava più di 6.000 passaggiere, tra operaie che antavino all'Africa per lavorare e tante donne che antavino all'Africa che avevino stato chiamate delle loro marite, e tante soldate e tanto matriale di querra e tante mule, cavalle e scechie, e tante meze e tanto manciare che serveva all'Africa. Quinte, questa crante nave mi faceva il conto che portava la popolazione di umpaese di Chiaramonte. E io diceva tra me che questa volta era vero che stava antanto all'Africa. E cosı̀, doppo 25 ciorne di navicazione, eremo revate a vedere li terre di Mocadiscio. Ed era il ciorno 25 febraio. Amme mi pareva un sogno. Cosı̀, tutte credavino cantanto «Facetta nera, bella abissina». La nave si ha fermato quase 15 chilomitre o a 10 chilomitre di Mogadiscio di lontananza, perché la nave non poteva avicenarese, perché porto non ci n'era e li crosse nave sempre dovevino restare lontano del porto 10 o o 15 chilomitre. E cosı̀, tutta quella roba che portava questa nave di l'Italia, ci voleva 15 ciorne per scarrecalla con tante operaie e soldate nere, a forza di crosse barche. Ma noie, però, in una ciornata, li nere ci hanno portato tutte a terra. E cosı̀, io era la prima volta che ho visto Mogadiscio. Ma Mogadiscio non era tanto crante come io aveva capito, ma era picolo. Ma era più crante dove c'era la popolazione somila di dove stava la popolazione italiana. Cosı̀, ci hanno fatto stare 2 ciorne, per farece reposare, e poi dovemmo partire per la nostra distenazione. Cosı̀, doppo li 2 ciorne, ci hanno fatto salire sopra li camie e partiemo, che dove antammo non lo sapemmo. Passato il villaggio Duca degli Abruzzi {1} {1} Oggi Jawhar, nei pressi di Mogadiscio., strada non ci n'era, perché c'era una pista. E davero non si poteva stare sopra il camio, perché si doveva camminare con li strade che avevino fatto conni carre armate, perché ci aveva stato la querra, e ancora li strade non l'avevino fatto bene. Cosı̀, ci abiammo fermato al villaggio di Bellotuvenne {2}{2} Belet Weyne (o Belet Uen), nella Somalia centrale, al confine con l'Etiopia. Cosı̀, scentiemmo e presemo acqua. Tutte li borraggie che c'erino li abiammo fatto piene. [...] Doppo 5 ciorne di strapazzo, che erimo tutte rotte, finarmente revammo in uno vellaggio che si chiamava Cabredarre {4}{4} Gabrehor, nell'Alto Ogaden., villaggio tutte di nere, senza esserce nesuno bianco, solo che c'erino soldate nere che facevino servizio come li carabiniere, che queste erino fedele
all'italiane, che si chiamavino colu bascie {5}{5} Bulukbasci, caposquadra. E queste erino li vechie soldate che aveva fatto il cenerale Craziane {6}{6} Rodolfo Graziani, nominato governatore della Somalia nel 1935, che per 20, 30 anne Craziane li teneva, li pagava, e loro facevino servizio, con li moglie e con li loro famiglie sempre apresso, che erino più fedele delle soldate italiane. Ci hanno fatto fare li tente lontano 300 metre della popolazione somila, ci avevino dato uno tilo da tenta per uno. Li c'era un capitano del Cenio, e ci ha detto: - Ora, racazzie, que c'ene uno cascione di atrezze di lavoro, qui ce sono tutte li albere che volete e potete tailiare e serrare e fare magare tavole. Quinte, potemmo tagliare tutto per poterene fare magare barrache, perché padrona queste albere non ni avevino. Il capitano del Cenio ci aveva detto che per 3 ciorne non si lavorava, poi ci ha detto che quelle strate erino fatte dai carrearmate durante l'avanzata: - E non sono fatte bene. Ma ora vialtre li facete bene, magare con il tempo verranno tutte celintrate{7} {7} celintrate: asfaltate. Cosı̀, io, doppo che ci avevino fatto reposare, ho fatto una picola barrachetta di 3 metre quatrate con tutte i commite {8}{8} commite: comodità [...] Nei prime tempe del cantiere c'era magare acqua poco, che con 2 litra duvemmo fare tutto. Però, quanto avemmo bisogno di carne, bastica se prenteva il fucile, magare che non sapeva sparare, sempre 2 tichiteche {9}{9} I dig dig (madogua kirki), sorta di piccole antilopi. li ammazava. Che queste tichiteche erino come li lepere e come li coniglie. Ma sempre carne non si poteva manciare, poi che c'era una malaria fortissima e muschitte ci n'erino tante. E quante zanzare che c'erino! Infatte, d'ogni ciorno antavino operaie amMogadiscio all'ospedale, e di quelle che partevino non retornavino più. Ma io ci aveva stato immienzo alla malaria e quanto più poco poteva dormire, dormeva. Ma tante, come venevino del lavoro, non avevino che fare e dormevino, ed era per questo che cascavono malate. [...] Io mi aveva fatto pratico, perché il sole più non lo senteva, anze neie prime mese mi compiavino li campe, con il cardo, ma ora camminava senza casco e macare scucuzune. Il capo cantiere mi voleva bene. Ma quanto la solte non vuole, non zi ci pole fare niente... Perché aveva una mala praneta supra di me, che, doppo che aveva fatto tanto per mettereme a posto, aveva lavorato tanto per fareme una barrachetta al mio piacere, mi hanno fatta campiare cantiere e mi hanno detto che il lavoro si ha finito lontano di Decaburro {10}{10} Degeh Bur, in Etiopia., però sempre con il Cenio. Ma chi tardo arriva, malo si alloggia... Ma come sono revato in questo nuovo cantiere, cià dalla prima ciornata, il capo cantiere lo ha visto subito che io sapeva lavorare, e mi ha fatto lasciare la carriola, emmi faceva fare spianamento, che io era pratico, perché aveva stato allavorare 5 anne nella linia di Recalbuto. [...] li solde non li potemmo spentere, perché nel cantiere non c'era imprencipio uno spaccio, una revinteta di cenere
elimentare, e quinte li solde che ci davino quanto ci fecevino la paga passava uno raggioniere, che non era con noie nel cantiere ma era del cantiere centrale, e, d'ogni mese, questo ni diceva: chi aveva ammantare solde alli famiglie, lui li portava a Mogadiscio, faceva il vaglio e li mandava alle nostre famiglie. [...] non era vero che queste soldi ci li spedievino, e invece li commerciavino: che a Mogadiscio, con queste solde, compravino carne di manciare di tutte li specie, vino, birra, scatolame, licuore, biscutte e tutte li specie di caramelle, e li portavino in tutte i cantiere, di maniera che l'operaio comperava tutto a credenza. Tutte l'operaie che recevevino li letre delle loro mogli, tutte facevino uno discorso, che solde non ni recevevino. E cosı̀, l'operaie si volevino revoltare, antare aMogadiscio e antare derettamente alla Posta per sapere il perché queste solde di 5 e 6 mese non arrevavino. Io non diceva niente, perché a casa ci aveva mantato lire 200, ma c'erino operaie che ci avevino mantato 5 e magare 6.000 lire. [...] Cosı̀, dell'Etalia c'erino famiglie che avevino scritto a Mussoline, e magare a tutta la famiglia del duce, per vedere dove antavino a fenire queste benedette solde di queste lavoratore. Certo che ni cominciaro a parlare magare i giornale, di queste solde che li lavoratore li mantavino e li famiglie non li recevevino. Cosı̀ tante forino li lettere mantate a Roma, per fina che tutta la ciustizia cominciavo a fonzionare, che per tutta la zona del Alto Ogadenne, voldire oltre alla Somalia, cominciaro a cirare centinaia di carabiniere e una polezia scentifica. [...] Cosı̀, io che aveva perso li 200 lire e tutte li altre povere operaie che avevino perso tante solde fuommo stralocate. E ci hanno portato in uno cantiere che c'erino 50 operaie, però ho costatato che al lavoro alla matina ci ne potemmo antare il massemo 15, di tutte queste 50 operaie. E cosı̀, alla matina, c'era un camio che ni carrecava e ni portava sul lavoro. E cosı̀ stavino li cose: 4 operaie stavino al cantiere per scupare; 5 operaie erino adette all'infermeria, che poi, se uno cascava malato, non erino capace, tutte 5, di farece una lominata {12}{12} lominata: limonata., che lo lasciavino morire; 10 erino per fare il manciare, e erino sempre in cucina e tutto si manciavino loro; 8 operaie, sempre vestite con la camicia nera, che penzavino per lo sporte; e tutte li altre stavino a cratarese li palle e li coglione al cantiere. E quelle che dovemmo lavorare erimo sempre i nuove venute, e quelle che non sapiammo fare li rofiane. Il lavoro era lontano più di 20 chilomitre, e con un solo camio si doveva partire, e sparte alla matina per noie 15 c'era mezza ora di tempo per prenterene una coccia di acqua lorda, che il vero caffè si lo prentevino quelle che non facevino niente. E sparte chi retardava 2 o 3
minute, il camio parteva, e perdeva la ciornata. Propia io mi faceva il conto che era alle lavore forzate. Era una vita troppo strapazata, antare e venire con quello camio: antata di matina, venuta per manciare alle ore 12, ci facevino fare 2 ore di reposo e di nuovo partire, e poie allasera, alle ore 6, retornare. Cosı̀, faciammo tutte li ciorne 80 chilomitre supra quel camio, tutta all'impiede. Certo che li strade non erino cilintrate e si veneva tutte rotte. Io, un ciorno, come ho fenito di manciare a mezzociorno, come tutte li ciorne, mi sono messo dentra la tenta a fare li 2 ore di suonno che mi tocavino, quanto uno di queste stronza tira una buona pedata nel pallone e questo pallone entra nella mia tenta, che io, ciusto ciusto, mi stava facento 10 minute di suonno. E questo pallone mi viene sulla testa, che mi ha parso una cannonata, cosı̀, mentre io dormeva. Cosı̀, escio fuore e comincio a parlare a uso quello {13}{13} a uso quello: con i modi, che queste si meritavino, facentoce capire a queste lazzarone che, se antasero allavorare come me, non ciocassero. E cosı̀, tutte queste stronze cominciareno a dire che io sporte non ni capeva [...] Cosı̀, mi volevino dare bastunate. Io, nella tenta, aveva il fucile carreco, e ci l'ho detto: - Vedete ca io famiglia non ci n'ho e non penzo annesuno. Io vi sparo! E cosı̀, la prima spedezione di licenzamento fu propia io. Così, mi hanno licenziato per poco rentemento nel lavoro. E cosı̀, subito subito, mi hanno fatto la paga e nella busta di paga c'erino messe macare li centesime, tutto preciso, perché lo sapeveno che io antava arricramare subito. Mi hanno preparato il passaggio per partire, tutto a costo del cantiere... Io, in ciornata, doveva sparire di quello cantiere, perché erino più di 30 contra di me, perché ci aveva detto la virità. Cosı̀, arrevaie al campo alloggio di Mogadiscio, che d'ogni 15, 20 ciorne parteva una nave crante per l'Italia e si portava tutte i soldate che si congedavino e antavino illicenza o chi era malato, e si portava magare tutte quelle operaie che erino state licenziate per poco rentemento. Che uno di queste era propia io, quello povero di Rabito, che voleva lavorare a cuoste di afrontare magare la morte, bastica faceva solde. Che poi, con queste solde, il suo disegno era per comperarese una casa alla sua mamma. Ma io voleva fare ancora un altro anno di lavoro, e camminava tutte i ciorne per Mogadiscio come uno pazzo per cercare lavoro in una detta prevata, poi che al campo alloggio c'era una crante composione, perché c'erino più di 30 barachie piene di partente che dovevino antare all'Etalia e non c'era nessono che faceva la polisia, nesuno che dava una scupata al campo, e la puzza si stapeva morento... E magare c'erino cimice, pulice e aderetura pidochie! E poi c'erino tante spostate, che li liggie del duce l'avevino mantato in Africa per levoraselle delle coglione dall'Italia e li mantavino in Africa speciarmente esento scuatriste. E non si poteva stare in questo campo alloggio. E io camminava, e sempre stava arrabiato e bestimianto, ma non mi arrenteva maie, sempre cercava e penzava come poteva studiare per rimanere in Africa. [...] che era desperato, perché mi aveva cirato tutte li oficie e ancora mi prentevino in ciro. Tutte mi decevino: «Oggie, domane...» E poi: «Aspette alla sera...», quelle stronze che non mi dicevino niente! E cosı̀, mi sono diciso di fare l'ultimo tintativo, e disse: «Ora cerco di antare - doppo che aveva cirato tutte li oficie e fatto tutte li male comparse - nella testa dell'acqua. Vediammo se riesco a fareme presentare al covernatore che comandava tutta la Somalia», che aveva il palazzo del coverno a Mogadiscio ed era uno che si chiamava il cenerale Santine {15}{15} Ruggero Santini, nominato governatore della Somalia nel maggio del 1936, che a parlare con luie era lo stesso di parlare con il duce a Roma. Quinte, tutte li porte li aveva tapoliato, ora c'era lo crosso portune di tapoliare, e disse: «Voglio fare l'ultima mala comparsa, se ci ho la fortuna di poterece parlare, perché chi vuole bere acqua più pulita deve antare alla testa della fontana». [...] E cosı̀, mi ho trovato di fronte al cenerale Santine. Cosı̀, mi ha detto: - Tu che cosa vuoie, che seie venuto fina qui? - E cosı̀, io mi ci ho demostrato molto piatuso e ci ho fatto tante cose, decendoce che io aveva venuto all'Africa per lavorare e
fare solde per quanto mi potesse comperare una casa, che ho fatto tante sacrafizie per venire all'Africa per lavorare e, doppo 10 mese, per forza mi volino fare partire per l'Italia, mentre che ci ne sono operaie che hanno fatto magare 2 anne e ancora li fanno lavorare. - Facio presente che sono stato a Tobruche nelle camice nere volontario con il battaglione, sempre pronto al mio paese. Non ci ho neanche casa, e ora, per forza, mi vogliono mantare a casa, che, eccellenza, sono venuto qui propia per fareme una racomantazione, quanto io facesse altre 10 mese di lavoro e fare umpoco di solde. Cosı̀, ci ho fatto vedere il partafoglio, che aveva 6.000 lire da parte, che l'aveva conserbate. Poi, ci ho detto che tutta la mia famiglia avemmo stato al servizio della padria: - Siammo tutte fasciste. Io sono un socio del Nastro azzurro e sono del 1899, ci ho uno fratello del 1896 mutelato, e io sono venuto qui a parlare con la sua ecellenza che mi deve fare uno miracolo per potere stare ancora uno altro anno all'Africa. E lui mi ha detto: - Mi ha piaciuto la tua buona volentà di venire per fina qui a parlare comme [...] Non ti priocupare, che ora ti faccio un beglietto, che ti arecomanto all'oficio di collecamento, che haie voglia di lavorare! E poi ti lo faccio il favore perché seie della mia chilasse del 1899, che abiammo salvato l'Italia nell'ofenziva del Piave -. E mi ha detto, il covernatore: - Bravo Rabito, sei stato troppo furbo per venire a parlare comme! [...] Cosı̀, prese uno foglio di carta e poi scrisse. Cosı̀, io portava quella busta come portasse uno cioiello prezioso, e lo teneva nel petto, e non lo diceva annesuno, perché teneva paura che mi lo potissero robare.
Cosı̀, stammo arrevanno all'ultima ciorno. Amme non mi avevino chiamato. E mi cominciaie a priucopare. [...] E cosı̀, alla matina che aveva a partere la nave, che dovevino partere circa più di 6 mila persone, tutto il campo alloggio fuommo cercondate di 100 o 150 carabiniere, che nesuno dell'operaie potte uscire fuore per Mogadiscio. Solo c'era la strada libera per tutte i partente del campo alloggio alla nave. Tutto a un colpo, venne un cammio e si mise propia dove c'era quello che doveva dire «Partiemmo!»
Venne uno di queste camio, che si ha messo sopera il tavolo e ha detto al trompetiere: - Fermo! Prima che si comincia a partere, che dobiammo chiamare quelle che devono restare ancora all'Africa E cosı̀, sento chiamare: - Rabito Vincenzo, prentete la tua robba e sale sopra il camio, che tu seie uno che deve remanire in Africa -. E cosı̀, ci ha detto che erimo 16 tutte. Ah, che rabia che ci ha stato per tutte che io restava. [...] Mentre hanno fenito di chiamare alle altre e ci hanno messo a posto a tutte 16. E cosı̀, partiemmo, e presemo la strada che antava per il vellaggio del Duca dell'Abruzze. E quando scentiammo, io vado alla Posta e spediscio tutte li 6.000 lire che io aveva, per mantarle a mia madre deretamente per comparese una casa, perché l'aveva detto tante volte e ora ci ha revoscito. Perché sapeva che stava antanto allavorare nella ditta, che poteva lavorare per tutta la mia vita pure per fina che io voleva lavorare, perché era stato bene racomandato. Poi che la strada non era come l'anno prima, ora era cilintrata che veneva il piacere a camminare con il camio...Cosı̀, arrevammo al vellaggio di Feferre - Belle Tuvenne - Bulliborte
{17}{17} Ferfer - Belet Weyne - Bulo Burth, situati lungo il corso del fiume Uebi Scebeli, risalendo dalla Somalia verso l'Etiopia, la piana di Corra, che era un 100 opure 110 chilometre di pianura [...] Quinte, undice mese fa, quanto passammo, non c'era niente e ora cominciaveno a vederese case di nere e di bianche; e tante baracche c'erino per abitazione; e c'erino terre magare
cortevate a cotone come nelle campagne di Cela; e magare c'era qualche pozzo di acqua scavato per bere e per abeverare, e si vedevino tante che prentevino acqua. [...] Cosı̀, siammo arrevate nel cantiere di Mustaille {18}{18} Mustahil, nella parte meridionale dell'Etiopia, al confine con la Somalia, che avevino cominciato a fare li barache che poi ci dovemmo abitare queste
16 lavoratore. E lı̀ c'erino 40 operaie con la qualifica di carpentiere venute dall'Etalia a posta. Altro che scuatriste! Altro che fasciste! Che avevino la tessere sola di fasciste, e poie, di lavoro, non sapevino come si lavorava! Mentre, queste brisciane, il lavoro l'avevino per davero, e poi l'aveva rechiesto la ditta propia per fare il lavoro di minatore. E quinte, queste quadagnavino lire 5 al ciorno più di noie, però di lavorare lavoravino buone. Ma avevino uno difetto: che, mentre che c'era il vino, lavoravino,
ma, quanto si feneva il vino, non erino capace di piantare un chiodo. [...] E io era felice che mi aveva messo allavorare un'altra volta. E tutte i ciorne si antava allavorare con il camio che antava a carrecare pietre dalla pirrera {19}{19} pirrera: cava di pietra, al lavoro. Amme mi piaceva di viaggiare sempre con il camio e travessare boscaglia. E poi che la zona di Mustailli era una zona di scimie e una forte quantetà di iene, e magare c'erino lione, e dalla mattina alla sera, compure che caminammo sopra il camio, dobiammo vedere tante spavente. E poi, alla notte, non potiemmo dormire con quello bordello che facevino li animale, che facevino tanto mormerio: che si afferavino tra loro animale. Ma noie erimo 7, l'operaie nella nostra baracca, comprese li 2 autiste, e avemmo uno fucile per uno, che cosı̀, se per caso qualche leone arrabiato, perché aveva fame, ci voleva manciare, subito tutte 7 prentemmo il fucile e sparammo all'impazita. E poi che c'erino tante rebelle che non volevino che l'italiane abiammo preso l'Africa e, se non si stava sbeglie, ci potevino dare qualche fuciliata. Poi, tutte ci abiammo fatto pratece di questa boscaglia. E poi che il fucile non lo lasciammo maie, e quanto lavorammo il fucile li avemmo sempre vicino. E c'era l'ordine che a uno solo non potiammo camminare, sempre erimo il minemo 3. Amme, mi avevino mantato nel fiume a spacare pietra e sempre lavorava vecino al fiume. Che poi l'impresa a fatto umponte in tre mese, e questo ponte si chiamava «il ponte di Mustaille», che in una buscaglia non l'avevino fatto annessuna parte, umponte come questo. E perché ci l'aveva fatto il coverno italiano questo ponte? Perché a Mustaille ci faceva l'abitazione umprincipe che si chiamava «il soldano di Mustaille». Che questo soldano, quanto scoppiò
la querra con l'Abisinia - che il cenerale Craziane era partito a combattere per prentere la Somalia -, questo soldano, che era contrario al necose {20}{20} necose: il negus Hailè Selassiè, e in faore all'ocopazione italiana, si ha fatto trovare davante a compatere contro al necosi con 30 mila volentarie armate somole, e compateva inziemme al cenerale Craziane, tanto che il cenerale Craziane, a questo princepe, l'ha proposto con una midaglia al valore militare. E questo villaggio di Mustaille era comantato di questo crante personaggio, non Mostaille solo, ma per 200 chilomitre a tuorno a tuorno, quase metà della Somalia, luie era il re. [...] La ditta, al cantiere, ci aveva fatto ummutore, poi c'erino messe li tubbe del fiume, al cantiere, e il mutore la terava. E cosı̀, nel cantiere c'era l'acqua, quanto ci n'ene ni uno paese. Quinte, per acqua non era come quanto siammo venute di l'Italia, che ci ne davino 2 litra al persona, perché erimo sotta il Cenio, che comantavino li scuatriste, e l'abondanza dell'acqua l'avevino solo quelle della marcia so Roma. Ma ora la ditta dell'operaie voleva il lavoro, non voleva la tessere fascista. E quinte, l'acqua c'era per tutte. [...] Poi, non so come fu e come non fu, che parse che fu fatto aposta, una matina ni abiammo cascato 40 ammalate. Cosı̀, al lavoro non ci abiammo potuto antare e ci ha cominciato a prentere la febre a tutte 40. E ci ha stato una crante priocupazione. Cosı̀, mandareno a chiamare medice da Mogadiscio per vedere che cosa abiammo e che malatia abiammo. E cosı̀, davero, e più presto, ni ha venuto uno di Diradava e un altro di Curre Curre {24}{24} Dire Dawa e Curcur, in Etiopia, che era lo più vicino a Mustahil. E quest'ultimo disse che era una febri cialla, e cosı̀ magare hanno detto li altre medice di Mogadiscio, e invece, il medico di Dira Dava disse che la nostra malatia era una febre coloniale. [...] E poi, hanno ordinato di metterene tutte 40 in una crante baracca e di darece poco manciare, per vedere se era che dependeva dello stomico, questa malatia. [...] E ci hanno detto di non manciare, ma io quella parola di «non manciare» non mi pareva esatto, perché io la fame l'aveva, e come mi passava la febre, mi alzava, mi n'antava a fare la visita all'olticello, mi prenteva una cucuzza, mi n'antava in cucina, che c'era sempre il fuoco aceso, mi la cucinava, e poi mi n'antava nella baracca delle malate. E cosı̀, doppo che manciava, mi prenteva la febre. [...] Certo, però, che io, quanto mi rebasava la febre, manciava e poie mi corcava e liggeva, mentre li altre non manciaveno e si antavino dimacrento. [...] Finarmente hanno venuto i medice e hanno detto: - Be', non c'ene niente che fare. L'unica cosa è di portalle a Mogadiscio e levalle di qua, perché altremente questa malatia può immeschiare alle altre. Cosı̀, io ho salutato amMostaille, al cantiere e l'uorto, che mi veneva di piancere. E con li 4 camie partiemmo. Che poi, dorante il viaggio, ci ne foreno che non ci arrevareno vive a Mogadiscio. E certo che ammia, che manciava e biveva, non poteva morire sicuro. Quanto uscie dello ospedale, mi sono comperato uno bello fiasco di vino, e una bella scatola di salsiccia, manciava. E poi c'erino li banane che
costavino poco. E manciava, senza penzare che io aveva stato con quella brutta malaria infettiva! E siccome io volevo andare subito a lavorare, il ragioniere dell'ufficio della ditta mi ha detto: - Se tu te ne volesseto antare oggie stesso e volesseto antare allavorare più vicino, ci fosse uno posto che potesseto partire magare questa sera, che c'ene un camio che porta la spesa al cantiere di Chersala {26}{26} Garsala (o Garsaale), in Somalia, che Chisale ene un bello cantiere e c'è vicino il vellaggio Duca degli Abruzze. Che l'altro ciorno cercavono uno operaio spacca pietra e c'ancora non ci l'ho pututo trovare. A Chersala io arrevaie alle ore 8 di sera, che era quase al buio. E, come sono sceso, tutte li operae erino lı̀ che stavino mancianto fuore con una bella tavolo, e magare li sedie avevino, che parevino tante cavaliere. E queste erino tratate meglio dell'Etalia. E io diceva: «Tutte diciammo: “Quanto antiammo all'Italia?” Mentre qui si sta meglio di l'Italia: barache bene, manciare bene». Il letto era con la rite, lensuola, zanzariera... Poi d'ognono ci aveva il suo lume per la luce, che il cantiere pareva umpicolo paesieddo. E cosı̀, io disse: «Ecco quello che io cercava!» Poi che c'era il capellano che d'ogni domenica ci faceva dire la messa, poi c'era magare un capo manopolo della Milizia, che le leggie fasciste dicevino che d'ogni cantiere ci dovevino essere, perché d'ogni sabito si doveva fare il Sabito fascista. Che, in tutte li cantiere e in tutte li vellaggie dove c'erino lavoratore, doppo che si manciava, ci doviammo mettere la divisa delle fascista, in camicia nera, e prentere il fucile. E questo capo manipolo, che rapresentava un sutta tenente delle esercito, ci faceva fare 2 ore di maneggio con il fucile. E questo, d'ogni sabito, era uno rompamento di conglione, che persino tutte li domineche, invece di reposarese, dovemmo fare istruzione come quanto io aveva 17 anne! Ma , comunque, la vita passava molto contente. Neanche all'Etalia, questa bella vita, io l'aveva passato! Quinte, io penzava di potere fareme la citatinanza di Mogadiscio, che poteva campiare posuzione: che, di povero, mi poteva trovare ricco. Ora , a Mogadiscio, c'erino tante apartatore. E quinte, la pietra per costruire i palazzi bisognava, e per questo io mi voleva comperare una perrera, perché io mi portava allavorare comme alli operaie nere, che quelle, esento sapute quidare, il lavoro lo facevino lo stesso di uno italiano, ma paga non ci ne davino lire 40, come a uno operaio italiano. La paga di un nero era di lire 5. E quinte, se arriosceva di compralla, per me diceva che era una fortuna, perché stavino costroento centenaia di palazze, che stavino procetanto una crante strada lunco il mare e stavino costroento tante apartamente per i bagnante e per tante toriste. E li apartatore si
stavino facento tutte ricche, e ricco mi doveva fare io. Ma quanto intese che l'assistente ingegnere Antriotte mi ha detto: -Rabito, iere io ti cercava perché ti doveva dire che il cantiere di Chersala se deve sfasciare... - Io, quanto ho inteso questo, tutto aveva soportato, ma questa parola non la potte solportare più. E io diceva: «Adio venire il mio fratello Paolo. Adio comperare perrera di pietra...» Che mi potevino macare rempatriare per fine lavoro. Cosı̀, io, quanto il marcatempo mi ha detto: - Tu, Rabito, non seie licenziato, - ci ho detto: - Crazie per me, mi ha dato una conzolante notizia! Cosı̀, stiesimo altre 4 ciorne nel cantiere di Chersale, e poi, con tutto l'oficio, partiemmo. E ora li strade erino quase tutte sbaltate quinte si viaggiava bene e si manciava bene. Poi fenio la sdrada e cominciavo una trazera, e li camie cominciaro a camminare male, che erino strade che l'avevino fatto durante l'ocupazione delle carre armate. E cosı̀, cominciareno li bestemie, che del camio non se poteva stare, sempre sbatento nelle albere, che erino magare albere di spine, e tante scimie che scapavino, e tante iene che correvino vedento il rompo delle
camie! E tutte diciammo: «Qui se vede che operaie non ci ne sono state ancora...» Doppo 5 ore di mala strada, siammo arrevate a uno villaggio che si chiamava Galaffe {28}{28} Callafo (o K'elafo), in Etiopia, che lı̀ era propia dove ci doviammo fermare noie e dove dovemmo lavorare. E lı̀ c'era il solito fiume che cucutriglie ci n'erino più assaie di quanto erimo a Mustaille. Malaria c'era a Mustaille emalaria c'era a Galaffe. E io diceva tra me: «E inutele, sempre quello ene la vita mia! Staio umpocu buono e poi sempre siequito a stare male. Falla come la vuoi, che sempre ene cucuzza {29}!» {29} Falla come la vuoi, che sempre ene cucuzza: comunque tu la cucini, non c'è niente da fare, sempre zucchina rimane. Poi, come abiammo fatto li prime 15 ciorne, che era il mese di aprile, si ha scatenato un temporale forte. Cosı̀, tutte noie fuommo abisate, che ci hanno detto: - Che si pole salvare si salve! Recordo che era di notte e abiammo abantonato tutte li barache e scapammo per antare dove l'acqua non ci poteva revare, e assalire sopra li crosse albere, che erino 30, 40 metre alte. E li nere di quello vellaggio hanno salito sopra tutte li albere come noie. E cosı̀, ci abiammo salvate. [...]E la forte corrente dell'acqua ha fatto uscire persino tutte li cucutriglie del fiume, e portalle sopra la pianura. E queste sue almalaccie, quanto l'acqua si retrò, restarino fuore del fiume.[...] Quelle più crosse, l'ebino li forze da andarasinne, ma quelle picoli restareno. Cosı̀, tutte li nere, che erino pratiche, perché questo spetacolo, speciarmente li anziane, chi lo sa quanto volte l'avevino visto, comenciareno a prentere atrezze per potelle ammazare e scorcialle {30}{30} scorcialle: scuoiarli, e poi le pelli ce servevino per ventelle, per poi farene scarpe di lusso e borsse di lusso.
E cosı̀, tutte abiammo visto li cucutriglie come erino composte, che non l'avemmo visto maie, solo nei cinema! Poi l'asestente ingegnere Antriotte mi ha fatto prentere 10 nere che avevino una buona volentà di lavorare, secome aveva dato prova a Chersale che sapeva come fare lavorare ai nere. E la mia scuadra, alla sera, sempre faciammo più lavoro delle altre scuadre. Perché io ci portava più respetto delle bianche. Perché io, quanto li operaie italiane volevino fare bordello, che volevino desprezare a queste povere nere sul lavoro, io era il primo a darece tuorto all'italiane. Perché erino incosciente e maleducate colle donne. Speciarmente che c'erino tante piciutiedde nella mia scuadra di 15 e 16 anne che facevino li manovale e portavino li piedre dentra li ceste sopra li spalle per fare la massecciata, e quanto revavino con queste pietre picole, lo italiano che l'aspetava la faceva voltare per levarece la cesta, e quella, poveretta, doveva sobire umpicico nel culo, prima di levarece la cesta delle spalle. E quelle piciutiedde nere, per la rabia e il dolore, e poie perché non volevino essere tocate, se mentevino a piancere e fare uce, che faceveno venire alle nere uomine, e socedeva l'inferno. E cosı̀, doveva intervenire io a ciustare tutto. Ora che tutto doveva antare bene, ci cominciaro a essere tante male notizie (era il 1939). Che un ciorno venne il conzelo della Melizia di Diradava - che era un crante paese dell'Otiopia - e ci si ha fatto levare mano di lavorare per farece una parlata a tutte l'italiane del cantiere che lavorammo, e speciarmente a tutte l'operaie che erimo scritte alla Melizia. Che ci faceva capire che tutte l'italiane in Africa non c'era bisogno di lavorare più, perché li prove cià li avemmo dato di fronte all'inchelese, che all'Africa sapemmo resistere allavorare, in una terra tutta piena di animale e di spine, senza acqua; le strade ormai ci l'avemmo fatto. Quinte, il conzelo della Melizia ci diceva che: - Non se deve lavorare in Africa. Basta solo la nostra presenza e il focile carreco sempre a portata di mano! - E poi ci ha detto: - La canzone «Facetta nera bella abisina» più non si canta, - e se doveva cantare al contrario. - Non voglio più sentire «bella abissina», perché la donna bianca è più carina! Tutte restammo con la bocca aperta, come si n'antò. E tutte abiammo detto: che diavolo stapeva socidento!? Cosı̀, io penzaie di fareme dare subito uno permesso, perché io stesso penzaie tutto male. E quelle parole del conzelo per tutte foreno impresionante! Non mi piaceva più di lavorare, e magare la febre ci aveva...E quinte, mi hanno dato uno permesso e mi ne sono antato amMocadiscio per sapere qualche cosa di quello che ci aveva fatto capire il conzelo. E cosı̀, a Mogadiscio, dalla stanzione prese la strada per antare all'oficio della ditta, per direce che io sempre tutte li ciorne mi prenteva la febre per deperemento orcanico e non poteva lavorare più, che era malato, e poi perché aveva quase 3 anne che io lavorava in Africa. E il raggioniere, che mi conosceva, mi ha detto: - Caro Rabito, fra ciorne, si è vero quello che si dice, ci ne dovemmo antare tutte dell'Africa! Non fa bisogno di avere la febre, perché, o febre o senza febre, tutte ci ne dovemmo antare all'Italia. E tu sei fortenato, che questo ene il momento che ti puoie licenziale. Così, uscito dall'ufficio, io prese il ciornale. E questo ciornale, nella prima pagena, c'erano 2 depotane {31}{31} depotane: deputati, ammazate nella Socità delli Nazione, e poie c'era che diceva il ciornale che la crante Cermania stava ocopanto con la forza e con il sanquie tutta la nazione della Polonia, che se stavino ammazanto diverse centinaia di polacche, non tutte soldate, ma magare la popolazione civile. E poi, sempre lo stesso ciornale, diceva che,dopo conquistata la Polonia, la Cermania doveva conquistare il Berggio e magare la Francia, e quinte io diceva: «Cià siammo in querra!» Il mio penziero era uno solo, che, come si faceva ciorno, mi faceva fare la paga, e scappare per l'Italia e antare a Chiaramonte, perché l'inchilise ci voleva poco a volere fare la querra contra all'Etalia. Cosı̀, si fecie giorno, non aveva dormito, mi ne sono antato all'oficio. E cosı̀, mi ha fatto mettere 5 firme, la paga mi ha fatto, e cosı̀ ci abiammo salutato con tutte quelle che erino nell'oficio, e mi hanno detto: - Buono viaggio, Rabito, che noie securo che, quanto prima, ni fanno partire magare annoie di questa Africa, che propia li abissine volevino quello: di farece li strada l'italiane e poi lascialle, tutte queste travaglie fatte, all'inchilise e li francise. Cosı̀, io che aveva auto la febre, per fareme partire prima, mi ne sono antato affareme arracomantare al comando della Melizia, che voleva essere rempatriato quanto più presto, perché era ammalato, perché aveva 33 mese che io lavorava in Africa e non era capacie di starece più, con quella malattia per deperemento orcanico. Al campo alloggio di Mogadiscio, più ciorne passavino più partente arrevavino, che non volevino stare più all'Africa, perché stava per scopiare la querra. E fuommo fortenate quelle che partiemmo i prime...E cosı̀, in 3 ciorne di tempo partiemmo. Io, in queste 3 ciorne, messe li solde alla Posta di Mogadiscio, che erino tutte 11.000 lire, e lire 6.000 l'aveva alla Posta di Chiaramonte. Tanta salute ammia madre che mi l'aveva salvato! E tutte erino 17.000 mila lire. Mi aveva lasciato lire 600 nelle tasche per il viaggio e, con quelle che mi hanno dato di trasferta, in tutto ci aveva 900 lire. Che li lire che aveva nelli tasche erino mezzo milione di queste tempe 1970, quanto fu scritto questo libero. E cosı̀ davero, al 3 ciorno, la nave partio. E, come era sopra la nave, disse: «Addio Africa, doppo 33 mese di sacrafizie, di essere bruciate del sole e, nel principio, con poco acqua per bere. Sono sicuro che non ci potemmo vedere più». Avemmo stato immienzo alli animale, avemmo manciato pasta mogata {32}{32} mogata: ammuffita, e fracita, perché o quella o niente, e speciarmente neie prime ciorne, che non c'erino neanche strade, e poi che io aveva breso la febre cialla, febre che era infettiva, che tante ni hanno morto... E poi, doppo 8 mese di lavoro, per forza certe cornute mi avevino arrimpatriare, che mi avevino fatto uno raporto come ante fasciste, perché ho detto la veretà... Che vercogna che era questo coverno fascista, che in uno cantiere di 50 operaie quelle che lavorammo erimo solo 15 e li altre ciocavino alla palla, e io, per dire questa verità, mi volevino mantare in Italia per «poco rentemento». Ma l'hanno scaciata fracita la noce {33}{33} l'hanno scaciata fracita la noce: l'hanno schiacciata fradicia la noce; le loro speranze sono state deluse, che io mi ne sono antato nel covernature e, invece di antarece io, all'Etalia ci sono antate loro...E recordo, e erino li 2 settembre del 1939, e la nave partio. Che questa crante nave si chiamava San Ciorcie. E cosı̀, il lavoro dell'etaliane, che avevino fatto con tante sacrafizie, si ha perso. E quanto partio la nave, con quella fischiata che ci hanno fatto certe babione nere, se vedeva che era
propaganta politica! Si vedeva che non potevino vedere al fascisimo! Perché l'Italia, voldire fascisemo, era a fianco con la Cermania. Io, tra me, diceva: «Ma noie che cosa ci corpiammo? Ci hanno detto di fare i fasciste e abiammo fatto i fasciste». E, finarmente, siammo revate a Napole, e pare che avessero revato nel porto del paradiso. Si ha visto subito che, arrevanto una nave italiana, ci hanno fatto tanta festa. Cosı̀ Napole era tutto bantierato di cagliadette fascista e bantiere trecolore e tanta propaganta fascista. E cosı̀ anNapole, scentento della nave, mi ho fatto una cirata, e poie, prese il treno per antare in Sicilia.

Edited by CulturalHeritage - 28/6/2018, 17:49
view post Posted: 27/6/2018, 21:28 Lavoratori in divisa da fatica coloniale - Uniformi, Copricapi, Equipaggiamenti
Ed ecco qui i labari delle sei Legioni. Dal minuto 0:38 a 1:04 sono ben leggibili.

view post Posted: 26/6/2018, 17:51 Lavoratori in divisa da fatica coloniale - Uniformi, Copricapi, Equipaggiamenti
Ottimo! Posso chiederti una spiegazione sull'assorbimento da te citato delle Centurie LL, verso
la metà del 1937, nelle nuove Legioni CCNN Lavoratori. Grazie.
view post Posted: 26/6/2018, 16:27 Lavoratori in divisa da fatica coloniale - Uniformi, Copricapi, Equipaggiamenti
CITAZIONE (Ghebret_ @ 25/6/2018, 23:40) 
Se il tuo uomo era del 1913, non è stato richiamato per la campagna AO. La mobilitazione ha interessato le classi fino al 1912 (primo semestre).
Più probabile che si sia arruolato volontario in una delle tante formazioni della MVSN. E da qui, nell'autunno 1936 o giù di lì, sarà passato alle Centurie LL.
Le quali, è bene specificarlo, intorno alla metà del 1937, vennero assorbite dalle nuove Legioni CCNN Lavoratori.

Sono convinto anch'io, per molte ragioni, di una partenza volontaria in Africa come MVSN in cerca di lavoro. Mi rimangono però dei dubbi (destinati a rimanere tali) legati alla sua mobilitazione e sollevati da questi decreti che vanno a completare il richiamo della cl.1913 di 1° e 2° grado (cioè le ferme di 18, 12 e 6 mesi).
1913s

A confermare la mobilitazione di quella classe ci sarebbe poi questo telegramma di Badoglio, il quale si riferisce appunto solo ai gradi 1° e 2° di ferma ( lo trovate anche qui, www.regioesercito.it/campagne/etiopia/comunmsp1.htm ), mentre i restanti dovrebbero essere stati richiamati in virtù di quanto sopra.

Le notevoli forniture di armi spedite ad Addis Abeba da talune fabbriche europee nettamente identificate, i provvedimenti di mobilitazione presi dal Governo etiopico, il discorso recentemente pronunciato dal Negus, impongono l'adozione di altre misure di ordine precauzionale per garantire la sicurezza delle nostre Colonie dell'Africa Orientale. Il Duce, Ministro delle Forze Armate, ha ordinato la mobilitazione della Divisione «Sabauda» (Cagliari) e la mobilitazione delle prime due Divisioni Camicie Nere: la Divisione «XXIII Marzo» e la Divisione e «XXVIII Ottobre». Queste due Divisioni sono comandate rispettivamente dai Generali divisionali Bastico e Somma e dai Vice Comandanti Generali brigadieri Galamini e Moscone. Sono stati mobilitati inoltre i Battaglioni Camicie Nere di Palermo, Cuneo, Ravenna e Forlì. Per portare altre unità metropolitane sul piede di guerra sono stati chiamati alle armi i congedati della classe 1913 che avevano fatto sei mesi soltanto di servizio militare. Con questo provvedimento la classe del 1913 è al completo sotto le armi, così come quelle del 1911 e del 1914. In Eritrea l'Alto Commissario ha battuto il «Chitet» per la II Divisione indigena. E' in corso la formazione di una nuova Divisione, che si chiamerà «Sabauda II», al comando del Generale Porta, ed è in corso anche la ricostituzione dei Battaglioni Camicie Nere. Tutte queste operazioni si sono svolte con assoluta regolarità. - 7 maggio XIII.


Tornando alla nostra discussione. Sono grato del fatto che i vostri contributi hanno permesso di restringere il campo a due categorie: operai militarizzati (o centurie di lavoratori, ex militi compresi) e CC.NN. lavoratori. La seconda opzione, in relazione ai particolari della foto, sembra più aderente perché rimangono tracce di fregi che indicano un qualche inquadramento ufficiale, cosa che le centurie non avrebbero dovuto mantenere pur annoverando tra loro CC.NN.
Infine una domanda, giusto per evitare ogni equivoco: posso escludere ogni riferimento a personale del Regio Esercito?

Edited by CulturalHeritage - 26/6/2018, 17:47
view post Posted: 25/6/2018, 20:48 Lavoratori in divisa da fatica coloniale - Uniformi, Copricapi, Equipaggiamenti
Dai contributi raccolti finora credo di capire che la situazione fosse abbastanza caotica tra la fine del 1936 e il 1937.
CC.NN. che passavano alle centurie lavoratori, CC.NN. che tali rimanevano e svolgevano "lavori analoghi a quelle delle centurie", reparti di lavoratori civili militarizzati, divise con controspalline nere che potevano essere adottate da milizia e semplici lavoratori delle centurie (Ho capito bene? Si trattava di un attributo anche di uso civile?). A questo punto mi chiedo inoltre se simili trasferimenti, a guerra conclusa, potessero riguardare anche gli arruolati del regio corpo truppe coloniali che chiedevano di restare a lavorare in Etiopia dopo il congedo, passando quindi alle semplici centurie o alla MVSN. Come anticipato, il ragazzo della foto era infatti di "richiamo" alle armi nel 1935 e, a meno che non sia diventato volontario MVSN proprio nell'anno della campagna, mi pare più logico un passaggio successivo, cioè a guerra conclusa, dal regio esercito ai reparti lavoratori.....centurie di lavoratori o CC.NN. usate come lavoratori che fossero.
138 replies since 2/4/2014